venerdì 31 marzo 2023

Il vizio europeo della guerra

Si ripubblica la storia forse più vera della Grande Guerra, tralasciata misteriosamente nelle celebrazioni del conflitto qualche anno fa (l’editore Bompiani, che l’aveva tradotta a suo tempo, se ne è forse scordato). Neri Pozza la riprende sull’onda della guerra all’Ucraina, altro conflitto apparentemente locale ma con tutti gli ingredienti, militari e strategici, per degenerare in una conflagrazione, aggiungendo come sottotitolo “Come e perché l’Europa sprofondò nella Grande Guerra” - anche allora la guerra diventò generale per caso: metà Inghilterra, compresi i Liberali al governo, non voleva difendere la Francia.
Una storia vecchia, del 1962, ma è la più nuova della Grande Guerra, il “suicidio dell’Europa”. Pur coprendone solo il primo mese - 
“un dramma insorpassato”, peraltro, a giudizio di Winston Churchill. Che fa precedere da ritratti succosi dei suoi protagonisti, regnanti e generali, nelle loro albagie e idiosincrasie, quasi tutti ricostruiti con i propri detti famosi o ricordi.

I capitoli introduttivi non lasciano alternative: la guerra non fu casuale, era preparata da tempo, da tutti gli Stati maggiori e da tutti i governi, Francia, Germania, Russia, Austria-Ungheria, Inghilterra. E data per scontata – Bismarck ne aveva previsto anche l’innesco, “qualche dannato stupido affare nei Balcani”. Solo il momento era incerto.
Il capitolo finale, attorno all’occupazione mancata di Parigi, che consentì alla Francia la controffensiva, umanizza la Germania: anche il soldato tedesco si rifiuta di marciare, quando è stanco - potrebbe succedere ai russi? agli ucraini?
Le confessioni involontarie dei protagonisti convergono, anche quando sono spiritose o autocritiche, verso la follia – Barbara Tuchmann svilupperà questo aspetto nelle monografie de “La marcia della follia”, da Troia al Vietnam: la guerra, anche scientifica, preparatissima, studiatissima, è sempre un azzardo, crudele. Generali che non si coordinano, e anzi si fanno la guerra. Armate che dormono in piedi, anche sotto i colpi di cannone, dopo marce di 40 o 50 km., per due o più giorni. Una Germania nettamente anglofila che fa la guerra all’Inghilterra. La guerra in contemporanea su due fronti, all’Est e all’Ovest, eresia per Clausewitz, e per l’intelligenza media.  
Un racconto minuzioso, di una documentazione enorme, ma ben narrato, al ritmo del romanzo. Un successo clamoroso all’uscita, nel 1962, anche se l’autrice era sconosciuta. Kennedy ne fece dono all’allora primo ministro inglese Macmillan come invito a ponderare trappole e errori nell’azione politica. Si inventò per l’autrice un Pulitzer speciale, per la General Nonfiction – Pulitzer aveva condizinato il premio per la Storia alla storia americana.
Barbara Tuchman, presentata all’uscita del libro come una casalinga cinquantenne, con tre figlie, moglie di un medico, il dottor Lester Tuchman, era figlia di due grandi famiglie ebree di New York. Il padre, Maurice Wertheim, aveva una banca d’affari. La madre era una Morgenthau, figlia di Henry Sr., ambasciatore in Turchia nella Grande Guerra, sorella di Henry Jr., il ministro del Tesoro di F.D. Roosevelt nei suoi dodici anni di governo. Aveva molti studi, in America e a Tokyo, e molta esperienza. A 24 anni aveva coperto la guerra di Spagna per “The Nation”, il settimanale ora della sinistra americana, rilevato dal padre, il banchiere Wertheim, per evitarne il fallimento. Non aveva mai smesso di studiare, e aveva già pubblicato due libri. Il secondo con un certo successo, “The Zimmermann Telegram”: il telegramma era la proposta nel 1917 del ministro degli Esteri tedesco Arthur Zimmermann al governo messicano, per indurlo alla guerra contro gli Stati Uniti, con la promessa di riguadagnare i territori perduti in Texas, Nuovo Messico e Arizona. Il primo, “Bible and Sword”, la Bibbia e la spada, racconta la bizzarra origine della “Dichiarazione Balfour”, nel 1917, che indirizzerà il sionismo verso la creazione di Israele in Palestina: la dichiarazione fu fatta per solennizzare la “conquista” britannica di Gerusalemme, mettendo insieme la familiarità britannica col Vecchio Testamento, e l’orgoglio militare di controllare, con le due sponde di Suez, l’epicentro della storia, l’Egitto e Gerusalemme.
Barbara Tuchman, I cannoni d’agosto, Neri Pozza, pp. 640 € 25

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