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Un Paese sotto
C’era la corsa alla
Cina, c’è ora la corsa a disfarsi della Cina. Solo sei o sette anni fa questo sito
doveva registrare la stranezza di una Milano “cinese”
http://www.antiit.com/2017/09/il-triangolo-industriale-e-cinese.html
Si è poi smesso
con i telefoni, l’America ha detto basta, e si è continuato con i porti - Taranto
sì, Trieste forse, oppure no, il governo esercita il diritto di blocco (senza
nemmeno chiedersi perché con i cinesi i porti rendono, e con gli italiani sono
una zavorra, a carico dello Stato, e anche, per lo più, sgangherato). Ma la
tendenza è a metterli fuori, da Pirelli, dalle banche, da ogni dove. Senza una
ragione. Si dice: sono spie, preparano un’invasione, ma la verità è che l’America
non tollera disobbedienze.
Si è detto, Arbasino
ha detto, dell’Italia “un Paese senza”. Ma più senso ha dirlo “un Paese sotto”.
Sottomesso. Basta un moto del sopracciglio americano che l’Italia corre, nel senso
del servo. Magari tagliandoseli.
Diversamente
correva col “piano Mattei” propriamente detto, quando non chiedeva il permesso
per andare in Medio Oriente, in Nord Africa, compresa l’Algeria, compreso Gheddafi,
in Africa, e anche in Russia, nel 1953, anzi disobbediva.
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