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Capitalismo di Stato made in Usa
Il liberismo americano, che viene
imposto al mondo attraverso il Fondo Monetario e la Banca Mondiale (le “riforme”)
si coniuga negli Stati Uniti a un massiccio intervento pubblico. Per
infrastrutture non solo, molto di più per quello che viene detto politica industriale,
incentivi e contributi alla produzione. Non solo nelle crisi, come è stato nel
2007-2008 per prevenire il collasso bancario e salvare i depositi, ma come vere
e proprie sovvenzioni alla produzione.
Si dibatte ora al Congresso sull’innalzamento
del tetto al debito pubblico, che in America è fissato per legge. Ma non è
una novità: ogni pochi anni questo
limite viene innalzato - serve da freno non da ostacolo alla spesa pubblica,
specie quando è produttiva, un aiuto alla produzione.
Questo aviene con le amministrazioni
democratiche come con le repubblicane, teoricamente più liberiste. La
presidenza liberista per eccellenza, quella di Reagan, con la semplice Strategic
Defense Initiative, il programma militare spaziale, effettuò investimenti massicci
nella ricerca scientifica e tecnologica del comparto militare-industriale – vantando
ricadute su tutto il sistema produttivo. Di molto maggiore impatto è ora la politica
industriale di Biden, con le due leggi di un anno fa, Inflation Reduction
Act (Ira) e Chips and Sciencce Act.
La presidenza Biden fa valere,
nel dibattito in corso con il Congresso sull’innalzamento del tetto all’indebitamento,
che esso è necessario per contrastare il capitalismo di S tato cinese. Che opera
senza vincoli di bilancio. Ma Biden viene dopo Obama, anch’egli trasgressivo ai
limiti di legge, che veniva dopo Bush jr. e le sue guerre, che veniva dopo
Clinton, uno scialacquatore, che veniva dopo un dodicennio repubblicano non
molto virtuoso.
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