giovedì 16 marzo 2023

Secondi pensieri - 509

zeulig


Complotto
- Si crea un nemico, e poi lo “difende” – lo attrezza, lo arricchisce o potenzia, lo migliora, se lo rende invincibile. È una creazione, una proiezione di sé: chi non ha iniziativa forza, coraggio, fortuna, di fare da sé s’immagina di combattere l’Altro che si crea, nelle forme che egli stesso elabora.
Vive, vegeta, prospera, si moltiplica perché impossibile “dimostrare” il contrario. Scava nella buona coscienza e nella buona fede, la altrui ma anche la propria, se ne fa aggio, tradendola ovviamente. Sempre su un presupposto proprio, quello che uno si pone.
 
È ipotesi (pattern, modalità) mentale, o delectatio, da tempo di pace. Da tempo in cui, cioè, non urgono minacce esistenziali reali. Non è stato così nel caso della pandemia da covid. Ma per una trahison des clercs, degli specialisti, degli scienziati. In parte in malafede, per eccessiva specializzazione, oppure protagonismo, mediatico, politico, di potere, anche solo accademico. In parte senza colpa, perché la scienza è reputata asettica, non pregiudicata (politicizzata, fidelizzata, comunque prevenuta): libera e intelligente, di intelligenza incontestabile. Mentre la scienza, già come ricerca, ma anche come campo scientifico, è un coacervo massimamente litigioso – può esserlo, di fatto lo è, in troppe occasioni.
 
Manomorta
– Si può dire la risorgiva della borghesia italiana. Che per questo è pusillanime, corrotta più che innovativa o avventurosa, e più nella sua persistente, ininterrotta simbiosi col potere politico – in altra cultura si direbbe lo Stato. A intervalli nemmeno molto spaziati tra di loro.
La manomorta propriamente detta è costituita dai beni degli enti ecclesiastici, parrocchie comprese, che pure esplicano funzioni pubbliche, e si può ritenere conclusa con le leggi eversive, pre- e post-unitarie. Quella del Regno di Sardegna, 1855, portò alla “nazionalizzazione” 399 conventi e 1.700 benefici ecclesiastici, per un valore stimato in lire di allora di 3,651 milioni - dai dati riportati da Lucetta Scarafia, “Il contributo dei cattolici all’unificazione”, in “I cattolici che hanno fatto l’Italia”. Quella del 1866 portò alla “nazionalizzazione” di 37.031 enti ecclesiastici, per un controvalore di 321,3 milioni di lire, per metà di immobili e per metà di valori mobiliari. Di valore reale, però, decuplicato o centuplicato. Ciò che lo Stato ne ricavò, vendendo (da cui i valori ufficiali della “eversione”), fu infatti poca cosa: la parte del patrimonio ecclesiastico che andò ai privati fu svenduto, a favore di amici e protetti, la parte immobiliare destinata al demanio (caserme, scuole, uffici) richiese grossi appalti – la forma privilegiata di finanziamento delle clientele personali e politiche.
Oggi è l’enorme “terzo settore”, dei servizi pubblici pagati dallo Stato in appalto ai privati, con criteri contrattali laschi e senza controlli, un settore in crescita tumultuosa. In quarant’anni è cresciuto fino a gestire 80 miliardi di euro, il 5 per cento del prodotto interno lordo.
 
Si suole dire che in Italia non c’è borghesia.  Lo ha sostenuto anche il Grande Borghese Scalfari: “La borghesia è la classe di chi ha un reddito che supera l’appagamento dei beni necessari e che può pertanto farsi carico anche del bene comune. In Italia questo non è avvenuto”.
Questo non è vero. Una borghesia in Italia è bensì attiva, nella produzione e negli affari, perfino più industriosa che in altre nazioni. Ma si nega. Un negarsi che è molto borghese – fa alta borghesia, nobiltà dello spirito – ma in Italia caratteristicamente risponde al bisogno di differenziarsi dal rank-and-file della classe sociale, le turbe che vivono della rendita pubblica.   
 
