giovedì 27 aprile 2023

Il mondo com'è (460)

astolfo

Bolla – Assunse il significato che ha nella terminologia finanziaria  nel 1718-1720, nella breve e vistosa speculazione che culminò in una Bolla del Mississippi. La moltiplicazione fittizia di valore di titoli azionari e di titoli di Stato del cosiddetto sistema Law. Dal nome dell’economista scozzese John Law, apologeta della carta moneta, la moneta fiduciaria del tempo.
Entrato in contatto col duca d’Orléans, il fratello di Luigi XIV divenuto reggente alla morte del Re Sole per conto del successore Luigi XV in minore età, Law ne fu nominato Controllore Generale delle Finanze di Francia. Creò subito, nel 1816, la Banque Générale, una sorta di banca centrale, istituzione allora nuovissima, col potere di emettere carta moneta. E nel 1717 una Compagnie d’Occident, aperta agli investitori parigini - poi (1719) Compagnie des Indes. Inizialmente dotata della privativa della valorizzazione della valle del Mississippi – tabacco e schiavitù - e successivamente di tutto il commercio coloniale francese.
La aspettative moltiplicarono il valore delle quote in poche settimane per 36, da 500 a 18 mila lire tornese. E moltiplicarono anche le emissioni: 625 mila azioni furono emesse in poche settimane. Law alimentava la speculazione perché puntava a ripagare l’enorme debito pubblico accumulato da Luigi XIV. Fuse anche la Banque Générale con la Compagnie des Indes, mettendola quindi al servizio della speculazione. E avviò l’emissione di obbligazioni pubbliche, i billets d’État, che anch’esse moltiplicarono in pochi giorni le quotazioni.
La carta moneta stampata senza limiti alimentava la bolla. Ma di pari passo con la stampa crebbe l’inflazione. I billets d’État e la carta moneta cominciarono a perdere quota. Il ribasso si accentuò alla scoperta che i profitti della Compagnie des Indes non c’erano – non nella misura fantasticata. E il ribasso fece rapidamente valanga. La “bolla” scoppiò a dicembre 1720, Law lasciò prontamente Parigi, il debito pubblico sarà pagato con le tasse.
 
Caterina I – Zarina di Russia alla morte del marito Pietro il Grande, era una contadina di famiglia polacca, nata (1684) e  cresciuta in Lituania, Marta Elena Skowrońskaja, figlia di un Samuelis Skowroński, contadino. Era stata sposata nel 1701, a 17 anni, a un dragone svedese, trombettista del reggimento, di stanza in Lituania in una delle tante guerre russo-svedesi. Era in corso la Grande Guerra del Nord, per l’egemonia nel Baltico (marzo 1700- settembre 1721) dell’alleanza Russia-Danimarca-Polonia-Sassonia contro Carlo XII di Svezia. Che in un primo momento, il 20 novembre 1700, sconfisse l’alleanza, alla battaglia di Narva.
Il trombettista presto scomparve, e Marta Elena Skowrońskaja si impiegò come domestica da un pastore tedesco, Ernst Glück, a Marienburg. Durò poco: il pastore fu arruolato contro la Russia ai primi del 1792, Marienburg cadde in mano russa, Marta fu catturata dai russi, e adibita alla lavanderia del reggimento che l’aveva prigioniera.
Non aveva vent’anni e aveva un bel corpo: fu quindi mandata a servizio dal principe Menshikov. Alexander Danilovich Menshikov, mercante di bassa estrazione diventato intimo di Pietro il Grande, che l’aveva nobilitato col titolo di principe per avere ammassato una enorme fortuna, in gran parte con la corruzione, ma esemplare della classe borghese, industriosa, che lo zar voleva impiantare in Russia. Menshikov se ne fece l’amante. Per poco: nel 1703 lo zar, in visita dal neo-principe, si prese Marta per sé - ai diciannove anni, quindi. Due anni dopo la fece convertire alla chiesa ortodossa, con un nuovo nome, Ekaterina Alekseevna Mikhailova. Successivamente la relazione volle consacrata con matrimonio solenne, il 9 febbraio del 1712, quando Caterina aveva 28 anni, nella cattedrale sant’Isacco da poco completata a San Pietroburgo (ma un matrimonio sarebbe stato celebrato in segreto, in una data imprecisata tra il 23 ottobre e l’1 dicembre 1707).
Nei ventidue anni di vita con lo zar Pietro, che morì nel 1725, gli diede dodici figli. Ne sopravvissero solo due, Anna ed Elisabetta, future zarine – la prima nata nel 1708, la seconda nel 1709. Nel 1724 ebbe il titolo di zarina, e fu associata alla gestione dell’impero. L’anno dopo, alla morte improvvisa di Pietro I, senza l’indicazione di un successore, si fece proclamare dalla Guardia Imperiale imperatrice regnante. Con l’aiuto i Menshikov, il suo vecchio amante, e col sostegno, dal 1726, di un consiglio privato di sei membri da lei nominato - ma sempre controllato da Menshikov. Per due anni, fino alla morte nel 1727. A Caterina si attribuisce la capacità di calmare Pietro il Grande nelle sue frequenti collere, oltre che di assisterlo in più crisi epilettiche.
 
