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Il vizio europeo della guerra
Si ripubblica la storia forse più vera della
Grande Guerra, tralasciata misteriosamente nelle celebrazioni del conflitto
qualche anno fa (l’editore Bompiani, che l’aveva tradotta a suo tempo, se ne è
forse scordato). Neri Pozza la riprende sull’onda della guerra all’Ucraina,
altro conflitto apparentemente locale ma con tutti gli ingredienti, militari e
strategici, per degenerare in una conflagrazione, aggiungendo come sottotitolo “Come
e perché l’Europa sprofondò nella Grande Guerra” - anche allora la guerra diventò generale per caso: metà Inghilterra, compresi i Liberali al governo, non voleva difendere la Francia.
Una storia vecchia, del 1962, ma è la più nuova
della Grande Guerra, il “suicidio dell’Europa”. Pur coprendone solo il primo
mese - “un dramma insorpassato”, peraltro, a giudizio di Winston Churchill. Che fa precedere da ritratti succosi dei suoi protagonisti, regnanti e
generali, nelle loro albagie e idiosincrasie, quasi tutti ricostruiti con i
propri detti famosi o ricordi.
I capitoli introduttivi non lasciano alternative:
la guerra non fu casuale, era preparata da tempo, da tutti gli Stati maggiori e
da tutti i governi, Francia, Germania, Russia, Austria-Ungheria, Inghilterra. E
data per scontata – Bismarck ne aveva previsto anche l’innesco, “qualche
dannato stupido affare nei Balcani”. Solo il momento era incerto.
Il capitolo finale, attorno all’occupazione
mancata di Parigi, che consentì alla Francia la controffensiva, umanizza la
Germania: anche il soldato tedesco si rifiuta di marciare, quando è stanco - potrebbe succedere ai russi? agli ucraini?
Le confessioni involontarie dei protagonisti
convergono, anche quando sono spiritose o autocritiche, verso la follia –
Barbara Tuchmann svilupperà questo aspetto nelle monografie de “La marcia della
follia”, da Troia al Vietnam: la guerra, anche scientifica, preparatissima,
studiatissima, è sempre un azzardo, crudele. Generali che non si coordinano, e
anzi si fanno la guerra. Armate che dormono in piedi, anche sotto i colpi di
cannone, dopo marce di 40 o 50 km., per due o più giorni. Una Germania
nettamente anglofila che fa la guerra all’Inghilterra. La guerra in
contemporanea su due fronti, all’Est e all’Ovest, eresia per Clausewitz, e per
l’intelligenza media.
Un racconto minuzioso, di una documentazione
enorme, ma ben narrato, al ritmo del romanzo. Un successo clamoroso all’uscita,
nel 1962, anche se l’autrice era sconosciuta. Kennedy ne fece dono all’allora
primo ministro inglese Macmillan come invito a ponderare trappole e errori nell’azione
politica. Si inventò per l’autrice un Pulitzer speciale, per la General
Nonfiction – Pulitzer aveva condizinato il premio per la Storia alla storia
americana.
Barbara Tuchman, presentata all’uscita del libro
come una casalinga cinquantenne, con tre figlie, moglie di un medico, il dottor
Lester Tuchman, era figlia di due grandi famiglie ebree di New York. Il padre,
Maurice Wertheim, aveva una banca d’affari. La madre era una Morgenthau, figlia
di Henry Sr., ambasciatore in Turchia nella Grande Guerra, sorella di Henry
Jr., il ministro del Tesoro di F.D. Roosevelt nei suoi dodici anni di governo.
Aveva molti studi, in America e a Tokyo, e molta esperienza. A 24 anni aveva coperto
la guerra di Spagna per “The Nation”, il settimanale ora della sinistra americana,
rilevato dal padre, il banchiere Wertheim, per evitarne il fallimento. Non
aveva mai smesso di studiare, e aveva già pubblicato due libri. Il secondo con
un certo successo, “The Zimmermann Telegram”: il telegramma era la proposta nel
1917 del ministro degli Esteri tedesco Arthur Zimmermann al governo messicano,
per indurlo alla guerra contro gli Stati Uniti, con la promessa di riguadagnare
i territori perduti in Texas, Nuovo Messico e Arizona. Il primo, “Bible and Sword”,
la Bibbia e la spada, racconta la bizzarra origine della “Dichiarazione Balfour”,
nel 1917, che indirizzerà il sionismo verso la creazione di Israele in
Palestina: la dichiarazione fu fatta per solennizzare la “conquista” britannica
di Gerusalemme, mettendo insieme la familiarità britannica col Vecchio
Testamento, e l’orgoglio militare di controllare, con le due sponde di Suez, l’epicentro
della storia, l’Egitto e Gerusalemme.
Barbara Tuchman, I cannoni d’agosto,
Neri Pozza, pp. 640 € 25
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