venerdì 24 marzo 2023

Deutsche Bank e i due pesi Bce

Tanto tuonò che piovve, là dove i parafulmini in teoria erano i più solidi. Nel caso delle banche, in Germania. La Bundesbank, che impone le politiche iperrestrittive della Banca centrale europea, non ha mai messo ordine nelle sue banche: quelle statali, salvate quindici anni fa anche con i soldi italiani, a suo tempo di Unicredit, ma anche le banche nazionali, Commerzbank, malato cronico da almeno trent’anni (quando volevano rifilarla a Generali), e da qualche anno Deutsche.
Il crollo in Borsa di Deutsche Bank non si saprebbe attribuire a una manovra speculativa. È da anni che la massima banca tedesca è in sofferenza, per problemi di gestione, e per troppe pratiche speculative (tra esse la mai ricordata liquidazione dei titoli di Stato italiani, fatta trapelare al mercato – al “Financial Times” - a luglio del 2011, insieme con valutazioni abusive del proprio ufficio studi, che scatenò il quasi-default dell’Italia). Senza che la vigilanza Bce evidentemente sia mai intervenuta, non in modi efficaci – mentre faceva le bucce a Unicredit ancora a dicembre. Deutsche Bank, la quarta o quinta più grande banca europea per attivi, capitalizza appena 18 miliardi, un crollo di mesi e anni non di un giorno - Intesa  42 miliardi, dopo essere arrivata prima della “minicrisi” bancaria a 49, Unicredit 32, dopo essere arrivata a 40.
Non ci sono problemi per le banche europee? Sì, ci sono, e vengono da Francoforte, dove la Bce legifera. In America i problemi sono di assetti normativi, nella Ue di assetti politici.

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