giovedì 2 marzo 2023

L’Italia è l’India, che differenza c’è

Non ci sono rapporti bilaterali speciali con l’India, il Paese che la presidente del consiglio Meloni ha scelto come sua prima visita di Stato. Eccetto che per le iniziative dei residui campioni nazionali, i gruppi pubblici Leonardo, Fincantieri, Enel e Ferrovie. E per la carestia del 1965-1966, l’ultima dell’India, quando l’Italia si mobilitò, eccitata e commossa, mandando nell’estate del 1966 le eccedenze del suo raccolto frumentario. Montagne di sacchi che rimasero a marcire sui moli indiani, perché l’India si nutriva quasi solo di riso – e non perché allergica al glutine.
I due Paesi sono uniti dal culto della “antica civiltà”. In passato, un secolo fa, dalla comune angoflobia. Ma anche, in un passato più remoto, poco meno di due secoli fa, dagli exploits  professorali cui indulgevano Carlo Cattaneo e Carlo Marx. Pur sapendo poco, Marx, dell’Italia e entrambi niente dell’India. “L’Indostan è un’Italia di dimensioni asiatiche”, più volte Marx informò i suoi lettori sulla “New York Herald Tribune”, con profusione di analogie geografiche, tettoniche, agricole, storiche, politiche. Identicamente Cattaneo, che scese nei particolari: “La penisola indostanica rammenta l’Italia. Anch’essa ha le sue Alpi: anch’essa protende fra due mari una catena di Appennini; l’indole fluviale del Gange simiglia a quella del Po; il Bramaputra raffigura l’Adige; la Nerbudda l’Arno; l’Indo gira intorno alli Imalai come il Rodano alle Alpi; l’altipiano del Seichi e di Casmira potrebbe compararsi a quello dell’Elvezia”. E così via: “Quello dei Rageputi al Piemonte, le campagna d’Agra e di Benares alla Lombardia, la laguna veneta al Bengala, i monti dei Maratti alla Liguria e all’Etruria, le lande del Coromandel al tavoliere dell’Apulia, il Malabar alle riviere della Calabria, e l’isola di Ceilan, se non giacesse verso levante, alla Sicilia”.
Un’ultima corrispondenza avrebbe fatto sussultare Cattaneo, se non Marx: le intercettazioni. “L’India è il paradiso delle persone che origliano”, stigmatizza il giustiziere di “I sei sospetti”, il classico del giallista indiano
Vikas Swarup - un giustiziere che di mestiere fa l’intercettatore. E la corruzione anche – ma questa non è pratica difficile.
  

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