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martedì 21 marzo 2023

Verso un mondo sinocentrico

Il presidente cinese Xi Jinpjng a Mosca non risolverà la guerra. Né all’evidenza se lo propone. Ne approfitta come tribuna di sicuro richiamo mondiale, con la guerra in corso, per un messaggio distensivo. In una polarizzazione che l’Occidente ha creato. Non è suo interesse della Cina che Mosca faccia pace con Kiev, o che Kiev faccia pace con Mosca: il suo scopo è diffondere il messaggio “Nessuno è superiore agli altri”. Un messaggio, per quanto non veritiero, di inoppugnabile appeal.
Il messaggio è rivolto agli Stati Uniti di Biden. Ma dipiù al mondo intero. Di cui è certo l’apprezzamento. Dell’India come dell’Indonesia, o del Brasile. Ma anche del Gippone, per dire. I dazi e contingenti anticinesi di Biden sono gli stessi tentati, e in parte applicati, dagli Stati Uniti contro il Giappone trentacinque anni fa – correvano allora pubblicazioni del genere “The Coming War with Japan”, e non per ridere – opera di George Friedman, l’imprenditore ugroamericano animatore di Geopolitical Futures (con la moglie Meredith LeBard, 1991).
Nei trent’anni della globalizzazione la Cina ha mutato le coordinate della potenza mondiale. Proponendosi non come superpotenza, o potenza “liberatrice”, “guardiana della libertà”, ma come campione del multilateralismo. Di una Nuova Globalizzazione, o Globalizzazione Riformata, in cui non c’è più l’Occidente, leggi gli Stati Uniti, a dettare le regole, ma in condizioni di stabilità e var chi aperti per tutti.
L’opinione prevalente è che Xi non farà un passo verso Biden. Non avendone bisogno sul piano economico – troppi investimenti americani in Cina, troppi investimenti cinesi nel debito pubblico americano. A Pechino si fa risalire a Biden il tentativo di aprire un “fronte Taiwan”, con la visita bellicosa di Nancy Pelosi, e altri esponenti democratici. Biden era conosciuto, quando Xi è emerso dodici anni fa, per opporsi alle politiche di apertura di Obama, di cui era vice-presidente, col trattato Transpacifico e un abbozzo di multilateralismo.
Non c’è una guerra fredda all’orizzonte. Ma la Cina sì. I cui tempi sono lunghi. Per il confucianesimo, ma anche perché non ha elezioni dietro l’angolo, o giudici e giornalisti a caccia di scandali
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