Giuseppe Leuzzi
“Romanziere
del Sud” lo scrittore americano Tom Wolfe, che faceva il gusto negli anni
1960-1970 (specie con la formula del
“new journalism” da lui coniata, la cronaca raccontata, che avrà autori celebri,
Truman Capote, Gay Talese) diceva di scrittori di forte realismo, alla
Faulkner. Alla Alvaro, diremmo, Domenico Rea, Scotellaro, per il poco che ha
potuto scrivere. Non Sciascia, realista con dispiacere – secondo questo criterio
non è un “romanziere del Sud”.
Più che agli scrittori, la definizione
di Wolfe calza alle scrittrici, Carson McCullers, Flannery O’Connor, Alice
Walker, Harper Lee, Eudora Welty. In Italia a Deledda – oggi a Murgia, Di
Pietrantonio? Non con la stessa pietas –
amore (accettazione) di se stesse.
Sudismi\sadismi
Delle lettere al giornale “la Repubblica” sceglie
quella del solito siciliano che si lamenta della Salerno-Reggio Calabria, tutta
cantieri a suo dire, code etc. Mentre non è vero, è forse la migliore
autostrada da qualche tempo in Italia. I cantieri sono limitati al tratto
Cosenza-Altilia Grimaldi, nella valle stretta del Savuto, 30km,. che il
rifacimento della Salerno-Reggio vent’anni fa aveva trascurato. Andare in
Sicilia è lungo, ma che dire, p. es., della Firenze-Roma? Il Meridione è un complesso,
d’inferiorità.
Sui siti dei media calabresi la retata europea dei
narcotrafficanti scattata oggi si dice che ruoti attorno al porto di Gioia
Tauro. Mentre ruota attorno al porto di Anversa. I comunicati ufficiali lo
specificano, ma il riflesso condizionato, o la pigrizia, dice Gioia Tauro.
Il Sud non esiste
Sembra
impossibile, che si sia fatto un processo lungo vent’anni, che ha posto sotto
accusa i Carabinieri e lo Stato in generale (perfino la presidenza della Repubblica)
sulle accuse di un “papello” del figlio di Ciancimino, un pluricondannato per
mafia, detto “papello” perché non documentato: una divagazione (si spera non
dettata, a scambio con i “benefici di legge” dei “collaboratori di giustizia”).
Ma si è fatto. E ancora c’è gente, soprattutto giornalisti e giudici, che non
ci credono veramente, ma dicono di credere, che lo Stato si vendetta alla mafia.
E
non è un atto ostile del Nord contro il Sud. Lo Stato-mafia è invenzione del
Sud a suo carico. Per la carriera di pochi, tra Palermo e Napoli: una decina di
giudici e giudichesse, che tuttora ne ricavano ricche comparsate in tv, un paio
di giornalisti tournés scrittori, e qualche editore milanese lieto di tanto
scandalo.
Un
Sud violento, in questo caso. Della mafia come affare. E non per cinismo, non
solo: soprattutto per spregio, cosa non si fa per piacere a “Milano”. Il Sud,
al meglio, “non esiste, si direbbe a Roma.
Si è profeti oltralpe
Si
esegue in tarda prima italiana a Roma, al Parco della Musica con l’orchestra di
Santa Cecilia, il “Vangelo
eterno”, il poemetto del poeta ceco Jaroslav
Vrchlický musicato da Leoš Janaček. Sul Terzo Regno
di Gioacchino da Fiore Il Monaco profeta si ritrova “qui, sulla rupe scoscesa
in Calabria,\ dove i lupi nelle caverne ululano\ sfidando I venti”. Ma poi la
Calabria è il luogo che gli allarga la vista: “Ho abbassato gli occhi\ dagli
altri cieli di Calabria\ verso l’oscurità del mondo…”.
Il “Vangelo
eterno” è del 1914, testo e musica, della paura della Guerra. Gioacchino è
figura della speranza ben diffusa nella cultura tedesca, cui Praga all’epoca
ancora aderiva. E perdura la Calabria come nome mitico, di una natura naturans.
