astolfo
Bolla – Assunse il significato che ha nella terminologia
finanziaria nel 1718-1720, nella breve e
vistosa speculazione che culminò in una Bolla del Mississippi. La
moltiplicazione fittizia di valore di titoli azionari e di titoli di Stato del
cosiddetto sistema Law. Dal nome dell’economista scozzese John Law, apologeta
della carta moneta, la moneta fiduciaria del tempo.
Entrato in contatto col duca d’Orléans, il fratello di Luigi XIV divenuto
reggente alla morte del Re Sole per conto del successore Luigi XV in minore
età, Law ne fu nominato Controllore Generale delle Finanze di Francia. Creò subito,
nel 1816, la Banque Générale, una sorta di banca centrale, istituzione allora
nuovissima, col potere di emettere carta moneta. E nel 1717 una Compagnie
d’Occident, aperta agli investitori parigini - poi (1719) Compagnie des Indes.
Inizialmente dotata della privativa della valorizzazione della valle del
Mississippi – tabacco e schiavitù - e successivamente di tutto il commercio
coloniale francese.
La aspettative moltiplicarono il valore delle quote in poche settimane per
36, da 500 a 18 mila lire tornese. E moltiplicarono anche le emissioni: 625 mila
azioni furono emesse in poche settimane. Law alimentava la speculazione perché
puntava a ripagare l’enorme debito pubblico accumulato da Luigi XIV. Fuse anche
la Banque Générale con la Compagnie des Indes, mettendola quindi al servizio della
speculazione. E avviò l’emissione di obbligazioni pubbliche, i billets d’État, che anch’esse
moltiplicarono in pochi giorni le quotazioni.
La carta moneta stampata senza limiti alimentava la bolla. Ma di pari passo
con la stampa crebbe l’inflazione. I billets
d’État e la carta moneta cominciarono a perdere quota. Il ribasso si accentuò alla scoperta che i profitti della Compagnie
des Indes non c’erano – non nella misura fantasticata. E il ribasso fece rapidamente
valanga. La “bolla” scoppiò a dicembre 1720, Law lasciò prontamente Parigi, il
debito pubblico sarà pagato con le tasse.
Caterina
I – Zarina di Russia alla morte del marito Pietro il Grande, era una
contadina di famiglia polacca, nata (1684) e
cresciuta in Lituania, Marta Elena
Skowrońskaja, figlia di un Samuelis Skowroński, contadino. Era stata sposata
nel 1701, a 17 anni, a un dragone svedese, trombettista del reggimento, di
stanza in Lituania in una delle tante guerre russo-svedesi. Era in corso la Grande
Guerra del Nord, per l’egemonia nel Baltico (marzo 1700- settembre 1721) dell’alleanza Russia-Danimarca-Polonia-Sassonia
contro Carlo XII di Svezia. Che in un primo momento, il 20 novembre 1700,
sconfisse l’alleanza, alla battaglia di Narva.
Il trombettista presto scomparve, e Marta Elena
Skowrońskaja si impiegò come domestica da un pastore tedesco, Ernst Glück,
a Marienburg. Durò poco: il pastore fu arruolato contro la Russia ai primi
del 1792, Marienburg cadde in mano russa, Marta fu catturata dai russi, e adibita
alla lavanderia del reggimento che l’aveva prigioniera.
Non aveva vent’anni e aveva un bel corpo: fu quindi
mandata a servizio dal principe Menshikov. Alexander Danilovich Menshikov,
mercante di bassa estrazione diventato intimo di Pietro il Grande, che l’aveva
nobilitato col titolo di principe per avere ammassato una enorme fortuna, in
gran parte con la corruzione, ma esemplare della classe borghese, industriosa,
che lo zar voleva impiantare in Russia. Menshikov se ne fece l’amante. Per
poco: nel 1703 lo zar, in visita dal neo-principe, si prese Marta per sé - ai
diciannove anni, quindi. Due anni dopo la fece convertire alla chiesa
ortodossa, con un nuovo nome, Ekaterina Alekseevna Mikhailova. Successivamente
la relazione volle consacrata con matrimonio solenne, il 9 febbraio del 1712, quando
Caterina aveva 28 anni, nella cattedrale sant’Isacco da poco completata a San
Pietroburgo (ma un matrimonio sarebbe stato celebrato in segreto, in una data
imprecisata tra il 23 ottobre e l’1 dicembre 1707).
