A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (520)
Giuseppe Leuzzi
Sudismi\sadismi
Il giornale “la Repubblica” dice che il governo è in difficoltà con la
Ue sulla realizzazione del cosiddetto Pnrr. E illustra la cronaca politica con
una grande vignetta, firmata Ellekappa, che ne fa una questione meridionale,
cioè di corruzione: sotto il titolo “codice d’onore” un imbonitore assicura:
“miliardi e miliardi di appalti senza gara, senza una minchia di controlli...”,
davanti a molte braccia protese, “Pnrr cosa nostra è”, “Amici siamo…”, “Povero
picciriddu, ti aiutiamo noi a spenderli…”. Poi dice che il razzismo non c’è – a
sinistra, che “la Repubblica” presidia, non solo nella Lega.
Lo stesso giornale sullo stesso tema dà spazio al sindaco di Milano
Sala, “che chiede che i fondi (del Pnrr, n.d.r.) si diano «a chi sa
investirli», come la sua Milano appunto”. Con l’aggiunta: “A volte sembro un
provocatore – ammette Sala – ma non lo sono”. È uno che passa per alfiere di
sinistra, progettava di farsi segretario del Pd, venendo dai ranghi di Letizia
Moratti, che lo fece manager. Ma questo è solo per confermare che il razzismo
non ha colore.
Devoluzione legale al Sud – diversamente colpevole
In attesa della devoluzione (“autonomia differenziata”) di Calderoli
per il Sud, c’è già, da un decennio, un diritto penale speciale per lo stesso
Sud: colpevole fino a prova contraria. Non un diritto, una giurisprudenza - ma
è la stessa cosa: né il Parlamento né l’opinione pubblica osano mettersi di
traverso.
Solitamente il diritto agisce in senso opposto: si è innocenti fino a
prova contraria – il delitto va provato. A Sud da provare è l’innocenza.
La prima garanzia d’innocenza a cadere, spiega Barbano ne “L’Inganno”,
è stato l’indizio della illiceità della ricchezza, del patrimonio accumulato da
una persona, quando si decise, trent’anni fa, che non è più necessario che sia
“notevole”: chiunque può essere perseguito per arricchimento illecito. La
seconda è stata, da quindici anni, la confisca del patrimonio di una persona
senza più una sua condanna, e nemmeno un rapporto di polizia che ne adombri la
pericolosità sociale: si può confiscare tutto come si vuole, a giudizio dei
prefetti – le polizie si limitano a portare le pezze d’appoggio, anche
falsificandole. Il terzo è la “confisca di prevenzione retroattiva”, anche dopo
la morte dell’indiziato, anche “a distanza di decenni”. “La terza (in realtà la
quarta, n.d.r.) garanzia abolita è quella che circoscrive il perimetro della
mafiosità…. Se i tribunali ordinari hanno esteso la colpevolezza dalla
partecipazione organica alla mafia al concorso esterno, inventandosi di sana
pianta un reato che il legislatore non ha mai scritto, i tribunali di
prevenzione hanno esteso la pericolosità del concorso esterno a una contiguità
generica sondata con gli strumenti della sociologia. Così nel giro di pochi
decenni sono arrivati a confiscare beni agli incensurati, agli assolti perché
il fatto non sussiste, alle vittime della mafia sottoposte al ricatto del
pizzo, ai terzi in buona fede, fino agli eredi ignari” – “l’assoluzione non
esclude la confisca”. C’è di peggio della mafia?
Il giudice meridionale ha molte sorelle
Una (simpatica) macchietta Tina Pizzardo, l’ex musa di Pavese, fa nelle
memorie, “Senza pensarci due volte”, pp. 219-221, del giudice mandato a Torino
da Roma, dall’Ovra secondo le badanti carcerarie, la polizia segreta di
Mussolini, a giudicare il Gruppo di Giustizia e Libertà arrestato il 15 maggio
1935. Tina ha passato “più di un mese in carcere” quando la chiamano “dal
Giudice istruttore”. Che nel vederla ha “un moto di meraviglia, di delusione”.
Di cui si farà questa ragione quando saprà, alla liberazione, che ognuno degli
altri tre arrestati, perché in collegamento con lei, aveva detto “che
frequentava casa mia perché innamorato di me”. Da qui la delusione del giudice, non essendo
Tina la “donna fatale” che si aspettava - anche perché vestita come al momento
dell’arresto, da maestra che va a insegnare dalle suore, “in classica camicetta
banca e severissimo tailleur grigio-ferro”, da orfanella diremmo noi, risultato
“una vivace e schiva zitella un po’ mascolinizzata”. Inoltre, dopo tanto
carcere, con i capelli cresciuti e arruffati, tenuti a bada in treccine legate
con lo spago. Ma, sorpresa, presto “il moto di meraviglia è seguito da
un’espressione di sollievo”. E perché? “Il giudice, che è meridionale, diffida
delle torinesi seducenti, non di quelle occhialute con treccine”. E perché?
