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Castità – Ritorna con la
queer theory o i queer studies. Come una forma di sessualità non prevaricatrice. Come
ipotesi, più che come verità, è studiata dalla slavista americana
(afroamericana) Jennifer Wilson, che alla Penn State University ha avviato un
progetto che che intitola “Chastity
and the Political Imagination in 19th Century Russian Fiction” – già autrice di
una ricerca “Radical
Chastity: The Politics of Abstinence in Late 19th Century Russian Literature”,
e di un saggio “(Drag)ging Tolstoy Into Queer Theory: On the Cross-Dressing
Motif in War and Peace”. Nella letteratura russa dell’Ottocento Wilson ha
rilevato una serie di pratiche ascetiche come pratica politica, di attivisti
radicali in opposizione alla società borghese. Contro la pratica borghese del matrimonio
e contro il corteggiamento, pratica basata sull’ineguaglianza di genere.
Piuttosto che al’amore libero, altra pratica borghese, questa opposizione ssarebbe
sfociata nella pr atica dela castità, “una forma autonoma di sessualità che non
apriva spazi di sfruttamento o di sentimenti proprietari”.
Filosofia - “Vista dall’interno
la caverna è meno oscura di quello che i filosofi pensano”, nota Mauro Bonazzi della
caverna di Platone, dell’ambizione della filosofia di uscire dall’oscurità: “È
rumorosa certo, ed imperfetta, ma forse anche colorata, e di sicuro meno noiosa
di quel pieno luminoso e tutto uguale” là fuori. Soprattutto più conoscibile,
senza speciale illuminazione. Specie per la filosofia politica – la notazione
di Bonazzi è riferita a Hannah Arendt, che alla fine confessa di non potersi
dire filosofia perché non aveva preveduto il nazismo. Ma il nazismo non era da
prevedere, solo da leggere.
Imperialismo – Il conto del
dare e avere è sempre in perdita. Anche nella formula “spese pubbliche, utile privato”.
È un esercizio di potenza, non economica. O allora: cosa è economico,
redditizio? Ma non, allora, in chiave ragioneristica, di dare e avere, seppure
in un arco di lungo e lunghissimo periodo. Non di contabilità da quadrare di
conti numerici, misurabili in cifre. In questa chiave è un investimento. A rischio e non a termine, per quanto lungo. È
l’economia del principato, dell’investimento a perdere, per un utile politico –
politicamente economico, cioè durevolmente, a temine “storico”.
L’imperialismo
ribalta il concetto economico, l’economia dell’economia. A meno che non si trasformi – elevi – a
economia suntuaria, di spreco.
Populismo – È inteso reazionario,
o controrivoluzionario. Ma fu teoria e opera di apostoli della rivoluzione,
Mazzini per primo e più a lungo – finché non debordò nel messianismo: “Dio e
popolo” a lungo è stato incitazione di libertà e alla libertà. Fu opera anche,
commossa, di Michelet.
Mazzini
poi deriverà alla causa della Gran Madre Latina, del popolo che reincarna la
grandezza di Roma, che sarà fatta propria da Mussolini – ne costituirà anzi il
solo verbo costante, la sola ideologia immutabile e di maggior richiamo. Ma ci
arrivava nel mezzo di una corrente di moda, se non di pensiero, ai primati nazionali,
da Gioberti a Bismarck – dagli Stati (nazionali) ai primati. Mazzini non si può
biasimare, non commise alcun atto imperialista o di esclusione – se un rimprovero
gli si fa nella storia è di essere rimasto sempre fedele a quello degli inizi, un
politico senza duttilità politica . Da credente e apostolo, del popolo e per il
popolo. Pur con tutta l’ambiguità che ciò comportava – che Bakunin gli faceva
rilevare alla sua tarda età: del nazionalismo cioè: “Per Mazzini il popolo è
una parola astratta che identifica tutti gli abitanti dell’Italia, siano essi
nobili o plebei, vittime o carnefici; e
questo preteso popolo deve sacrificarsi per fare dell’Italia una potenza di
prim’ordine in Europa e per conquistare la propria sovranità, cioè non avere più
re che lo comandi!”. Per uno scopo quindi di libertà. Quanto al primato, è pur
vero che esso ha valore, prende valore, oggi, nel mondo unipolare, in termini di
brand, nel commercio cioè, come un
marchio - rientra nelle tecniche di marketing.
