letterautore
Aristofane
– Precorre i cartoon, Walt Disney. È riferimento
di Vincenzo Zingaro, il regista e capocomico teatrale che ha dato una lettura
ormai classica delle “Nuvole”, la satira di Socrate, del sapere di non sapere: “Ci
sono molte affinità fra il mondo scenico di Aristofane e quello di Walt Disney,
così presenta la sua riduzione di “Le nuvole” - che su palcoscenico fa accompagnare
da musiche di stampo disneyano, con maschere fisse, come i personaggi dei
cartoni animati.
Calvino
– Cristiano malgrado se stesso lo vuole il cardinale
Ravasi, “La Bibbia vista da Calvino”, sul supplemento “Domenica” del “Sole 24
Ore”. E non alla Croce – “non possiamo non dirci cristiani” – o per l’humus culturale.
Figlio di miscredenti, non battezzato, all’asilo - al rientro in Italia da Cuba
- a Sanremo in una scuoletta inglese, il St. George College, alle elementari in
una scuola valdese, e al liceo Cassini (con Scalfari) con l’esonero dall’ora di
religione. Il tardo racconto “Giornata di uno scrutatore”, 1963, scrive però,
nota il cardinale, “in territorio evangelico”. Scrutatore elettorale al
Cottolengo, il comunista Ormea, dapprima irritato, alla fine della giornata si
dice: “L’umano arriva dove arriva l’amore; non ha confini se non quelli che gli
diamo”. È il vangelo, dice Ravasi,
l’“Ama il prossimo come te stesso”, è il “Discorso della Montagna”, “aperto da
Cristo con la sequenza delle Beatitudini, la prima delle quali suona: «Beati i
poveri di spirito perché di essi è il regno dei cieli»”. Ormea, che è anagramma
di amore.
Calvino di suo
ha spiegato di non avere sofferto di isolamento per le decisioni dei genitori,
anzi di averne tratto beneficio: l’isolamento rafforza (può rafforzare), e
spinge ad avere rispetto per le opinioni altrui, ha spiegato, alla tolleranza.
Anche nei confronti dei religiosi: “Nello stesso tempo sono rimasto
completamente privo di quel gusto dell’anticlericalismo così frequente in chi è
cresciuto in mezzo ai preti” (cronologia di Mario Barenghi e Bruno Falcetto nei
“Meridiani”).
Dante
– Era all’Indice (dei Libri Proibiti), per una
condanna del trattato sula monarchia. E c’è rimasto fino quasi alla fine
dell’Indice. L’Index Librorum Prohibitorum di Paolo IV è stato abolito nel
1966. L’anno prima il papa Paolo VI, a chiusura del Concilio Vaticano II, posò
nel Battistero di Firenze una corona aurea su una copia della “Commedia” – la
corona cui Dante aspira nel poema. Con
una motivazione a metà ironica: come gesto riparatore, benché Dante si sia attribuito
il ruolo del Padreterno, quello di giudicare.
Si celebra il
Dantedì, quest’anno per il terzo anno, istituto dal governo su proposta di Di
Stefano sul “Corriere della sera”, con l’Accademia della Crusca e Luca
Serianni, come primo giorno del viaggio della “Divina Commedia”, il 21 marzo,
con la primavera, e con la Giornata Internazionale della Poesia, istituita dall’Unesco.
“Il viaggio di
Dante nel Triregno inizia nel tempo umano attorno alle 6 di mattina del I
giorno ed esce dal tempo umano alle 6 di sera (le nostre 18) del VII giorno,
quando entra nella dimensione unificante, fuori dello spazio e del tempo,
dell’Empireo”. Gioachino Chiarini, il classicista della Fondazione Lorenzo Valla,
specialista di Ovidio e sant’Agostino, ricostituisce l’“orologio” del poema in
un diffuso saggio su “Robinson”- “Scusi, Dante, che ora è all’inferno?”. Sul
presupposto che “un poema di cento canti e oltre quattordicimila versi (meno
dell’ ‘Iliade’, ma più dell’‘Odissea’ e ben più dell’‘Eneide’) difficilmente
poteva aspirare a un armonico equilibrio tra forma e contenuto senza una
preventiva, minuziosa, scrupolosa progettazione”.
La progettazione
lo studioso dice confermata dalle ricerche di Manfred Hardt, il filologo di
Duisburg autore de “I numeri nella Divina Commedia”, che ha rilevato “un legame
numerico significativo tra alcuni tempi della ‘Commedia? (ad esempio Cristo in
rapporto alla Croce), il numero di un determinato canto, il numero di
determinati versi al suo interno”. Una complessità che necessita di un piano,
una progettazione.