Psicoanalisi
– È la stregoneria ammodernata? Il riferimento è per ridere ed è vecchio, ma Feynman spiega seriamente perché (“Il senso delle cose”. 118). Con un parallelo solo all’apparenza capzioso. Le idee, le ipotesi, emergono a caso, “di solito sono frutto di analogie, ma a volte questo sistema porta a errori madornali”. E fa il parallelo fra “un’età prescientifica” e “l’analogo nella nostra epoca”. Quale? La scienza psicoanalitica. Lo stregone, racconta il fisico americano, dice di saper curare le malattie. Il chinino pure. Il chinino funziona. Allo steso modo come dice lo stregone: “Ci sono spiriti dentro il corpo del malato che bisogna aiutare a uscire, soffiandoli via, cose di questo genere”. Il malato che faccia parte della tribù va dallo stregone, “perché ne sa più di chiunque altro”, magari continuando a dirgli che è uno sbruffone, e che giorno verrà che se ne farà giustizia. Noi, che non apparteniamo a una tribù, siamo anche esenti dalle stregonerie? No, se guardiamo agli psicoanalisti e agli psichiatri, “a quante teorie complicate sono riusciti a tirar fuori in un tempo infinitesimo”, senza confronto con qualunque altra scienza: “Tutto questo gran castello, e le pulsioni, le inibizioni, l’Io e l’Es, e le funzioni, le tensioni…. Non può essere tutto vero”. Per un motivo semplice: “Sarebbe troppo perché una sola mente (o poche menti) ci potesse arrivare in così breve tempo”. Ma, facendo parte della tribù, “non c’è nessun altro a cui rivolgersi, c’è solo lo stregone”.
 
Opinione Pubblica – Il “caso” meglio è raccontato meno ha la probabilità di eserte “vero”, se non nella sua singolarità è il problema dell’Opinione pubblica – dei media, della comunicazione. Più è singolare, più è convincente, meno, contrariamente all’opinione corrente, è vero in senso lato, sistemico – è individualizzato.
Sapere (capire) per credere: è facile, perfino “normale”, fare leva su questa equazione per diffondere il falso – violento, abietto. Caso abnorme è quello dell’Italia con la giustizia. Delle cronache di giustizia, opera di furberie composite, neppure tanto sottili, anzi di proposito aggressive: indiscrezioni, insinuazioni, allusioni, il cosiddetto armamentario del sospetto, che rende ogni difesa inutile. Per un semplice sofisma: fare leva sul bisogno di verità, urgenza di verità, per diffondere il falso, imporlo, impiantarlo nella buona coscienza, dopodiché diventa non sradicabile. Si crede per fede. All’opposto cioè del processo comunicativo che si chiama opinione pubblica, che esige invece lealtà e fondatezza.  
 
Prova – Si fanno i santi per un solo miracolo. Ma un solo esito non basta per comprovare una teoria o ipotesi scientifica – si fanno i santi per atto di fede: la probabilità è zero in un solo caso, che può essere fortuito. Il “come te lo spieghi?” che conclude l’esposizione di un fatto o evento, un tentativo, un esperimento, uno solo, può avere mille e una risposta, cioè una spiegazione che opera nel campo vasto del fortuito, senza essere una prova di causa-effetto. Statistica e probabilità sono temi matematici, che necessitano di un campione di casi vasto.
 
Tribù – Una categoria sociopolitica abbandonata, nella concezione comune del progresso come freccia, una delle più scadenti se non vecchie, comunque perenta, e invece ben viva. Non solo nello spirito variamente comunitario che si moltiplica da alcuni decenni, nazionale, territoriale, confessionale, perfino razzista. Di più nei comportamenti, raramente inclusivi, per lo più selettivi, in bade ad affinità non elettive ma di derivazione – legami “ancestrali”.
 
Oggi, epoca massimamente scientifica e razionale, lo spirito tribale è sempre forte, argomenta il fisico premio Nobel Feynman “Il senso delle cose”, proprio per la credulità che si riterrebbe espunta. Per la credulità scientifica. Feynman lo argomenta ironicamente, ma non tanto, a proposito della psicoanalisi (v. sopra).

zeulig@antiit.eu

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