C’erano tre milioni di russi in Italia, comunisti
Una
triplice crisi, politica, familiare, registica, “faccio un film ogni cinque
anni”, e Moretti ritorna se stesso, dopo aver tentato il “dramma borghese” (?).
Un po’panciuto, ma col vecchio lampo - proprio quello degli inizi, woodyalleniano: lo sguardo fisso, ironico, tagliente, con
le battute da compagno ripetente un po’ fissato che “tagliano la testa al toro”
(?), sentenzioso, minaccioso. Situazioni, monologhi e battute a ripetizione. Leggere e insieme acute.
Un
cabaret filmato. La
“vecchia” ricetta “Caro diario” ma non più a episodi, con una storia, un filo conduttore: “Siamo
stati comunisti”. Si inizia con il grande tavolo degli sceneggiatori e collaboratori,
uno dei quali chiede: “Ma ci sono stati comunisti in Italia?” E all’assicurazione
che sì, che nel 1956 c’erano tre milioni di iscritti, si meraviglia: “C’erano
tre milioni di russi in Italia….”.
In
filigrana un sasso grosso nel pantano della dimenticanza. Si trascura – non è
corretto? non conviene? c’è una censura? – che abbiamo avuto per molti decenni,
e di rilievo condizionante per la Repubblica, un partito sovietico. Il “sol dell’avvenire”
è quello che non si è alzato nel 1956, alla prima manifestazione arrogante dell’imperialismo
sovietico, in Ungheria. Prima o poi se ne dovrà pure parlare, ci sarà ancora
qualche storico in Italia, e Moretti ha cominciato. Nella scena finale già famosa, primo annuncio del nuovo film in lavorazione, con la sfilata ai Fori sull’elefante, sullo sfondo del Colosseo, produce un
caleidoscopio di facce - amici, parenti, teatranti, Bonaiuto, Carpentieri,
Rohrwacher… - di cui alcune in maschera, da Togliatti, Iotti, Pajetta, come a
dire: nel 1956 c’erano, sono loro che vollero il partito sovietico.
Ma
la politica non avvelena il resto, che è molto. Molte le scene da cult. Il Grande Autore - al cellulare con i sommi, Scorsese, Piano. Il pater familias che nessuno si fila – lasciato solo col gelato della Gourmandise monteverdina, a via
Cavallotti. Il padre distratto - o la scoperta della figlia. Lo psicologo. Il compagno moralista. Lo zoccolo - il sabot. Netflix e i tempi della narrazione, i minuti, i secondi.
Curiosamente,
il pubblico non ride. E sembra apprezzare, dall’applauso finale che pare sia di
prammatica (?), il film come un “amarcord”. Mentre invece è una critica – una “critica
feroce”, come si dice siano le critiche. Morettiana, col ghigno frontale, dell’occhio
fisso, finto tonto - da trickster, la dimenticata maschera Giufà.
Nanni
Moretti, Il sol dell’avvenire
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