Elzeviro
– In uso nei quotidiani fino agli anni 1980, era il perno
dei servizi culturali (“terza pagina”). Una colonna e mezza di “piombo” –
quattro-cinque cartelle da trenta righe. Di divagazioni per lo più, evocazioni,
aneddoti. Una forma partica di dare spessore culturale ai giornali, e insieme un
reddito agli scrittori. Lo praticavano da ultimo Sciascia, Parise, Arbasino (in
varie misure, anche la letterina). Un forma che ha cominciato a declinare già negli
anni 1970, man mano che gli scrittori, a partire da Pasolini e subito poi da
Calvino, sono passati a commentatori da prima pagina, combattivi, sull’attualità,
anche politica oltre che sociale o culturale.
Guerra
– Invoglia alla lettura? “Nei primi anni di guerra,
contro ogni attesa, il consumo di libri cresce”, della seconda guerra – G. A.
Ferrari, “Storia confidenziale dell’editoria italiana”.
Ortonimia – No ad asterischi
e schwa, no all’articolo davanti al nome (la Meloni, la Schlein), no alle
(re)duplicazioni retoriche, “i cittadini e le cittadine”, anzi “le cittadine e
i cittadini”, e nomi di professione declinati al femminile - magistrata, avvocata,
questora, e naturalmente professoressa, dottoressa. L’Accademia della Crusca, l’organo istituzionale conservatore per
definizione (guardiano della purezza della lingua) risponde semplice alla Cassazione,
l’organo del ghiommero burocratico. Che si vuole sempre al passo coi
tempi, anzi un po’ più in là – la lingua non è della giustizia?
Pavese – Un bell’uomo appare
per la prima volta a un contatto diretto, in barca sul Po, a Tina Pizzardo, la donna
dalla vece “rauca e dolce” di Pavese – che si Pavese rifiuterà la proposta reiterata
di matrimonio (“Senza pensarci due volte): “Alto, corpo d’adolescente annerito dal
sole, mutandine da bagno e cappellaccio di feltro calcato fino agli occhiali.
(C’era solo lui sul Po a portare il cappello con le mutandine da bagno, lui e i
sabbiadori)”.
È poi “un uomo
forte, deciso, sicuro di sé” e “un poeta”. Ma è anche “uno spregiatore delle
donne”. E ancora, di nuovo: “Cesarino: a quei tempi era un bel ragazzo alto,
snello, un gran ciuffo sulla fronte bassa, il viso liscio, fresco, di un leggero
color bruno soffuso di rosa, i denti perfetti”.
È poi “un uomo
forte, deciso, sicuro di sé” e “un poeta”. Ma è anche “uno spregiatore delle
donne”. E ancora, di nuovo: “Cesarino: a quei tempi era un bel ragazzo alto,
snello, un gran ciuffo sulla fronte bassa, il viso liscio, fresco, di un leggero
color bruno soffuso di rosa, i denti perfetti”.
Per aggiungere, dopo
avere spiegato per l’ennesima volta il rapporto complicato che si era stabilito
nella loro frequentazione, assidua: “Chi l’ha conosciuto più tardi lo ricorda
taciturno, pieno di sé, sprezzante; non può immaginare com’era facile e incantevole
stare con lui giovane” – Tina aveva 31 anni e un passato convulso, Pavese 25, e
posava come un ragazzino sul Po (da “sabbiadore”), quando si sono incontrati.
“L’estetica dell’esattezza”
gli attribuisce Gian Arturo Ferrari, “Storia confidenziale dell’editoria”, come
autore e come editore. Ma lo è anche di Fenoglio, di Soldati, di Natalia
Ginzburg - un’“estetica piemontese”. Che potrebbe attribuirsi anche al libro “Cuore”,
benché De Amicis sia ligure.
Sessanta
– Sono anni di “riflusso” – di delusione, di rifiuto
dei migliori scrittori? Presentando “Le piccole virtù”
di Natalia Ginzburg, Domenico Scarpa fa della delusione, un “sentimento d’inappetenza”,
un “maladjustement”, un tratto comune agli scrittori “in quel giro
d’anni - più o meno tra la fine degli anni cinquanta e la metà degli anni sessanta”:
“Molti autori italiani di prima grandezza
si ritrovano come su un valico, e di lassù contemplano un paesaggio
piagato e desolato: capita a Calvino come a Parise e a Pasolini, a Elsa Morante
come a Zanzotto, a Caproni come a Sereni”. Negli anni più feraci e innovativi
dell’Italia, nell’economia come nella cultura, il cinema, il teatro, la poesia,
la narrativa, le arti figurative? Al fondo, di fatto, non detta, la delusione di
molti (non di Parise, o di Caproni, non sono delusi) è del comunismo, del 1956.
Dopo la mancata vittoria nel 1948, di una Resistenza ritenuta limitata al
partito Comunista.
Standa
– Era Standard – Natalia Ginzburg compra per i figli
“i quaderni allo Standard” ne “Le piccole voci”, la divagazione sul senso del denaro
per i bambini, scritta a Londra nel 1960 e pubblicata su “Nuovi Argomenti”, al
grande magazzino Standard.
letterautore@antiit.eu
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