martedì 7 marzo 2023

Il mondo com'è (458)

astolfo

Elsa – Elsa Triolet, sposata Aragon, e Lilja Brik, musa e caretaker di Majakovskij, erano sorelle, nate Kagan. Di Majakovskij la prima attrazione fu per Elsa – o di Elsa per Majakovskij. Ma la più Lilja, più svelta, lo catturò per sé. Il destino di Elsa si compirà del resto fuori dalla Russia, altrettanto operosa quanto la sorella Lilja lo sarà in patria – per amore entrambe di patria? queste cose non si sanno, ma “si sanno”. La fragile Elsa, donna d’acciaio, ha ispirato e salvato il bastardo Aragon, comunista in Francia a tempo pieno, poeta “pazzo di Elsa”, fortunato se non felice di scrivere “giorno e notte”, romanziere nel tempo libero.
Nobile destino dare vita ai poeti. Nobile famiglia di mercanti e musicisti, i Kagan. Una casa piccola per le due sorelle adulte, ma con due pianoforti, e una mamma dall’orecchio assoluto. Elsa, bella e più brava, a scuola d’architettura e in casa, insofferente ai bolscevichi (“come si può essere comunisti? la rivoluzione è terribile”), ha amato i poeti, Majakovskij, Sklovskij, Jakobson, con Jakobson dev’essere stata dura, Ehrenburg, Duchamp, Aragon. Una bella a trazione Fiat: “Il fascino principale di una buona macchina”, Sklovskij scrisse a Elsa a Parigi, in una lettera non spedita di “Zoo”, “è il carattere della sua trazione, il carattere del crescere della sua forza. Una sensazione simile al crescere della voce. Molto piacevolmente cresce la voce-trazione della Fiat: premi il pedale del gas, e la macchina ti porta con entusiasmo” - le auto italiane erano reputate a Parigi dopo la Grande Guerra, scriveva il corrispondente Alvaro, “le migliori del mondo”. Anche Sklovskij, che ha vissuto poi a Mosca riverito, dove ha scritto “Zoo o lettere non d’amore” per Elsa, non sapeva se era bianco o rosso. Passando dal Caucaso all’Ucraina indifferente, in una guerra che vide Kiev liberata e occupata quindici volte, di cui tre in un giorno.
A Parigi, in un alberghetto rue Campagne Première, esule dalla rivoluzione, Elsa visse infilando collane, a Natale disegnando cartoline. Dando materia ai racconti della sopravvissuta Berberova. Scrisse romanzi elevati, che non si tradussero in francese, tradusse in russo Céline, incoraggiò i poeti francesi. Gor’kij l’ha incoraggiata, che amava le belle donne. “È un capitolo della storia culturale europea, quello della russa emigrata, spesso israelita”, ha notato Federico Zeri. Sposa, amante, amica, madre dello sposo, l’angelo custode russo, di solito più ricco d’anni, è figura centrale delle lettere e le arti in Europa all’Ovest nel Novecento, eterea divoratrice. E i comunisti protegge in forma di Partito - “Aragocha” ne aveva bisogno.
Formidabile coppia sono nella cultura di mezza Europa le sorelle Lilja e Elsa, falco la grande delle conquiste della minore. Per sé Elsa dovrà cercarsene una lontana, dapprima André Triolet, nome poetico e musicale, un dandy che la portava in vacanza a Tahiti, e ai trentacinque Aragon implume, benché coetaneo, che l’amore risolveva con gli amici di mano o al bordello. Per un destino di rispondenze, mastice il fango della storia. Poeta era il primo amore, Majakovskij, e in amore ingenuo, che Lilja volle ingorda per sé. Ma le due sorelle si terranno compagnia tutta la vita, per essere ebree in un paese, dice a tutti la maggiore, che è “molto antisemita”. Lilja, da Mosca, fornirà generosa a Elsa, a Parigi, caviale, cioccolata, conserve, liquori negli anni difficili del dopoguerra, che nel suo turpe privilegio non soffrì, sotto il patronato di Stalin. È Lilja che dalla magione moscovita ha aperto a Elsa, nel buio bicamere parigino, il fascino del televisore e del magnetofono, e di Salinger del “Giovane Holden”.
Elsa era stata con Aragon a Mosca quando Vitali Primakov fu arrestato, nel 1936, e assassinato. Primakov, marito pro tempore di Lilja la seduttrice. Erano ancora a Mosca nel dicembre 1948, quando, morto Zdanov, il baluardo del realismo socialista, Stalin fece suo vice Lysenko, il biologo che volle spezzare la catena genetica, per creare i caratteri con appropriate condizioni ambientali, e fu sul punto di eliminare il grano dal granaio Ucraina, il suo paese. Il poeta perse sette chili, Elsa sette anni, la paura fu forte ma sopravvissero. Per montare in patria i processi ai comunisti sopravvissuti, dai campi di concentramento di Stalin. E poi tornare a vivere a Mosca, nel 1953, i pogrom contro i medici e gli intellettuali ebrei. Avendo egli scritto, rivendicava orgoglioso, “il primo esempio nel romanzo francese del «realismo socialista» quale è stato definito al primo congresso degli scrittori sovietici”. In una epoca in cui i poeti, non solo gli ebrei, e i comunisti, erano assassinati o deportati in Siberia. C’è una dignità comunista, quella dei dignitari: formidabile forza d’animo negli occhi d’acciaio. O è il candore della poesia.
La forza ispiratrice della poesia è forza a ogni effetto. Attraversando altera la morte degli altri, e ogni terrore. Specie su Aragon, che sarà direttore implacabile di “Les Lettres Françaises” per conto del Pfc, il partito comunista francese. “Figlio della nonna”, primo in catechismo, che si presentava alle serate surrealiste nell’uniforme celestina degli studenti di medicina, e per prima cosa scrisse “Une vague de rêves”, una vagonata di sogni. “Contadino” tra i passages di Parigi, che faranno da scena a Céline, ripresi al microscopio da Benjamin. Osservatore acuto delle nature morte, e uno che sa “guardare le donne passare”. Accusatore dei poveri sopravvissuti a Hitler e Stalin, al loro patto, e alla guerra.
 