Ha
acquisito in Europa e negli anni Stati Uniti nel Duemila nuovo spazio per un
evidente sbracamento del progressismo, in favore del mercato, delle banche, della
finanza. Che non hanno prodotto più ricchezza, come garantivano, non in Europa,
nei mercati industrializzati in genere, e li hanno soggiogati e interessi rapaci.
E ingovernabili. Uno slittamento evidente in paesi come l’Italia, senza forza contrattuale
propria, dove le forze progressiste hanno quasi fatto a gara per distinguersi nell’acquiescenza alle pratiche più viete del mercato
– non solo in termini sociali, anche produttivistici, di creazione e difesa della
ricchezza (della ricchezza nazionale non di quella dei ricchi e potenti). In
questo quadro si può dire il populismo sociale, o socialmente impegnato. E
progressista di fatto.
Religione – Vico la
intende (giustifica) come coscienza dell’umanità e origine della civiltà.
È guardare
fuori e in alto per capire (vivere) dentro e in basso.
È “soprannaturale
perché è fuori della natura”, è l’argomento di Galiani nell’“Abbozzo di un dialogo
sulle donne”: “La natura non ce ne dà alcun istinto; non appartiene a nessuna
classe di animali; la dobbiamo esclusivamente all’educazione; ed è ben la sola
che distingua l’uomo dalla bestia: la religione costituisce la nostra caratteristica.
Invece di dire: «L’uomo è un animale ragionevole», bisogna dire: «L’uomo è un
animale religioso». Tutti gli animali sono ragionevoli, solo l’uomo è
religioso. La morale, la giustizia, il sentimento sono un istinto, la fede in
un essere sopranaturale non lo è affatto”.
E
ancora: “L’idea della religione” è “credere all’esistenza di uno o più esseri
che non sono percepiti da nessun senso, che sono invisibili, impalpabili e così
via…. Ciò che distingue l’uomo dalla bestia è un effetto della religione:
società, politica, governo, lusso, ineguaglianza delle condizioni, belle arti,
etc., tutto noi dobbiamo a questa caratteristica della nostra specie.
Storia – Puškin, che
amava narrare e poetare di personaggi e eventi storici, aveva una partita aperta
con la storiografia francese dominante del suo tempo, o della storia come fato,
il destino delle nazioni. Criticando Guizot, scrive: “Non si dica: non poteva essere altrimenti. Se questo
fosse vero allora lo storico sarebbe un astronomo, e gli eventi della vita dell’umanità
si predirebbero in calendari come le eclissi di sole”.
Vero-falso – Ritorna la querelle, sull’onda dell’intelligenza
artificiale. Che però si ripropone come alla sua età della pietra – come già
con le fake news, che poi sono
propaganda o disinfornacija, e con i
social “liberi tutti”, twitter e meta-instagram. Ferraris propone di non
fasciarsi la testa: il vero d’invenzione è sempre esistito in letteratura – e nel
mito, perché no, testi sacri compresi. E suggerisce di enucleare il “finto” dalla
dicotomia vero-falso: molto si fa per leggerezza, per divertimento o
provocazione (p.es. le fake news, che
sono sempre grimaldello di qualcosa.
Cosa
s’intende per vero e cosa per falso? Vera è madame Bovary, dice Ferraris: “Non
è falso che madame Bovary fosse una moglie infelice”. Ma non è tutto: Emma
Bovary è moglie infelice ma anche stordita e\o stupida.
Il
vero è multiplo. O anche: il vero non è tutto – non esaurisce la verità.
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