Contro la CCT, Commissione Cancellazione Totalitarismo
Una “difesa” del
totalitarismo. Del fatto storico, sottraendolo a sociologi, scienzianti
politici, psicologi. A tutti quelli che, “per amore di scienza”, lo negano, chi
al fascismo, chi allo stalinismo, e c’è perfino chi lo nega a Hitler. “Ritorno
alla storia” è il sottotitolo, una dichiarazione di possesso, da parte dello
storico Gentile. Che poi, però, strattona anche storici di professione, come Hobsbawm
sullo stalinismo, o Gordon Craig sul nazismo.
Un pamphlet,
avviato sul dispiegamento orwelliano di una Commissione Cancellazione
Totalitarismo – ma senza citare Orwell. Contro Hannah Arendt, d’acchito – a cui Gentile oppone Giuseppe Galasso, lo storico. Per celebrare il centenario della coniazione
del termine, e anche del concetto, da parte di Giovanni Amendola – da parte
quindi dell’antifascismo, come concezione negativa, del potere politico e della
società. Ma soprattutto, curiosamente, per affermarne la modernità. La
modernità del totalitarismo. Non del tutto criticamente, negativamente. Come uno
dei modi di affrontare-organizzare la modernità – le masse, i diritti, le
tecnologie. In alcune situazioni, Italia per prima, più efficace di altri, del
liberalismo – che l’Italia aveva conosciuto anche troppo bene – e del
bolscevismo.
Non una novità:
Gentile è stato bene ideatore e curatore una dozzina d’anni fa della silloge di
storici e scienziati politici intitolata “Modernità totalitaria”. Questo saggio
vuole come “definitivo”, opera di riferimento. Pendant della “Storia del
fascismo” con cui ha salutato l’anno scorso il centenario della “marcia su
Roma” – la storia “definitiva”, che ora “Repubblica” ripopone a dispense e illustrata
in edicola - complemento anche volumetrico della biografia di Mussolini
monumentale a opera di Renzo De Felice, che di Gentile è stato maestro. Ma
scritto col sarcasmo del polemista.
A Hannah Arendt, prima
studiosa del totalitarismo, 1949, lo storico rimprovera poca o scarsa
conoscenza storica, facendola comunque autrice di un “negazionismo parziale”, o
di “riduzionismo”. Per aver detto non totalitaria, per es., la Russia di Lenin.
Ma Lenin non morì nel pieno della sua stessa Nuova Politica Economica? Fu letto
il suo monumentale “Le origini del totalitarismo” come un’opera da guerra
fredda, che salvava le destre europee (tolto il nazismo, of course) per
schierarle contro l’Urss di Stalin, solo perché Einaudi (allora filosovietica)
non lo tradusse? Ma nessun altro editore “di destra” lo fece – “Le origini” fu
tradotto, tardi, da Adriano Olivetti (edizioni di Coumunità, su iniziativa
probabilmente di Franco Ferrarotti), per amore di verità, come altri “classici”
trascurati della sociologia politica, Max Weber etc. Sempre Arendt è anche
colpevole di avere detto il fascismo totalitario ma modernizzante, sempre ne
“Le origini”, senza avere studiato, o non averne tenuto conto, la vasta
bigliografia in argomento successiva alla pubblicazione del suo lavoro. Cioè,
del lavoro di Gentile nel 2011?
Molte le assenze,
che sarebbero venute utili proprio oggi, della modernità totalitaria, Adorno,
Orwell. Nonché, volendo restare tra gli storici, dei primissimi storici delle
“cause” del fascismo, Salvemini, Salvatorelli, Nolte – per non dire i primi
“sociologi applicati”, per così dire, cioè politici, come Tasca, Gramsci, lo
stesso Amendola.
Il libello esce
pure in contemporanea con un fascicolo della “Storia del fascismo” dello stesso
Gentile che l’editore può intitolare “Regime a conflitti”, tali e tante erano
anche negli “anni del consenso” le divergenze con la chiesa, con le forze
armate, tra i gruppi e le tendenze fasciste. E poi, la modernizzazione non
viene legata al fascismo da mostre, studi, pubblicazioni varie, via futurismo e
altre vie, costruttivista, monumentalista, revivalista (“postmoderna”), dalla
pubblicistica di varia specializzazione già dagli anni 1970, nella grafica, il design,
l’urbanistica, l’architettura, e perfino l’arredamento, la moda, i tessuti, i
materiali?
Da non storici si
può osservare che il totalitarismo è una forma politica tra tante. Forse
moderna ma non necessariamente – erano totalitari perfino i principati
italiani, tanto allegri ma pieni di spie, ostracismi, confische. E forzatamente
dialettica: è inevitabile che susciti divergenze anche radicali, non solo le
barzellette. Una vera dottrina del totalitarismo dovrebbe tenerne conto: è
moderno perché deve essere flessibile, perché più dura è la regola, più forte è
l’eccezione. C’è più totalitario degli ayatollah in Iran, che s’introducono
anche in camera da letto? Tanto amati, e non li sopporta più nessuno, eccetto i
“timorati d Dio” – ma questi sono un’altra categoria di umanità.
Emilio Gentile, Totalitarismo
100, Salerno, pp. 160 € 18
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