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Le bombe dell’intelligence
Due racconti d’avventure
senza avventure. Due feroci parodie. “Il principe Racoczi” del solito intrigo
di terroristi e spie a Ginevra. “Il capitano misterioso” del compotto, per
sentito dire: dell’avventura che nasce in piazza, basta uno sconosciuto che l
traversi in macchina, una “piccola vettura” che si fa vedere “ogni giorno e proprio
durante l’ora più calda; o per meglio dire la si sarebbe potuta vedere, se ci
fosse stato qualcuno fuori di casa” a quEll’ora.
Il primo racconto,
di bombe che viaggiano fra spie, terroristi, e e zii ignari, prende un po’ di
sale come parodia dell’esperienza che Pizzuto stesso ebbe a vivere come funzionario
del Quirinale addetto alle riuonini periodiche dei servizi internazionali di
sicurezza: una presa in giro della intelligence (sic, già allora) – di cui
ora si fa invece grande spolvero, come di una scienza, ci sono pure corsi
univevrsitari appositi.
Due racconti del
primo Pizzuto, 1949-1950, quando ancora non aveva sposato l’incomunicabilità –
il romanzo delle parole, dei suoni più che dei singificati (“La Signorina Rosina”
e seguenti). Ma già corrosivi. Demistificanti dello storytelling, destrutturanti.
Pizzuto ancora non si prendeva sul serio – non erano ancora anni di avanguardie
lettearie, di demolizione del testo.
I due racconti
sono stati esumati dalla figlia Maria. Il primo era uscito in “Mediterranea”,
Almanacco di Sicilia, 1949 (un volume di 632 pagine, molto illustrato, strenna del Banco di Sicilia), il secondo nello stesso almanacco, l’anno dopo. Entrambi
sotto lo pseudonimo di Sallino Sallini, che è una storia a parte – è il nome
di capobrigante italo-boemo, di un romanzo tedesco di spiriti e ladroni di metà
Ottocento.
Antonio Pizzuto, Due
racconti di Sallino Sallini, All’insegna del pesce d’oro, pp. 69 (maremagnum)
€ 15)
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