mercoledì 24 maggio 2023

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (526)

Giuseppe Leuzzi


“La mafia dà lavoro, l’antimafia lo toglie: è il luogo comune preferito dai mafiosi”, Luigi Ferrarella, “Corriere della sera”, 19 maggio. Dei mafiosi non sappiamo ma dell’antimafia sì. Ma l’antimafia da più lavoro della mafia, molto di più.
 
Un Gianforte, governatore del Montana negli Stati Uniti, prende la rivoluzionaria decisione di vietare TikTok, perché “i suoi dati vanno a paesi nemici”, cioè al governo cinese. Gianforte fa per questo cronaca anche in Italia, ma nessuno si chiede se è italo-americano - lo è – né da dove veniva il babbo o il nonno. L’integrazione diventa “normale” anche per l’Italia, che usava rincorrere gli oriundi anche alla quarta o quinta generazione – se si si facevano onore, nello sport, lo spettacolo, la politica, gli affari. L’integrazione non è un percorso difficile, nemmeno complesso.
 
Galliani, titolare di una Elettronica Industriale, ha da Berlusconi l’incarico di creare una rete nazionale di ripetitori. “Fu il mio periodo eroico”, spiega a Cazzullo sul “Corriere della sera”: “Ho comprato pezzi di colline e di montagne in quattromila comuni. Al Sud sul rogito spesso il venditore scriveva: benestante”. Verro.
 
A Cazzullo che gli chiede di Dell’Utri – “è stato scritto che (Fedele) Confalonieri è il lato bianco del berlusconismo, e (Marcello) Dell’Utri, condannato per mafia, quello nero” - Galliani può rispondere: “A parte il fatto che il concorso esterno esiste solo in Italia, Marcello è nato a Palermo, Confalonieri a Milano e io a Monza. La cosa è tutta qui”.

Sudismi\sadismi
Aldo Grasso fa l’elogio di “Che tempo che fa”, la trasmissione tv di Fabio Fazio, e conclude: “Ultimo elemento rilevante: Fazio funziona meglio al Nord (18 per cento di share in Liguria) che al Centro Sud. Altro elemento che ne definisce l’unicità”. Cioè  non solo il valore commerciale (pubblicitario) ma anche il pregio.

La persistenza – radici (endurance)
“Per ‘Time’ era simbolo dei cervelli in fuga. Ora dice: «La ‘Ndrangheta esiste, ma l’America è più violenta»”. Dice Sandra Savaglio a Elena Dusi su “la Repubblica” – che titola: “Io, astrofisica negli Usa, sono tornata in Calabria perché cambiare si può”. Lei del resto viene da Marano Marchesato, dove “per fortuna negli anni ’70 la luce non aveva ancora preso il sopravvento sul buio”. Dove c’era poco “consumo del territorio”, poche case. E il papà aveva comprato un telescopio. Una ribelle, insomma, di carattere – figlia del papa?
Sandra Savaglio fu copertina di “Time” nel 2006, come simbolo di una generazione di ricercatori europei emigrati volontari negli Usa. Ma preso è passata in Germania, al Max Planck Institut, il Cnr tedesco, e anche di questo non ha buona memoria: “La Germania può essere maschilista: denunciai i soprusi contro una ricercatrice e mi feci dei nemici”. Il mondo è pieno di sorprese. Ed è tornata in Italia, in Calabria, a insegnare a Cosenza-Rende.
Le radici non muoiono – sono come il carattere, incancellabile. Anche a distanza possono insorgere. Nelle memorie, le forme verbali, espressive (dialetto), le parentele, le nostalgie. Che operano per gli emigrati, e per chi è rimasto in terra di emigrazione: segni di resilienza, come usa dire, di continuità, di radicamento nello sradicamento, di stanzialità, di restanza come dice l’antropologo Teti. Più che di identità, come vorrebbe l’ideologia di moda, che invece è fluida – conformabile. Le forme dilettali (idiomatiche, storiche), il rapporto genitoriale forte, gli usi culinari (i cibi ma anche, al Sud, il pranzo in comune), e anche la nostalgia, per quanto dissipati o mal riposte, continuano a interagire. Sopravanzando anche le delusioni: è sempre difficile che i luoghi d’origine colmino le attese (ma questo è vero anche per il turista, una delle cui regole-base è non tornare mai sui luoghi di una grande emozione). C’è una persistenza delle emozioni.
La persistenza è legata alle orini extraurbane – anche questa è una costante. La città di origine non la stessa emprise.
C’è nello sradicamento, nell’atto di emigrare, perfino dopo una generazione, due, una sorta di schizofrenia inconscia. Tra il territorio diverso, anche a distanza non oceanica, la lingua diversa naturalmente, i tempi, i modi, il diverso flusso dello stesso eloquio – l’italiano, per esempio, è diverso a Napoli e a Roma, o a Firenze, o a Torino. Oltre alle inevitabili divergenze di socialità, di attitudinalità. Un estraniamento che si compensa intimamente con la persistenza, più o meno riflessa – va anche in automatico. Anche quando è rifiutata – quando l’assimilazione è radicale. Sono ambivalenze ritornanti nella letteratura degli esuli, anche se volontari e non forzati – degli esuli sull’esilio.
Ove questa ambivalenza manca, svanisce, si resta indifesi. Si rileva, per esempio, in Paul Celan, poeta tedesco in terra francese, che ha trascurato tutto della Romania, dove è nato e cresciuto fino ai vent’anni, e probabilmente delle origini ebraiche – non ce ne sono trace nella sua poesia.
Un radicamento non legato alla nostalgia. Che è un altro stato d’animo. Voluto e non voluto – inconscio. Anche malgrado se stessi. Come un substrato, in un formazione tellurica multistrato.
 
