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A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (519)
Giuseppe Leuzzi
Il primo
ministro inglese, Rishi Sunak, è figlio di indiani emigrati in East Africa, un
paio di generazioni prima di approdare in Inghiterra. Lo stesso la ministra
dell’Interno, Suella Braverman – sposata Braverman. La ministra degli Esteri è
invece figlia di una donna della Sierra Leone. Questo goevrno ha disposto la
deportazione degli immigrati non in regola in Ruanda. L’integrazione è
difficile.
Scoop del giornale
“la Repubblica”, del vice-direttore Abbate, con Antonio Fraschilla: “La Procura
antimafia di Firenze scopre le origini mafiose (“70 miliardi di lire cash”) “dell’impero
del leader di Forza Italia” Berlusconi. Con molti dettagli, su due pagine. Nelle
quali si annegano due righe: “Nulla di nuovo sotto il sole dell’impero di Berlusconi,
indagato in passato a Palermo anche per riciclaggio e poi archiviato” – criptiche
ma bastanti per evitare querele. Il giorno dopo silenzio, su tutti i media –
eccetto “Il Fatto Quotidiano”, ingolosito dalla telefonata registrata tra la
moglie di Dell’Utri e la moglie di Verdini. Silenzio anche due giorni dopo. Ma
la mafia ha colpito, la mafia è dappertutto. Anche nelle intercettazioni.
L’Italia
si è alfabetizzata al Sud
“L’Italia l’ha
fatta il Nord e l’ha fatta piuttosto male”, è una parentesi-verità nel “romanzo”
dell’editoria di Gian Arturo Ferrari, “Storia confidenziale dell’editoria
italiana”. In effetti, fino a Crispi, 1887, fu casa del Nord, sabauda,
piemontese. E anche dopo i brevi, ancorché infausti, intervalli di Crispi, lo restò,
fino alla Grande Guerra – troppi i meridionali morti in trincea.
La cultura
invece, nell’editoria e la scuola postunitarie, è soltanto al Sud. Ferrari è
meravigliato dal tono e dal livello della corrispondenza Croce-Laterza (siate “editore
di roba grave”), e dalle pubblicazioni che ne seguirono. “Gli «Scrittori d’Italia»
costruiscono il canone della letteratura italiana; i «Classici della filosofia
moderna»… provvedono alla sicura cornice filosofica, fondando l’idealismo italiano;
la «Biblioteca di Cultura Moderna», storia e pensiero politico, traduce tutto
questo nella posizione liberale. La «roba grave», grazie anche al fatto che prima
Croce poi Gentile diventano ministri della Pubblica Istruzione, finisce per
pervadere di sé la scuola italiana, per essere l’alimento e la guida dei
migliori insegnanti”.
E prima di Croce
c’era stato Francesco de Sanctis, da solo aveva costruito una grande cultura.
“Senza mai nominarla,
Croce e Laterza”, Ferrari conclude l’inciso, “hanno scoperto e attuato una, la
prima, coerente politica culturale… E sempre senza nominarla (il concetto sarà
compiutamente formulato da Antonio Gramsci) sono giunti ad esercitare una
profonda e incontrastata egemonia. Quanto meno sulle élite colte, sui primi della
classe”.
Sudismi\sadismi
Un lettore del quotidiano
“la Repubblica”, Augusto Scarrone, di Cuneo, contesta al rubrichista dell posta
Merlo l’uso di “figlie femmine”, una “ridondanza”. Indispettito lo contesta il
giorno dopo Piero Orrù, corrispondente assiduo del quotidiano, senza fissa dimora:
“Augusto Scarrone è di Cuneo (o forse emigrato del Sud) e quindi non sa (o non
ricorda) che al Sud si risponde “ho due figlie femmine e un maschio” alla
domanda di quanti figli hai. È un modo di rimarcare il patriarcato,
sottolineando che le figlie sono femmine, quindi disponibili al matrimonio e alla
partorienza, mentre I maschi sono tali punto e basta. Il Sud, del quale faccio parte, a volte è ancora così, ancestrale fuori tempo massimo”. Povero Sud.
