L’Italia senza braccia
L’Italia è l’unica
grande economia europea con una politica dell’immigrazione solo restrittiva. Il governo
conservatore inglese, che minaccia la deportazione degli immigrati irregolari
in Ruanda, nel 2022 ha regolarizzato oltre mezzo milioni di nuovi arrivi – a fronte
dei 90 mila italiani. La Francia, che ha semplificato le procedure giudiziarie
per l’espulsione degli indesiderati, ha creato corridoi di regolarizzazione semplificata
nei settori produttivi e di servizi a carenza di manodopera.
In Italia il calo
demografico è più accentuato che in Gran Bretagna, Francia e Germania, e tuttavia
non ha una politica di compensazione attraverso una immigrazione regolarizzata
qualificata (rispondente ai bisogni): l’immigrazione resta irregolare, casuale,
poco o nulla qualificata, regolarizzata ex post, per numeri sempre insufficienti,
e casualmente – un continente semi-sommerso, poco o nulla produttivo.
Per i prossimi quindici
anni l’Istat certifica, sulla base delle nascite degli ultimi quindici anni, una
diminuzione della popolazione in età lavorativa, tra i 15 e i 64 anni, di
cinque milioni – il 13 per cento del mercato del lavoro. Mentre solo per
attuare i progetti del Pnrr sarebbero necessari quest’anno e il prossimo 375
mila lavoratori in più – secondo una prospezione della Banca d’Italia. In
aggiunta a quelli che ormai da un anno e mezzo mancano nei servizi alla persona
– ristorazione, accoglienza, collaborazione domestica – e in agricoltura, sia
braccianti che operai qualificati (allevatori, trattoristi, etc.).
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