Nei ventidue anni di vita con lo zar Pietro, che morì nel
1725, gli diede dodici figli. Ne sopravvissero solo due, Anna ed Elisabetta,
future zarine – la prima nata nel 1708, la seconda nel 1709. Nel 1724 ebbe il
titolo di zarina, e fu associata alla gestione dell’impero. L’anno dopo, alla morte
improvvisa di Pietro I, senza l’indicazione di un successore, si fece
proclamare dalla Guardia Imperiale imperatrice regnante. Con l’aiuto i Menshikov,
il suo vecchio amante, e col sostegno, dal 1726, di un consiglio privato di sei
membri da lei nominato - ma sempre controllato da Menshikov. Per due anni, fino
alla morte nel 1727. A Caterina si attribuisce la capacità di calmare Pietro il
Grande nelle sue frequenti collere, oltre che di assisterlo in più crisi
epilettiche.
Donetsk
– La città al centro della guerra russo-ucraina
è di origini recenti. Fondata come Hughesiovka, la città di Hughes, dall’industriale
gallese John Hugues. Un accenno
indiretto è rimasto nel film “L’ombra di Stalin”, 2019, di Agnieszka Holland,
sull’esperienza del giornalista gallese Gareth Jones, che per primo scoprì e
denunciò nel 1933 l’Holodomor, la carestia provocata da Stalin in Ucraina, imponendo
l’ammasso del grano e degli altri cereali per l’esportazione, per finanziare
con la valuta il suo piano quinquennale industriale. Jones si reca in Ucraina
per cercare il luogo, di cui ha un foto, dove la madre, Annie Gwenn Jones,
aveva lavorato nella prima guerra mondiale, come istitutrice dei figli di
Arthur Hugues. Figlio di John. Oggi (prima della guerra) città da poco meno di
un milione di abitanti, fu creata come colonia mineraria e industriale nel 1869
da Hughes padre. Ebbe statuto di città cinquant’anni più tardi, nel 1917. Successivamente
ribattezzata Stalin, nel 1924, poi Stalino, 1929-1961. Fu distrutta completamente
già una prima volta durante l’occupazione tedesca. Ricostruita nel dopoguerra, prese
tardi, anche dopo la destalinizzazione, la nuova denominazione, dal fiume Donec
che l’attraversa.
Adam Gannibal – Originario del lago Ciad, la sponda oggi Camerun, fu il bisnonno
materno di Alexander Puškin, che ne ereditò alcuni tratti somatici, quasi da
mulatto, il colorito scuro e i capelli neri crespi. La famiglia Puškin era di
antica nobiltà. Ma il bisnonno materno era africano: un bambino rapito a otto anni e venduto come schiavo a Costantinopoli,
dove l’ambasciatore russo Raguzinsky, un mercante serbo, lo acquistò, per poi farne dono allo zar Pietro il Grande.
Il quale ne apprezzò la vivacità di spirito, se ne fece padrino, ne curò
l’istruzione ( a 22 anni lo mandò a Parigi), lo sposò in una famiglia di
bojardi, e lo portò con sé nelle spedizioni militari, promuovendolo presto al
grado di generale.
Gannibal era
conscio della sua importanza a corte, e fiero del suo passato, ancorché oscuro.
Per questo si scelse il nome di Adam Gannibal, cioè Annibale. Nato
probabilmente attorno al 1696\98, forse figlio di un capo. Rapito, in una delle
tante scorrerie arabe e africane per alimentare il mercato degli schiavi, non
si perse d’animo, e anzi ne fece un’occasione. Oltre che come aiuto di campo
dello zar, era versato nelle lingue, le matematiche e le scienze. A Parigi ebbe
il compito di studiare fortificazioni e armamenti. Al ritorno lo zar lo nominò
Traduttore principale di Libri Stranieri alla Corte Imperiale. Ma non si limitò
a tradurre libri scientifici e di arte militare: costruì fortificazioni per
tutta la Russia. Uno di questi forti, Kronstadt nel golfo di Finlandia, sarà
importante ancora due secoli dopo, nell’assedio di Leningrado nel 1941-42.