Piove sul bagnato
Circolano, dopo le alluvioni in Emilia-Romagna i dati Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) sul “consume di suolo”, a uso edificatorio. Le più alte percentuali di consumo annuo sono delle regioni più ricche e industrializzate. L’Emilia-Romagna è la quarta regione in Italia per “consumo di suolo”, dopo Lombardia, Veneto e Campania. Terza tra le regioni che hanno registrato l’incremento maggiore negli ultimi tre anni, 2020-2022, dopo Lombardia e Veneto. Tra le città, Ravenna è stata seconda, negli ultimi anni, dietro Roma.
Il Sud, eccetto la Campania (la aree metropolitane di Napoli e Caserta), viene agli ultimi posti, con percentuali irrisorie.
Piove sul bagnato non si può dire, poiché in Romagna è stato un disastro, ma il tema non è da scartare. Tra delocalizzazioni e migrazioni, interne ed esterne, crescere produttivamente per contiguità implica risparmi aziendali. Ma minaccia il territorio. Il ricacolo dei costi aziendali\locali che tenga conto anche dei rischi ambientali legati al consumo del suolo contribuirebbe forse proficuamente ai costi aziendali e al riequilibrio territoriale.
 
Milano
Nelle tante celebrazioni di Scalfari non si è detta una cosa pure singolare: che il suo giornale, pur conoscendo Milano, di cui era stato anche deputato, aveva volute romano. Una sfida tanto più ardua progettando, da Roma all’editoria milanese. E c’era anche riuscito, non fosse stato rimosso da “Milano” – dai debiti, suoi personali e di Carlo Caracciolo, con De Benedetti (il declino di “Repubblica” cominciò con la cessione forzosa).
   
Roberto De Zerbi, allenatore di calcio, è divenuto famoso in pochi mesi al Brighton, in Inghilterra, un club si serie B, in Premier League solo da sei anni. Consacrato ieri da Guardiola: “Il suo Brighton crea 20-25 occasioni a partita. Monopolizza il pallone come non vedevo da tempo. È unico, come un ristorante stellato Michelin”. De Zerbi la Procura antimafia di Milano, Boccassini e Storari, cinque anni fa lo voleva in carcere, con l’accusa di avere preso in nero 15.050 euro dal Foggia Calcio. Un’elemosina - per un allenatore di calcio una vergona. Poi la cosa finì nel nulla,  insieme con i fulmini sul Foggia Calcio.
De Zerbi è di Brescia, ma di papà calabrese. E allenava il Palermo e il Benevento, dopo il Foggia.

Che ci azzecca l’antimafia di Milano col Foggia Calcio? Ci azzecca perché uno del Foggia Calcio pretendeva di fare l’imprenditore a Milano. Un mafioso per definizione, anche se senza interfaccia milanesi, vittime o complici. L’antimafia di Milano è durissima, eccetto che con i milanesi – mai nessun condannato, nemmeno uno inquisito.

