Cronache dell’altro mondo – razziali (232)
“Sono diventata Nera in America.
Non è stata una scelta – la pelle color cioccolata vi predisponeva – ma una
rivelazione”.
Per il decimo anniversario della
pubblicazioni di “Americanah”, il romanzo che he ha fatto un’autrice americana
importante, la scrittrice nigeriana Chimamanda Adichie si chiede nell’introduzione
alla riedizione se ha fatto bene, a emigrare.
“Non avevo pensato mai prima di me come «Nera»: non ne
avevo bisogno, perché seppure il colonialismo britannico ha lasciato in Nigeria
molte brutte eredità, l’identità razziale non era una di queste”. Non come in
Sudafrica. “In Nigeria ero Ibo e cattolica romana, e anzi nel gentile campus
universitario entrambe le connotazioni non avevano rilievo significativo sul
mio procedere nel mondo”.
La lista Adichie fa lunga dei problemi che la razza
comporta in America. “Essere Nero in America è stato sentirsi schiacciato (bulldozed) dal peso della storia e degli
stereotipi”, etc., - “essere Nero era sentire, in ogni circostanza,
frustrazione, rabbia, irritazione, e ironico divertimento”.
In questa chiave, Adichie si dice grata all’America per
avere scoperto una letteratura afro-americana, “storie piene di grinta e grazia”.
Di questa letteratura pensa ora di fare parte, “ma obliquamente: come qualcuno
che sta fuori della cultura americana, una persona Nera senza la storia
degradata dell’America”.
“Americanah” era già sugli africani d’America: emigrati che
ritornano e non riconoscono, affettano di non riconoscere, paesi, persone,
lingue, abitudini.
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