Ma dov’è che è
ancora ancestrale?
La
famiglia calabrese è il male
Due ore di
grande cinema – per chi ama il noir, un po’ splatter, è “L’ultima
notte d’Amore”, di Franco Amore, l’ultimo film di Andrea Di Stefano, il regista
di “Escobar e di “..”. Concentra a Milano, in una sola notte, in una sola ora
di una notte, passato, presente e futuro di molte esistenze. Un tranquillo
poliziotto passa l’ultima ora dell’ultimo giorno in srvizuio, prima della
pensione dopo 35 anni di lavoro, mentre la moglie lo attende a casa con un surprise
party
di addio al lavoro, dando un passaggio dall’aeroporto in città una viaggiatrice
cinese che sta a cuore a un vecchio patriarca, anche lui cinese, a cui il
poliziotto ha salvato la vita in una circostanza equivoca, un malore in
compagnia di due escort. Ma non è una cosa innocente, e in pochi minuti si scatena
un inferno.
Marco Lodoli, entusiasta del film, lo è ancora di più di Paola Caridi, l’attrice che impersona
la “moglie calabrese” del poliziotto – alla quale ha già assegnato un Oscar. Ed
è vero: ha un ruolo marginale nell’economia del film, ma capitale, lega il
soggetto (il racconto) e anche la sceneggiatura e il montaggio, semplice e risolutrice
– notevole già nella cadenza calabrese dell’eloquio, quasi fosse naturale per un’attrice
milanese.
Nel ruolo di
Viviana-Caridi il regista, che è anche soggettista e sceneggiatore del film, smonta
il cliché della “donna del Sud”, succube del
padre-marito: Viviana è una donna e madre che fa tutto per il marito, ma determinata,
e sempre lucida. La trama, però, fa reggere per un altro cliché: la famiglia,
la parentela. Nela fattispecie un cugino.
Ci vuole uno
stereotipo molto forte per ritenere credibile l’aggancio. Il ritmo del film
forse non consente di accorgersene, ma muove la tragedia un cugino della moglie,
più sciocco che cattivo. L’onesto Amore fa perfino da autista al cugino nei
suoi traffici, di orologi rubati con i mafiosi nigeriani, di prostituzione con i
cinesi.
La
scomparsa del Sud
La Nazionale
gioca a Napoli con due soli calciatori meridionali fra i 25 convocati,
Donnarumma e Berardi – entrambi “cresciuti” come atleti al Nord, Donnarumma a
14 anni nel Milan, Berardi nella Juventus. In un anno in cui fra le prime cinque
del campionato tre sono squadre di Centro-Sud, Napoli, Lazio e Roma.
Col Napoli stravincitore.
Ma con due soli calciatori italiani nella formazione tipo, e tre nei venticinque
della rosa – nessuno napoletano, o altrimenti meridionale.
Ci sono in Nazionale più sudamericani che meridionali.
Domenica di passione
per il calcio, Sky Calcio e Domenica Sportiva discutono tutta la notte se un
calciatore della Juventus non ha toccato il pallone col braccio nella partita
persa dall’Inter a Milano. Il retso del mondo non esiste: il bellissimo Napoli
della stessa giornata a Torino, la Lazio e la Roma ai primi posti. Tre squadre meridionali
a capo del campionato non fanno notizia, anzi non sono tollerate: conta solo
l’Inter, in seconda battuta il Milan, in terza la Juventus – Sky Calcio e Domenica
Sportiva si fanno a Milano, chissà perché.
Una
miniera professionale, a costo zero
“Negli ultimi
venti anni”, calcola l’economista Gaetano Vecchione sul “Sole 24 Ore”, “circa
1,2 milioni di giovani ha lasciato il Sud, verso l’estero e verso il Nord, 1 su
4 laureato. Nel solo 2020 sono stati 67 mila, e la quota di laureati è salita
al 40 per cento”. È giusto, è un’emigrazione
non di necessità. Ma è un depauperamento: il Sud spende per competenze di cui
poi non fruisce, e anzi, così spendendo, si depaupera.