Alla morte di
Pietro il Grande, nel 1725, Gannibal perse influenza a corte. La zarina
Elisabetta, figlia di Pietro, gli diede in dono una proprietà a Mikhailovskoje,
e Gannibal vi si ritirò con la seconda moglie. In questo piccolo feudo, Puškin
scriverà in una nota al’“Eugene Onegin”, “l’africano nero che era diventato un
nobile russo visse fino alla fine della sua vita come un philosophe francese”.
È in questa stessa proprietà, ancora di famiglia, che Puškin cominciò nel 1827
il suo primo romanzo, “L’Africano di Pietro il grande” – che lascerà incompiuto.
Mettendo a frutto i ricordi familiari, e la testimonianza di un ultimo figlio
del bisnonno, ancora in vita.
Andrej
Syniavsky, nel suo libro su Puškin, dirà che “si appoggiava molto sul suo
aspetto negroide e il suo passato africano, che vantava forse più intensamente
della sua ascendenza aristocratica” – come una sorta di outsider pur facendo parte dell’establishment,
il suo rapporto con lo zar Nicola II, suo protettore, assimilando a quello di
Gannibal con Pietro il Grande – un paragone lusinghiero per lo zar, che lo
puniva e lo sosteneva.
Puškin era fiero
della famiglia, che fa rientrare anche nei suoi capolavori, il dramma storico
“Boris Godunov” e il romanzo “La figlia del capitano”. Di più avrebbe voluto fare per il bisnonno
africano, il personaggio su cui ha centrato il suo primo tentativo di romanzo,
rimasto poi incompiuto – tutti i romanzi di Puškin sono incompiuti, eccetto “La
figlia del capitano”.
Guerre russe – La Russia è
stata sempre in guerra, dal Cinquecento a oggi. Nelle due guerre mondiali
naturalmente, e contro Napoleone nel 1812. Nel dopoguerra in Ungheria (1956),
Cecoslovacchia (1968) e Afghanistan (1979-1989), come impero sovietico, oltre
alle tante ingerenze armate in Polonia e a Berlino. E in Cecenia e Georgia la
Russia post-sovietica, prima che in Ucraina.
Numerose
e interminabili le guerre russo-svedesi: 1554-1557, 1558-1583 (nel quadro della
Prima guerra del Nord, contro lituani e svedesi), 1610-1618 (Guerra d’Ingria),
1656-1658 (nel quadro della Seconda guerra del Nord, o conflitto
polacco-svedese), 1700-1721 (la Grande Guerra del Nord, con la vittoria decisiva
su Carlo XII di Svezia nella battaglia di Poltava, 1709, che consacrò Pietro il
Grande negli equilibri europei), 1741-1743, 1788-1790.
Ripresa nel contesto delle guerre napoleoniche, come guerra di Finlandia: la Svezia,
sconfitta nel 1808-1809, cedeva alla Russia la Finlandia.
Contro la Finlandia indipendente da fine 1917, dopo la rivoluzione
d’ottobre a Mosca, la Russia mosse guerra nei tre mesi invernali 1939-1940, strappando alla fine alcuni territori, come
la Carelia - il 10 per cento della superficie finlandese.
La
lunga serie di guerre (anti)napoleoniche, in alleanza con la Prussia e
l’Austria-Ungheria.
Contro
la Polonia: 1654-1667, 1792, 1794 (insurrezione polacca).
Le
quattro guerre contro la Persia: 1722-23, 1796, 1804-13, 1826-1828. Intervallate
da guerre contro i khanati del Caucaso, detti anche khanati persiani e khanati
azeri, o khanati iraniani, più o meno sotto sovranità persiana, negli odierni Azerbaigian,
Armenia, Georgia e Daghestan.
Le
guerre russo-kazane di metà Cinquecento – fra le tante guerre contro i khanati,
i domini tartari disseminati nella Russia occidentale.
La
guerra di Crimea, 1856, per il controllo
dei Luoghi Santi a Gerusalemme, disputato alla Francia.
La lunga serie di guerre russo-turche –
Mosca si vuole la Terza Roma, dopo Roma e Bisanzio-Costantinopoli: otto guerra
tra il 1568 e il 1829 (senza contare, nei primi anni 1820, il sostegno
Alla indipendenza greca, nella comune
ortodossia religiosa: 1568-1570, 1676-1681, 1686-1700, 1710-1711, 1735-1739, 1768-1774, 1806-1812, 1828-1829.
Contro il Giappone, 1904-1905 – la prima sconfitta di una potenza
europea per mano asiatica.
astolfo@antiit.eu
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