Piero Amara, un consulente dell’ufficio legale dell’Eni, persa la consulenza si vendicò montando un caso Eni-Nigeria, di tangenti multimilionarie, poi sgonfiato, e una loggia massonica coperta “Ungheria”. Ricevendo credito dallo stesso giudice Storari, passato dall’antimafia agli affari correnti. Che ci ha prosperato nei media, diffondendo i nomi della loggia segreta, in massonico numero di 66, attraverso il suo sodale al Csm, Davigo. Ora Amara, messinese, dovrà risarcire i 66 che ha calunniato. Storari e Davigo, lombardi, no – ogni tanto se ne chiede una sanzione al Csm, ma vengono sempre assolti.
 
Maestro di Resistenza il 25 aprile, con accenti di fuoco - “affila il colpo”, assicura il “Corriere della sera” – il sindaco Sala. Uno degli artefici dello spolpamento Telecom-Tim. Rimesso in carriera da Letizia Moratti, quando era sindaca, berlusconiana - una cui “Milano” ha negato la partecipazione al 25 aprile.
 
“Nelle strade di Milano sfilano in 100 mila”, strilla il “Corriere della sera” per il 25 aprile. Un  miracolo, in effetti, in una città deserta dalle tredici di venerdì 21, causa ponte.
 
Milano è “la metafora dell’amore” per i Baustelle, band di origini toscane. Non è vero, non ci sono grandi storie passionali, i narratori milanesi non ne hanno, Porta, Manzoni, Gadda, Scerbanenco, Arbasino, Testori, ma l’attrattiva evidentemente c’è.
 
Antonella Sciarrone Alibrandi, docente alla Cattolica Milanese, di padre messinese e madre di  Reggio Calabria, è milanese professa. Intervistata dal “Sole 24 Ore”, ricorda così l’adolescenza in zona San Siro: “Ricordo bene i picchetti e gli scioperi con le catene. Il quartiere di San Siro era residenziale….Era poco toccato dalla malavita di Francis Turatello e di René Vallanzasca  che aveva in mano la città. Ma la criminalità politica era ovunque”. Anche a San Siro, intende: “Una mia vicina di casa e compagna di classe si chiamava Francesca Marangoni. Qualche volta suo padre Luigi ci accompagnava in macchina al liceo prima di andare al policlinico, dove era direttore sanitario. Il 17 febbraio del 1971 stava salendo dalla rampa del parcheggio di casa. Quattro brigatisti rossi bloccarono l’auto e lo uccisero. Francesca, come me, aveva sedici anni”. In effetti, il segno di Milano è la leggerezza.
 
Gian Arturo Ferrari confronta, nel suo “romanzo” dell’editoria, di cui è stato megadirigente, “Storia confidenziale dell’editoria italiana”, “l’antica bottega dei grandi editori milanesi” a Torino, Boringhieri, dove ha lavorato, Einaudi, “disciplina”, “stile”, “aristocrazia culturale, dello spirito, orgogliosamente portata”. Ma dei “milanesi” aggiungendo: “Che proprio per questo sono diventati grandi”, niente stile e niente aristocrazia.
 
È la terza città più cara per viverci in Europa, dopo Londra e Lisbona- se ne parla per gli affitti agli studenti fuori sede, ma è cara per tutti. E la terza vita più inquinata al mondo, dopo Teheran e Pechino. Ma è contenta di sé, che sempre si elogia.
Dell’allegria milanese fa parte buttare la spazzatura sui piani di sotto, da Firense in giù. Ma l’Italia non si oppone, l’opinione si fa (sempre) a Milano.
 
Le borseggiatrici della metro postate in rete sono una violenza? Violenza delle borseggiatrici o violenza alle borseggiatrici? Milano sostiene l’una e l’altra cosa, non si perde nulla.
 
Era una cittadina all’unità, benché capitale del Regno Lombardo-Veneto: contava 169 mila abitanti nel 1861, duemila più di Palermo. Dietro Torino, 205 mila, Venezia, 340 mila, Roma esattamente  433.044, e Napoli, 447.765.

leuzzi@antiit.eu

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