Incroci – Il Settecento illuminato era per l’incrocio. Locke vide un gatto fare l’amore con un topo, o era una topa?, generando un animale mezzo gatto e mezzo topo. Réaumur pretese d’incrociare galline con conigli. Si testarono su larga scala le teorie di Fortunio Liceti, secondo cui un uomo può fecondare le vacche e le galline, oltre alle pecore. E alla fine del se-colo Johann Christian Fabricius scoprì che i negri si fanno per accoppiamento tra uomo e scimmia. Dello stesso parere era Jefferson, ambasciatore a Parigi, che ispirò la rivoluzione americana: le donne nere vogliono l’uomo bianco, gli scimpanzé le donne nere. Inclinazione che egli coltivò, facendo una serie di figli a Sally, la cameriera di sua figlia a Parigi, una ragazza già mulatta, essendo figlia del suocero di Jefferson – o era creo-la? Contemporaneo della Rivoluzione francese, Fabricius era allievo di Linneo, che le specie umane aveva invece regolato monogeneticamente, anche se gli riusciva “difficile persuadersi che l’europeo e l’ottentotto so-no nati dallo stesso seme”. Nulla di nuovo, Plinio lo dice degli indiani. Plutarco rintraccia negli accoppiamenti di Fabricius l’origine di minotauri, ondini, silvani, egipani, sfingi e centauri. E il mito, si sa, è realtà.
 
Meticciato – È stato segno di distinzione. Lo è tuttora nei paesi tropicali, nella figura del creolo – meglio, della creola. Dove o quando la donna africana, o già creola di suo, si incrocia con un caucasico. come il bianco era chiamato prima del politicamente corretto. Celebrata è la bellezza dei creoli, i meticci fatti nei letti dei padroni sontuosi - non delle padrone. Oppure, nei Caraibi e in Sud America, i nati da un bianco e un’amerindia, per lo più – un incrocio tra bianco e amerindio. E in Australia tra bianco e aborigena – per lo più.
Il razzismo volendosi esatto, il meticciato si classifica per quarti di sangue non bianco, mulatto, quarterone, ottavino, per aggettivo percentuale nella più precisa lingua inglese, terceron (un terzo di sangue “nero” – incrocio tra bianco e mulatto), quadroon (un quarto di sangue “nero”), o quarteron, quintroon, sextroon, hexaroon, octaroon, decaroon, hexadecaroon (un sedicesimo “nero”) e avanti fino a venti. Ma si è creoli solo se bianco è il padre. Meglio – se n’è fatta poesia e musica – se si è figlia femmina, creola.
Fino a recente i meticci si credevano sterili, per questo motivo furono detti mulatti, da mulo, e quindi liberi di farlo. Una credenza che per le donne equivale a licenza e per questo superò ogni evidenza contraria.
Si prenda l’octaroon o octoroon: si riferiva a una persona con un ottavo di derivazione africana-aborigena. Cioè chi aveva un nonno bi-razziale. Cioè, un bisnonno africano e settebisnonni europei. Un caso del genere era Puškin – che pure era considerato, e si considerava, avere tratti somatici negroidi, come allora si diceva, capelli, colorito, labbra.
 
Vinicio Paladini – Fu “bolscevico” dichiarato, a Roma nel fascismo, anni 1930, e poi in America, negli anni del maccarthysmo, a cavaliere del 1953. Fu autore anche di una sorta di anteprima, o abbozzo, del “Pasticciaccio brutto” di Gadda, con la commedia “Il labirinto”, presentata a fine dicembre 1929 al Teatro degli Indipendenti a Roma, di Anton Giulio Bragaglia. Il cui finale incongruo, tra il lazzo e il pecoreccio, può fare capire perché Gadda non completò il “Pasticciaccio”. Presentata come commedia “immaginista” (con riferimento, non detto, all’“imaginismo” di Ezra Pound a Londra negli anni 1910, e all’“immaginario” coevo di Ejzenstein in Russia), ma in realtà un dramma poliziesco. La moglie uccide il marito con la complicità del proprio amante, per evitare che lasci la sua fortuna alla propria amante, che viene anch’essa assassinata. Scopre tutto un falso inquirente, uno che s’inventa Procuratore per il gusto del brivido, suo personale e degli inquisiti. Il brivido fa trasalire la vedova assassina, che non ne ha mai troppo, e sposa il falso inquirente.
Forte della nascita a Mosca, da madre russa, nel 1902, fu comunista professo a Roma (dove la famiglia si era trasferita già nel 1903) negli anni del fascismo. Da subito, dai suoi vent’anni, nel 1922, animatore dei “futuristi di sinistra”. Architetto, discepolo di Balla, pittore, scenografo di film,  critico d’arte, autore teatrale e cinematografico, Poi mediatore della scena culturale europea, negli anni 1930, da Parigi e da Berlino. Emigrato infine a New York nell’estate del 1938, scontento del conformismo europeo, architetto d’interni fino al 1953, quando, sospettato di comunismo per la perdurante professione di filosovietismo, ritornò in Italia, proseguendo l’attività di architetto.

astolfo@antiit.eu

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