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Morire di sessualità
Un film semplice,
lineare, pudico, che infine lascia come un pugno nello stomaco. Perché gli adolescenti
sono infelici? L’adolescenza è un’età felice, ma fragile. Specie in un mondo che
non è altrettanto spensierato, e non è fragile. Tra complessi e pregiudizi. Da
qualche anno in forma di “diritti”, non compresi, non a fondo.
Un film delicato,
in ogni apsetto del racconto, e tuttavia politico, quasi un manifesto. Qui non
c’entra il dark web a turbare l’equilibrio delle personcine, c’entra il
modo di essere: una presunta, perfino eccessiva, sensibilità che invece è
insensibilità, all’età prima che ai sentimenti altrui. Infiltrata, e forse
radicata, nelle società, nel linguaggio, nelle attitudini, e non – per una
volta - nelle istituzioni. Non nelle famiglie, per esempio, non nella scuola, solitamente
rappresentate come discariche di vituperi, che qui sono invece attente,
sensibili.
Il racconto di due
adolescenti felici all’improvviso infelici, non per colpa, alla fine suscita la
domanda se caricarli di troppi “diritti”, in materia di sessualità, non sia una
violenza piuttosto che una liberazione. Una semina fredda, forsennata, di
insicurezze e complessi. Contro le intenzioni, probabilmente, di Dhort, si
finisce per porsi, se non per adottarla, la critica dei Repubblicani in America,
che non vogliono gli adolescenti vittime dei discorsi sulla sessualità.
Lukas Dhont, Close,
Sky Cinema
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