Nello
steso giornale Emilio Bruno e Claudio Tucci spiegano, analizzando i dati Istat,
che l’emigrazione intellettuale (professionale, dei cervelli) è comune a tutta
l’Italia, ma finisce per “acuire” il divario Nord-Sud. Nord e Centro perdono
neo-laureati, ma ne acquistano anche, il Sud li perde, con destinazione Centro-Nord
e estero. “Negli ultimi dieci anni il gap complessivo di laureati del Nord a
favore dell’estero (laureati emigrati meno laureati immigrati, n.d.r.) ammonta
a circa 39mila unità, quella del Centro è di circa 13mila, mentre quella del Sud
è di circa 28mila unità. Grazie però ai movimenti migratori provenienti dal
Mezzogiorno la situazione cambia profondamente. Il Nord guadagna oltre 116mila
giovani provenienti dal Sud e dalle Isole, il Centro quasi 13mila…. Il
beneficio complessivo per le regioni settentrionali è pari a circa 77mila
unità. Il Centro recupera, e limita la perdita a circa 265 unità”. Il
Mezzogiorno “ha una perdita complessiva di poco meno di 157mila giovani residenti”,
per uscite verso l’estero e verso il Centro e il Nord. “Come a dire”, è il commento,
“che i talenti del Sud finicono per costituire un bacino di capitale umano per
le aree maggiormente produttive del Nord e del Centro del paese, oltre che per i
Paesi stranieri”. Una miniera sfruttabile a volontà, piuttosto preziosa, a
nessun costo.
Luogo di confino
Un errore di stampa o di ortografia, Bagnata per Bagnara, nelle memorie
di Tina Pizzardo, la donna di cui Pavese fu innamorato (più delle tante altre? non
si sa), “Senza pensarci due volte”, dove racconta dei tre anni di confino del
suo grande amico Bruno Maffi, che sarà famoso traduttore dall’inglese, e politico
di primo piano del partito Comunista nel dopoguerra, fa riemergere un fatto del
tutto trascurato: il Sud fu luogo di confino politico per milanesi e torinesi
negli anni di Mussolini. Non solo Eboli, ma Brancaleone, Bagnara, Pizzoli, Pisticci,
e le isole minori, da Roma in giù, Ventotene, Ponza, Tremiti, Lipari, Ustica,
Lampedusa. E che il Sud non è stato per questo “scoperto”, non si è stabilito
nessun nesso, nelle corrispondenze, nei diari, nelle memorie, tra confinati e
località di confino - che quasi ovunque non ne hanno memoria. Con l’eccezione di Carlo Levi naturalmente, “Cristo sì è
fermato a Eboli”, e di Pavese, nelle annotazioni del diario (“Il mestiere di
vivere”), sparse fra i tantissimi interessi dello scrittore, nella corrispondenza
con i familiari (la sola ammessa, nel suo caso, con la sorella), e nel romanzo
“Il carcere” che in un primo momento decise di non pubblicare (nonché, in filigrana,
nei “Dialoghi con Leucò”, ma questo è un altro discorso). Sfondo umano, garbato,
pietoso anche, ma atono, apolitico. Luogo d’esilio tipico, estraneo.
Viceversa, nei primi venti anni della Repubblica, il Nord ha
servito come luogo di confino di polizia dei meridionali criminali, o supposti
tali. Come se la deportazione in luoghi operosi, pacifici, civili, servisse da
ricostituente per criminali tanto abili da non potersi condannare, carcerare.
Anche nella gestione di polizia, il fascismo e l’anticrimine, la divisione è
netta. Il Sud si caratterizza come luogo remoto, con comunicazioni difficoltose,
e poco politico, alfabetizzato.
Di Maffi Bagnara sa incidentalmente dal Mia (Marxist
Internet Archive), Sezione Italiana, Enciclopedia Marxista, anche se il confino
ne segnò un radicale cambiamento politico. Esule ventenne in Francia, aveva
preso contatti con Giustizia e Libertà, con Carlo Rosselli, Faravelli, Morandi.