Gioacchino si
può pensare come uno dei tanti suoi conterranei che fanno fortuna altrove – e solo
altrove, quasi un destino. Di lui, persona pia e mente eccelsa, lo studioso
dell “Apocalisse”di san Giovanni, e del
tempo della storia (che ribalta) di sant’Agostino, profeta del Terzo Tempo,
quello dello Spirito, dopo quello del Figlio e quello del Padre – un mondo di
purezza e libertà, il tempo dell’amore, e quindi di maggiore grazia divina (i
temi degli ultimi due papi, Benedetto XVI e Francesco) - nessuno si è incaricato
di promuovere la beatificazione. Ci ha pensato nel 2001, a distanza di quasi un
millennio, l’arcivescovo di Cosenza mons. Agostino, ma in questi venti anni non
un passo avanti è stato fatto.
Milano in buona coscienza
È
– più che volersi? – diversa? L’archivista e storico Fausto Fonzi cinquant’anni
fa, prima di Bossi, prospettava in un voluminoso saggio, di quasi seicento
pagine, “Crispi e lo ‘Stato di Milano’”. Milano come Stato, che fece guerra a Crispi tra il 1893 e
il 1896, a una politica militarista ed espansionistica, nel nome del
moderatismo, e la vinse – o piuttosto non vinse Menelik, a Adua?
Anche
Giorgio Rumi, pacioso storico cattolico, ha “una alterità lobarda” nella
raccolta “Perché la storia. Itinerari di ricerca”.
Finzi
accredita a Milano anche la nascita dei aprtiti democratici dell’era che sarà
chiamata di Giolitti – fino a Mussolini nel 1922: il socialismo riformista di
Turati e la democrazia cristiana di
Meda. Ma il socialismo italiano era stato napoletano, siciliano, genovese, prima
e più che milanese. E lo stesso i cattolici in politica contro il “non possumus”,
quelli del conte Gentiloni, uno dei “cattolici del papa”, marca di Ancona.
Torna
a onore della città dirsi buona socialista (rifornista) e buona popolare o
democristiana. Di ripudiare la violenza. Di volere la democrazia, uguale per
tutti. Ma di propriamemte milanese nella storia politica c’è la Lega, con l’autonomia
differenziata oggi come già col celodurismo di Bossi, portato da Milano 1, il
terrorismo rosso, nel ricordo di Gaetano Bresci?, Mussolini, la giustizia sommaria
o politica. Senza contre la Borsa “parco buoi”.
Oggi come 150
anni fa
“La Calabria è
essenzialmente il paese delle rovine: la fisionomia geologica del suo
territorio, i monumenti degli uomini e dei secoli fan risaltare in ogni passo
le tracce di questa caratteristica malaugurata. Nelle sue contrade giacciono
seppellite sotto a frantumi d’ogni genere la Magna Grecia con tutte le sue
città, leggi, scienze, arti, scuole, istituzioni; il medio evo con tutt’i suoi
castelli feudali, vizi e virtù, diplomi e titolo di gloria e di vitupero; l’età
moderna con tutte le opere novelle del suo risorgimento, stabilimenti
religiosi, accademie, arti. Il popolo calabrese che vive su tante macerie, non
è esso stesso che una vasta rovina! […] Sembra che tutt’i grandi agenti di
distruzione si siano data la posta per rappresentare le scene del loro dramma
sanguinoso: le guerre intestine dell’antiche repubbliche; il sistema di
universale assorbimento della vecchia Roma; le scorrerie di tanti barbari,
Goti, Saraceni, Turchi, Pirati, e di altri popoli più moderni ancora, non meno
prodighi di sventure, dispensate però come tesori di carezze affettuose: e poi
il tempo che lentamente corrode; i tremuoti spaventevoli così spesso disastrosi
e funesti; le più scarmigliate passioni e le più apate [sic!], malattie di
contagio e di effetti tristissimi, come l’ira fremente dei partiti, e la rabbia
municipale, la torpida ignavia, e il gelido indifferentismo, il melenso egoismo
e il turpe guadagno, il vertiginoso delirio delle false dottrine, e il
capriccio delle novità e della goffa imitazione, tutto concorse…”
Da “Poliorama
Pittoresco 1857-58”, p. 114 – ripreso da Vito Teti, “Il senso dei luoghi”.
