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Lo Stato fascista – e il totalitarismo cattolico
I conflitti del
titolo sono due: tra il partito fascista e lo Stato, e tra lo Stato mussoliniano
e la chiesa. Questo è noto, passata la luna di miele dei Patti Lateranensi, evento eccezionale - diedero finalmente cittadinanza politica ai cattolici, chiudendo la incredibile
parentesi del “non expedit”. Meno scontata è invece la questione d’apertura del
volume: la diatriba interna al partito Fascista sul fascismo che diventa Stato.
Che in realtà funziona al contrario: lo Stato diventa fascista, assorbe il
fascismo. Ma così facendo lo depotenzia. Anche nell’analisi del partito
Comunista a Parigi.
Un “impaludamento”
di cui è atto notarile la nomina di Giovanni Battista Giuriati a segretario del
Pnf, un devoto di Casa Savoia, amico del principe ereditario, e di papa Ratti. Col
compito di epurare il partito, soprattutto dei vecchi arnesi. Compito che assolse
presto dilegente, portando a Mussolini la
cifra abnorme di “circa 120 mila tessere ritirate”. E presto fu liquidato.
Ma anche sul secondo
punto, più noto, Gentile adotta un punto di vista originale: la diatriba
(soprattuto sulla scuola e l’insegnamento) fu tra “totalitarietà cattolica e
religiosità fascista”. Una sorta di inversione dei termini a confronto.
Il totalitarismo,
nella nuova declinazione di “totalitarietà”, non si addice alla chiesa - alle
chiese, ma più alla cattolica, la più tollerante, in virtù della confessione
assolutoria. Ma forse Gentile, che ha in uscita un saggio sul “totalitarismo”,
ha in mente altre componenti del concetto. In questo volume è un’accusa o critica
del fascismo, della rivista “Critica fascista” di Bottai, “la voce fascista
meno incline all’estremismo”: nel numero dell’1 febbraio 1930 nota che “alla
volontà educatrice e intransigente del Fascismo si oppone una concezione anche
più totalitaria e intransigente”.
Emilio Gentile, Storia
del fascismo – Regime a conflitti, “la Repubblica”, pp. 152, ill. € 14,90
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