Arrestato nell’aprile del 1930, nell’ambito dell’“affare Moulin” (una spia
secondo il Mia, un “poco prudente professore belga, Léo Moulin, sceso in Italia per
sostenere la rivoluzione antifascista propugnata da Giustizia e Libertà”
secondo wikipedia), era stato condannato a due anni di carcere, da scontare a
Viterbo. Dove era entrato in contatto con Altiero Spinelli e Velio Spano, suoi
coetanei, del partito Comunista. Liberato dopo un anno e mezzo, si era
avvicinato al socialismo, tramite Morandi, animando circoli socialisti a Milano
e Torino. Finendo arrestato di nuovo nel 1935 nella retata di Giustizia e
Libertà a Torino, dice il Mia, “e spedito al confino per tre anni a Bagnara
Calabra, dove comincia a indirizzarsi verso la Sinistra comunista”.
Se la memoria storica latita, le impressioni dell’epoca furono però positive,
nel senso che i confinati venivano accolti col garbo che si riserva ai
forestieri. Non solo Carlo Levi. Di Natalia Ginzburg a
Pizzoli si sa dal racconto “Inverno in Abruzzo”. Di Pavese a
Brancaleone si sa per il romanzo che ne scrisse e dalla corrispondenza. Di
Maffi a Bagnara, che non risulta averne scritto, la sua grande amica Tina
Pizzardo, compagna anche di sciate glamour in valle d’Aosta,
che la memoria documenta con una serie di foto, ricorda: “Dal confino a Bagnata
(sic!), Bruno ci fa sapere di avere finalmente trovato «un buon posto»” – Bruno
Maffi era di suo molto socievole, si sa dall’intensa e movimentata attività poi
di agitatore politico di ogni bordo, più spesso nel Pci. Questi i tre anni
nella sintesi dell’amica Tina: “Basta presentarsi due volte al giorno a un
cortese signore con baffi, detto il commissario, per ricevere a fine settimana
lire trentacinque (o erano settanta, non ricordo) che per vivere in quei luoghi
bastano e avanzano. Quando, per non so quale condono, gli leveranno il confino
e, rimpianto da tutta la popolazione accorsa a salutare don Bruno che li lascia
per sempre, dovrà tornare a Milano, scriverà: «Era un così buon posto, troppo
buono per durare, come ne vorrei un altro eguale…»”. Tutta la popolazione è
un’esagerazione, ma il rimpianto è vero.
Se la memoria storica latita, le impressioni dell’epoca furono però positive,
nel senso che i confinati venivano accolti col garbo che si riserva ai
forestieri. Non solo Carlo Levi. Di Natalia Ginzburg a
Pizzoli si sa dal racconto “Inverno in Abruzzo”. Di Pavese a
Brancaleone si sa per il romanzo che ne scrisse e dalla corrispondenza. Di
Maffi a Bagnara, che non risulta averne scritto, la sua grande amica Tina
Pizzardo, compagna anche di sciate glamour in valle d’Aosta,
che la memoria documenta con una serie di foto, ricorda: “Dal confino a Bagnata
(sic!), Bruno ci fa sapere di avere finalmente trovato «un buon posto»” – Bruno
Maffi era di suo molto socievole, si sa dall’intensa e movimentata attività poi
di agitatore politico di ogni bordo, più spesso nel Pci. Questi i tre anni
nella sintesi dell’amica Tina: “Basta presentarsi due volte al giorno a un
cortese signore con baffi, detto il commissario, per ricevere a fine settimana
lire trentacinque (o erano settanta, non ricordo) che per vivere in quei luoghi
bastano e avanzano. Quando, per non so quale condono, gli leveranno il confino
e, rimpianto da tutta la popolazione accorsa a salutare don Bruno che li lascia
per sempre, dovrà tornare a Milano, scriverà: «Era un così buon posto, troppo
buono per durare, come ne vorrei un altro eguale…»”. Tutta la popolazione è
un’esagerazione, ma il rimpianto è vero.
leuzzi@antiit.eu
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