Calabria
Nella serie di guide fotografiche SIME
la Calabria figura in copertina come Terra Incognita. In effetti, soprattutto
ai calabresi.
Ha il record
italiano degli omicidi (dati del quinquennio 2016-2020): quasi uno (0,96) per
centomila abitanti. Una ventina l’anno. Senza essere specialmente facinorosa,
non come in contesto urbano – il parcheggio, il vicino di casa, l’ubriachezza
(specie quella giovanile, delle cronache di Roma, Milano, Napoli). È perché si
possiedono trope armi, denunciate e non.
Di fatto, c’è un
che di brutale, accanto alla mitezza. Si legge con raccapriccio la vicenda del
ragazzo Davide Ferrario, ridottto im coma vegetativo, cioè praticamente ammazzato,
a pugni, da una famiglia di Crotone - da una famiglia Passalacqua, madre,
fratello, figlio, figlia. Anche per la stupidità – la violenza è spesso stupida. Ma sia il Comune
che la Provincia sono parte civile.
Cresce e matura
solo in Calabria, e in un punto specifico, Villa San Giovanni-Villa San Giuseppe, l’anona o chirimoya . Che ricorre curiosamente nella cronaca
della Conquista (spagnola dell’America Latina) di Ah NakukPech, signore di
ChacXulub Chen, da cui la cronaca prende il nome. Una storia “indigena” della
Conquista, riferita al Chiapas, in Messico al confine col Guatemala: “Il 1519
fu il primo anno che vennero gli spagnoli qui”, tra Cozumel e Chichén Itzà:
“Quell’anno giunsero a Chichén i mangiatori di anone”. I locali non le
mangiavano?
Ha avuto, come è
inevitabile, vicende storiche varie nei secoli. Ma con un marchio bimillenario.
Nell’impero romano quello dei Bruzi infidi e violenti. Nel Medio Evo dei “fustigatori
di Cristo”. Nel Sei-Settecento di “popolo di Giuda”. Come annotava lo storico
Umberto Caldora sessant’anni fa, in apertura di “Calabria Napoleonica”: “Se i Bruzi della Calabria antica, infatti, erano visti come
ribelli e infidi dai Romani, essi verranno ritenuti addirittura fustigatori di
Cristo nel Medioevo. Se in età controriformista e barocca la Calabria sarà per
i missionari gesuiti una parte significativa delle Indie di quaggiù,
la cultura spagnola del tempo giungerà a identificare Giuda come calabrese”.
Reggio Calabria esce da un
dodicennio di amministrazione controllata dopo un periodo di spese incontrollate
con sindaci di destra, Scopelliti e Arena – quest’ultimo dichiarato decaduto
per sospetto di mafia. Falcomatà figlio, di famiglia già Ds e poi Pd, saldamente
legato (a suo tempo) a Renzi presidente giovane del consiglio, è riuscito a
evitare il dissesto (fallimento) e affrontare un difficile risanamento. Ora il
Comune può nuovamente programmare il suo futuro, ma si parla solo di liti, tra
assessori e ex assessori al bilancio, dello stesso partito (Pd): la città può attendere.
Non è facile fare il sindaco
a Reggio? Giuseppe Falcomatà, figlio d’arte (il padre Italo è stato il sindaco
della Primavera di Reggio – c’era perfino la scala mobile tra i diversi piani
della città, a gradoni sullo Stretto - a cavaliere del Duemila), è lui stesso inibito,
condannato in primo grado un anno fa per abuso d’ufficio, avendo ceduto un
albergo storico confiscato a un imprenditore amico. Doveva aprire un’asta –
elementare, ma ci vuole un po’ di senno.
Sui siti dei media calabresi la retata europea dei narcotrafficanti scattata oggi si dice che ruoti attorno al porto di Gioia Tauro. Mentre ruota attorno al porto di Anversa. I comunicati ufficiali lo specificano, ma il riflesso condizionato, o la pigrizia, dice Gioia Tauro.
leuzzi@antiit.eu
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