DonetskLa città al centro della guerra russo-ucraina è di origini recenti. Fondata come Hughesiovka, la città di Hughes, dall’industriale gallese John Hugues. Un accenno  indiretto è rimasto nel film “L’ombra di Stalin”, 2019, di Agnieszka Holland, sull’esperienza del giornalista gallese Gareth Jones, che per primo scoprì e denunciò nel 1933 l’Holodomor, la carestia provocata da Stalin in Ucraina, imponendo l’ammasso del grano e degli altri cereali per l’esportazione, per finanziare con la valuta il suo piano quinquennale industriale. Jones si reca in Ucraina per cercare il luogo, di cui ha un foto, dove la madre, Annie Gwenn Jones, aveva lavorato nella prima guerra mondiale, come istitutrice dei figli di Arthur Hugues. Figlio di John. Oggi (prima della guerra) città da poco meno di un milione di abitanti, fu creata come colonia mineraria e industriale nel 1869 da Hughes padre. Ebbe statuto di città cinquant’anni più tardi, nel 1917. Successivamente ribattezzata Stalin, nel 1924, poi Stalino, 1929-1961. Fu distrutta completamente già una prima volta durante l’occupazione tedesca. Ricostruita nel dopoguerra, prese tardi, anche dopo la destalinizzazione, la nuova denominazione, dal fiume Donec che l’attraversa.
 
Adam Gannibal – Originario del lago Ciad, la sponda oggi Camerun, fu il bisnonno materno di Alexander Puškin, che ne ereditò alcuni tratti somatici, quasi da mulatto, il colorito scuro e i capelli neri crespi. La famiglia Puškin era di antica nobiltà. Ma il bisnonno materno era africano: un bambino rapito  a otto anni e venduto come schiavo a Costantinopoli, dove l’ambasciatore russo Raguzinsky, un mercante serbo, lo acquistò,  per poi farne dono allo zar Pietro il Grande. Il quale ne apprezzò la vivacità di spirito, se ne fece padrino, ne curò l’istruzione ( a 22 anni lo mandò a Parigi), lo sposò in una famiglia di bojardi, e lo portò con sé nelle spedizioni militari, promuovendolo presto al grado di generale.
Gannibal era conscio della sua importanza a corte, e fiero del suo passato, ancorché oscuro. Per questo si scelse il nome di Adam Gannibal, cioè Annibale. Nato probabilmente attorno al 1696\98, forse figlio di un capo. Rapito, in una delle tante scorrerie arabe e africane per alimentare il mercato degli schiavi, non si perse d’animo, e anzi ne fece un’occasione. Oltre che come aiuto di campo dello zar, era versato nelle lingue, le matematiche e le scienze. A Parigi ebbe il compito di studiare fortificazioni e armamenti. Al ritorno lo zar lo nominò Traduttore principale di Libri Stranieri alla Corte Imperiale. Ma non si limitò a tradurre libri scientifici e di arte militare: costruì fortificazioni per tutta la Russia. Uno di questi forti, Kronstadt nel golfo di Finlandia, sarà importante ancora due secoli dopo, nell’assedio di Leningrado nel 1941-42.
Alla morte di Pietro il Grande, nel 1725, Gannibal perse influenza a corte. La zarina Elisabetta, figlia di Pietro, gli diede in dono una proprietà a Mikhailovskoje, e Gannibal vi si ritirò con la seconda moglie. In questo piccolo feudo, Puškin scriverà in una nota al’“Eugene Onegin”, “l’africano nero che era diventato un nobile russo visse fino alla fine della sua vita come un philosophe francese”. È in questa stessa proprietà, ancora di famiglia, che Puškin cominciò nel 1827 il suo primo romanzo, “L’Africano di Pietro il grande” – che lascerà incompiuto. Mettendo a frutto i ricordi familiari, e la testimonianza di un ultimo figlio del bisnonno, ancora in vita.
Andrej Syniavsky, nel suo libro su Puškin, dirà che “si appoggiava molto sul suo aspetto negroide e il suo passato africano, che vantava forse più intensamente della sua ascendenza aristocratica” – come una sorta di outsider pur facendo parte dell’establishment, il suo rapporto con lo zar Nicola II, suo protettore, assimilando a quello di Gannibal con Pietro il Grande – un paragone lusinghiero per lo zar, che lo puniva e lo sosteneva.
Puškin era fiero della famiglia, che fa rientrare anche nei suoi capolavori, il dramma storico “Boris Godunov” e il romanzo “La figlia del capitano”.  Di più avrebbe voluto fare per il bisnonno africano, il personaggio su cui ha centrato il suo primo tentativo di romanzo, rimasto poi incompiuto – tutti i romanzi di Puškin sono incompiuti, eccetto “La figlia del capitano”.
 
