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Gli affari della Turchia sulla tratta magnogreca
Il focus immigrazione illegale dei media si punta sulla
Libia, interfaccia di Lampedusa, ma il vero hub di questo mercato è oggi
la Turchia. In direzione ancora delle isole greche ma sempre più anche - seguendo
la rotta magnogreca, di venti e correnti – della Calabria jonica.
Sulla rotta magnogreca i numeri sono inferiori a
quella dalla Libia a Lampedusa, ma in forte crescita: si sono contati 2.500 arrivi
nel 2020, quadruplicati a quasi diecimila nel 2021, un numero che sarebbe
raddoppiato nel 2022.
A differenza dalla Libia, le partenze dalla Turchia
sono controllabili e controllate. La Turchia ha coste sull’Egeo e sul
Mediterraneo orientale lunghe e frastagliate. Ma emigrare dalla Turchia comunque
si può solo regolarmente: la vigilanza è oculatissima, in ogni anfratto. Le
barche di questa nuova tratta schiavistica, d’altra parte, partono da Smirne, la Napoli della Turchia, non da
località remote.
La Turchia lamenta un numero di rifugiati, specie dalla Siria,
calcolato in 2 milioni e mezzo. Ma lo stesso numero di rifugiati sostiene il
piccolo Libano, senza creare problemi. Inoltre, per il sostegno a questi
rifugiati, e il loro controllo contro fughe di massa verso l’Europa, temute
dalla Germania, la Turchia ha beneficiato in sette anni, dal 2016, di nove
miliardi di euro da parte della Unione Europea, su decisione della Germania, in
tre tranches da tre miliardi. E in più di un aiuto speciale, sempre Ue,
nel 2022 di 1,2 miliardi, in passato anche di tre miliardi, per il controllo delle
frontiere dall’immigrazione clandestina, sempre da Siria, Irak, e Iran (che è
anche paese di passaggio per afghani, pakistani, bengalesi).
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