domenica 19 marzo 2023

Mussolini franò con l'imperialismo - di cui pure sapeva tutto

Giunta al dodicesimo volume, su quattordici, la storia del fascismo scopre la politica estera, che fu il campo di maggiore interesse di Mussolini, e il più attivo, anche con qualche merito. Nello spirito dell’imperialismo, lo spirito dell’Otto-Novecento, per cui l'Italia si era anche svenata, fino alla guerra di Libia. Ma di una politica nazionale che non può fare a meno di un ancoraggio solido, e rispettato, all’estero.
Con molta intelligenza. Su Hitler fino a fine 1938. O sugli Stati Uniti, sull’imperialismo liberatore, pur sempre missionario – il “fardello” di volta in volta dell’uomo bianco, dell’Occidente, dei diritti umani. Il 1° gennaio 1919, a guerra appena finita, sapeva già: “L’imperialsimo non è, come si crede, necessariamente aristocratico e militarista. Può essere democratico, pacifico, economico, spirituale. In un certo senso, il presidente Wilson – e non è difficile dimostrarlo – è il più grande e il più fortunato degli imperialisti”.
Ma è sul fronte esterno, della proiezione internazionale, che Mussolini ha poi fallito. Non ha calcolato bene la potenza degli “anglossassoni”, che pure conosceva. E si è ingannato sulla potenza di Hitler, di cui pure non si fidava, scopertamente fino al 1938. Il 29-30 settembre si adoperò a Monaco per contenerne l’avidità. Subito dopo si tradì, tradì se stesso, per voler fare l’ideologo: il 6 ottobre impegnava il Gran Consiglio del fascismo, che pure era un organismo “suo”, in una maratona di ben trenta ore per farsi approvare le leggi razziali, talmente erano assurde.  
Emilio Gentile,
Storia del fascismo – 12. La via dell’impero, la Repubblica, pp.150, ill. € 14,90

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