Guerre russe – La Russia è stata sempre in guerra, dal Cinquecento a oggi. Nelle due guerre mondiali naturalmente, e contro Napoleone nel 1812. Nel dopoguerra in Ungheria (1956), Cecoslovacchia (1968) e Afghanistan (1979-1989), come impero sovietico, oltre alle tante ingerenze armate in Polonia e a Berlino. E in Cecenia e Georgia la Russia post-sovietica, prima che in Ucraina.
Numerose e interminabili le guerre russo-svedesi: 1554-1557, 1558-1583 (nel quadro della Prima guerra del Nord, contro lituani e svedesi), 1610-1618 (Guerra d’Ingria), 1656-1658 (nel quadro della Seconda guerra del Nord, o conflitto polacco-svedese), 1700-1721 (la Grande Guerra del Nord, con la vittoria decisiva su Carlo XII di Svezia nella battaglia di Poltava, 1709, che consacrò Pietro il Grande negli equilibri europei), 1741-1743, 1788-1790. Ripresa nel contesto delle guerre napoleoniche, come guerra di Finlandia: la Svezia, sconfitta nel 1808-1809, cedeva alla Russia la Finlandia.
Contro la Finlandia indipendente da fine 1917, dopo la rivoluzione d’ottobre a Mosca, la Russia mosse guerra nei tre mesi invernali 1939-1940,  strappando alla fine alcuni territori, come la Carelia - il 10 per cento della superficie finlandese.
La lunga serie di guerre (anti)napoleoniche, in alleanza con la Prussia e l’Austria-Ungheria.
Contro la Polonia: 1654-1667, 1792, 1794 (insurrezione polacca).
Le quattro guerre contro la Persia: 1722-23, 1796, 1804-13, 1826-1828. Intervallate da guerre contro i khanati del Caucaso, detti anche khanati persiani e khanati azeri, o khanati iraniani, più o meno sotto sovranità persiana, negli odierni Azerbaigian, Armenia, Georgia e Daghestan. 
Le guerre russo-kazane di metà Cinquecento – fra le tante guerre contro i khanati, i domini tartari disseminati nella Russia occidentale.

La guerra di Crimea, 1856, per il controllo dei Luoghi Santi a Gerusalemme, disputato alla Francia.
La lunga serie di guerre russo-turche – Mosca si vuole la Terza Roma, dopo Roma e Bisanzio-Costantinopoli: otto guerra tra il 1568 e il 1829 (senza contare, nei primi anni 1820, il sostegno
Alla indipendenza greca, nella comune ortodossia religiosa: 1568-1570, 1676-1681, 1686-1700, 1710-1711,  1735-1739, 1768-1774, 1806-1812, 1828-1829.
Contro il Giappone, 1904-1905 – la prima sconfitta di una potenza europea per mano asiatica.

astolfo@antiit.eu

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