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Troppe tasse sui redditi (di pochi) – 2
Un titolo infelice
de “L’Economia” oggi, il supplemento del “Corriere della sera”, a un conteggio
di Alberto Brambilla, non ne falsifica il senso: “I cittadini con un reddito
superiore a 35 mila euro, compresi i pensionati, sono 5 milioni: pagano il 60
per cento delle tasse e sono esclusi da qualunque bonus”. E dunque: “Il bancomat
che mantiene tutta l’Italia”.
Sembrerebbe grave,
ma è come non detto.
E non è tutto,
Brambilla in breve può anche dire: 1) i pensionati da 35 mila euro (lordi), che
sono l’11 per cento del totale (16 milioni, di cui 7 “sociali”, totalmente o parzialmente
a carico dei paganti), pagano 42 miliardi di Irpef (il 70 per cento del totale)
e subiscono una rivalutazione ridotta sull’inflazione; 2) negli ultimi 13 anni le
rendite mediane e i salari più alti hanno
perso il 20 per cento del potere d’acquisto; 3) negli ultimi 15 anni la spesa assistenziale
è passata da 73 a 145 miliardi e i poveri assoluti anziché ridursi sono passati
da 2,1 milioni a 5,6 milioni (da 6 a 8,5 quelli in “povertà relativa”). Il
paese è dei furbi? Ma allora con i Parlamenti e i governi compresi.
Questo sito recuperava
alla memoria qualche giorno fa l’aureo trattatello di Fuà e Rosini, due
economisti impegnati politicamente a sinistra, specialisti di scienza delle
finanze, che spiegavano come la progressività fiscale è – in Italia – regressiva.
A vantaggio, nel migliore dei casi, di una spesa pubblica parassitaria. Un
libro del 1983. Niente è cambiato se non in peggio, da ultimo con l’alluvione
demo-grillina – ma solo da ultimo.
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