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Dante umanista, tacitiano
La politica sarà
stata la passione dominante di Dante. Canfora dice la libertà, “il problema dei
problem, per Dante e per noi”. Per noi forse sì, è un secolo che non sbrogliamo
la matassa, in questo Duemila come nel Novecento, dopo l’ottimismo saputista
dell’Ottocento. Per Dante è dubbio, se non in senso lato: la politica è libertà.
E Dante sicuramente non è se non un politico sopra ogni altra cosa. Come delr
esto Canfora sottolinea: l’imperatore Giustiniano non solo si merita il paradiso,
ma anche un intero canto, può monopolizzarlo eccezionalemnte, in prima persona
dalla prima parola all’ultima.
Molto spazio è poi
da Canfora dedicato a Catone l’Uticense. Il Catone che alla vittoria di Cesare,
al crollo quindi della Repubblica, si tolse la vita. Con qualche riserva da
parte dell’accurato filologo, che per altri studi sa come Catone affossò
Catilna, accusandolo falsamente di congiura. Di Catone interessa a Canfora soprattutto
la sua collocazione nel Limbo. Anzi, la concezione dantesca del Limbo, il “nobile
castello” per i dotti del passato. Con la conseguente anticipazione-soluzione del
problema kantiano dell’autonomia dell’etica dalla fede.
Notevole è anche l’anamnesi
del congedo di Virgilio, il maestro, da Dante, alla fine del Purgatorio: “Libero,
diritto e sano è tuo arbitrio” - la chiave è nel finale del canto XXVII del “Purgatorio”,
qui non riproposto. “Dante perviene a una noizione di libertà”, commenta
Canforta, “che consiste nella consapevoleza del limite, o, per dirla con Hegel,
nella consapevolezza della necessità” – “che è l’esatto contrario dell’idea
banale di libertà («faccio quelo che mi pare»”.
Il filologo
richiama, a proposito di questo canto, il saggio seminale di Droysen,
“Grundriss der Historik”, 1868 – tradotto (tardi, in anno sfortunato, 1943) da
Cantimori come “Sommario di istorica” – che porta questo passo del “Purgatorio”
a supporto della sua tesi di fondo, che la storia, il movimento storico, è nella
libertà. Come questo, altri richiami filologici sono la parte più gustosa, e
poco o niente praticata, del saggio di Canfora. Sulle tracce, evidenti in
almeno due passi di Dante, di Tacito, che pure non era stato ancora “scoperto”
(lo farà Boccaccio). E di Svetonio – l’unico storico romano che, come Dante,
parte da Cesare nell’elenco degli imperatori (“Caesares”).
Tre canti,
“Paradiso” VI, “Purgatorio” 1, e “Inferno” XXVI, corredano il saggio di Canfora.
Che è una “Conversazione su Dante” tenuta a Milano alla Fondazione Corriere della
sera per il settecentenario. Una postfazione illustra il ruolo del “Corriere
della sera”, su iniziativa di Paolo Di Stefano. per la istituzione della Giornata
nazionale dantesca (“Dantedì”).
Luciano Canfora, Dante
e la libertà, Solferino-Corriere della sera, pp. 111 ril. € 9,90
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