Tina s’inventa che, “avendo ormai trentadue anni”, è sembrata al giudice
in seconda battuta una in cerca di marito. Convincendosi che quei tre li “tiene
a bada per fare una scelta ponderata”. E questo lo ha commosso, il “giudice
meridionale”: “Il Giudice deve avere una caterva di sorelle da accasare, perché
consente con simpatia”. A tutto quello che Tina gli impapocchia. Le crede.
Anzi, la consiglia: “Pavese è da scartare, un presuntuoso”, “Maffi deve essere
un gran bravo figliolo, però ha troppa voglia di ridere e giocare, e non ha una
posizione”. Il terzo, Henek, polacco, che Tina sposerà, è “l’unico serio, che
da affidamento: un gentiluomo”.
L’istruttoria comunque le è andata effettivamente bene, Tina, che è
l’unica perseguibile, i fogli antifascisti essendo stati trovati in casa sua, è
prosciolta.
Il giudice non è vero - non dell’Ovra – ma fa un bel personaggio.
Credibile malgrado tutto – malgrado le formule di rito (“Lei non sembra
meridionale”).
Craxi e Berlusconi nascosti nell’agrumeto
Craxi e Berlusconi battevano la Piana di Gioia Tauro, soli, a piedi,
tra gli agrumeti, nel 1978, per cercare voti e soldi della ‘ndrangheta. È un
episodio della malagiustizia che Alessandro Barbano evoca in “L’inganno”, e
vale la pena circostanziare.
Intanto, gli agrumeti c’erano, questo è vero, nel 1978. La notizia dei
due pellegrini è invece del Sostituto Procuratore di Reggio Calabria Giuseppe
Lombardo, comunicata a ottobre al processo in Appello per l’assassinio nel 1994
di due Carabinieri, Antonino Fava e Vincenzo Garofalo. Craxi e Berlusconi non
c’entrano con gli assassinii, ha argomentato il Procuratore, ma sì per avere
“insanguinato questa nazione tra il ’91 e il ‘94”.
Di Craxi e Berlusconi parla, nei documenti del giudice Lombardo, nel
2009, per sentito dire, un pentito poi morto, Gerardo D’Urzo. La stessa notizia
è ripresa in un verbale del 10 marzo 2021 da un altro pentito, Girolamo
Bruzzese, che 43 anni prima, quando aveva quindici anni, li aveva visti
nell’agrumeto di un Peppe Piccolo, dove il padre latitante si nascondeva, con
un Piromalli, capomafia di Gioia Tauro. Bruzzese ne sa di più, aggiunge
infatti: “Alloggiavano, penso in incognito, all’hotel 501 di Vibo Valentia” –
il “501”, da poco aperto, era diventato subito famoso per avere “rubato” Miss
Italia, il concorso, a Salsomaggiore, roba di vamp.
Per trovare “chi e perché ha insanguinato questa nazione tra il ’91 e
il ‘94”, il Procuratore Lombardo ha chiesto una verifica, continua Barbano, il
3 marzo 2022, alla Direzione investigativa antimafia. Ricevendone sei mesi dopo
un’informativa di 170 pagine, “in cui”, sempre secondo Barbano, “attorno alle vicende
della ‘ndrangheta reggina è riscritta la storia d’Italia e del mondo dal
dopoguerra a oggi”. Un capitolo s’intitola: “La politica estera
filostatunitense e il suo declino: dal riformismo craxiano alla crisi di
Sigonella”. Opera di un commissario capo dell’Antimafia, Michelangelo Di
Stefano. Dove si afferma tra l’altro che “alcune lobbies di potere interno con
frange deviate dei nostri servizi d’informazione avrebbero condizionato la
rielezione del presidente uscente Carter, favorendo l’elezione di Ronald Reagan
nelle presidenziali americane del gennaio 1981”. Le elezioni in realtà furono
il 4 novembre 1980, ma non importa. È la teoria dello “Stato parallelo”,
conclude Barbano, dello Stato-mafia.
Però, Craxi, alto uno e novantadue, e Berlusconi coi sopratacchi
nell’agrumeto fanno una bella scenetta. Appiedati, a braccetto?, sperduti nella
campagna - molta gente sa genericamente dov’è la Calabria, pochi dov’è Gioia
Tauro, che comunque non ha agrumeti (gli agrumeti sono – erano – a Rosarno,
altra ‘ndrangheta, niente Piromalli, e da tempo sono scomparsi per fare posto
al porto, alle servitù del porto, e a un deserto di molti kmq., detto zona
industriale). Con le scarpe inzaccherate, è da presumere, perché gli agrumeti
vengono in zona umida. Ma se era primavera col profumo della zagara. Craxi, segretario da un anno o due del partito Socialista, non lo controllava, non ancora. Berlusconi, immobiliarista di riconosciuta abilità, aveva una tv cittadina, Telemilano, per abbonati via cavo entro la città, come la legge imponeva, che usava a scopo promozionale, per vendere Milano 2 che intanto costruiva.
Non è il solo racconto meraviglioso di Barbano – di cui il sito si è
giustamente occupato con approfondita recensione.
(continua)
leuzzi@antiit.eu
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