Twin Peaks all’ora di punta
La Rai propone,
con Carlei regista e sceneggiatore, il fascino del sovrannaturale in prima
serata. Alla “Twin Peaks” (ragazzini,
sentieri, convegni, pratiche mist(er)iche), in posti non frequentati, tra Udine
e Tarvisio (“Travenì”), attorno a un cadavare
– qui due. Doppiato dal genere “Fargo”, senza l’ironia dei fratelli Coen, ma
con la lentezza in aggiunta al mistero che vuole l’inverno in luogo remoto,
sotto la neve.
Una scommessa. Affidata
a una Elena Sofia Ricci invecchiata, diabetica golosa di krapfen. Di grande
intuito, specie con i ragazzi, da mamma abortita, e da profiler d’esperienza.
E di totale isolamento, al lavoro e fuori. La serie è basata su “I casi di
Teresa Battaglia” di Ilaria Tuti, tre gialli di cui questo è il primo, attorno
alla figura della commissaria sessantenne, golosa diabetica, tra mistero e sovrannaturale.
Carlei, in Italia
specializzato da un quindicennio in serie tv, “Padre Pio”, “Ferrari”, “Il generale
della Rovere”, “Fuga per la libertà - L’aviatore”, dal romanzo-verità di Alexander
Sttille, ha avuto una lunga attività in America di regista, mancato, di film hollywoodiani.
Una storia curiosa. Aveva debuttato con un film ignorato in Italia, “La corsa
dell’innocente”, che invece in America divenne un piccolo blockbuster e
un film di culto. L’esperienza hollywoodiana essendosi rivelata fallimentare –
una diecina di progetti, nessuno dei quali realizzato – è tornato a fare serie tv,
per lo più documentarie.
Sceneggiando lui
stesso “I casi di Teresa Battaglia”, Carlei ha provato all’evidenza una serie
sulle tracce di Lynch e dei Coen. Proponendosi di passaggio, e riuscendoci, di
resuscitare Elena Sofia Ricci dalla catacomba della suora terrorista che Dio ce
la mandi buona. E di dare un quadro diverso, realistico, di questi gialli “istituzionali”.
Nelle diplomazie (intrusioni) dei sindaci. Nelle maniere spicce delle polizie.
Negli ambienti sontuosi, non rimediati, non pauperistici, delle questure, p.es.
a Udine. Per la tenuta del mistero e del sovrannaturale bisognerà aspettare le
puntate successive – la partenza è buona: il mistero c’è, il sovrannaturale
forse, come si sa.
La serie ha avuto
il privilegio di una stroncatura previa, del “Sole 24 Ore Domenica”, a cura di Andrea
Fornasiero: “Una serie impresentabile fin dalla sigla, dalla grafica vecchia come
il pubblico di Rai 1 al quale è rivolta. Una fiction quale si sperava di non
vederne mai più….”. Singolare. Cioè coraggiosa, anzi unica, non si è letta una
stroncatura da anni, e quindi benemerita. Ma davero il pubblico di Rai 1 è vecchio?
Come il festival di Sanremo? E tutte le altre serie che Netflix, Prime video, Paramount+,
Disney + vendono in Italia grazie a una critica acritica sempre indistintamente corriva e anzi entusiasta, tutte pimpanti,
svelte, giovani? Come Harrison Ford (una sola espressione) e Helen
Mirren (meglio di profilo, di sguincio), 157 anni in due, in “1923”, o gli incogniti di “Fleishman
a pezzi”, certo australiani (quindi esotici?), che lo stesso giornale nella
stessa pagina propone e anzi monumentalizza - ma davvero Fornasiero vede tutte
le serie che censisce, quattro in una settimana?
E sempre ci si deve
chiedere cosa vedano i critici, dei film e anche delle serie. Che possono
essere anche molto lunghe.
Carlo Carlei, Fiori
sopra l’inferno, Rai 1
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