Il figlio della regina, della regina Elisabetta – a Bagheria
C’è
“Il figlio della regina”, è siculo ma è lui, figlio della regina Elisabetta, e
fa le stesse cose – “è un lupo nottambulo”. “Francisi e taliani” pari sono,
come oggi, litigando. C’è un mondo variegato, per lo più di poveracci, che non
fanno le cose dei romanzi ma quelle di vita ordinaria. Il fattorino di banca,
sette figli, trasferito solennemente da Palermo a Milano. Il “maresciallo di
carrriera nella fanteria,\ congedato per alienazione mentale,\ aveva
fatto la prima e la seconda guerra mondiale”, con dodici medaglie. Su una tela di
“sicilitudine” diversa, velenosa, di chiacchiere vuote e nessuna compassione - qual è di fatto, si può attestare. Un “Invito a cena”
con sospetto di cannibalismo.
“Racconti
in versi” è il sottotitolo. In lingua, di versi sciolti, al ritmo teatrale. Con
un’appendice in siculo e in lingua, di ballatette cantabili, in ottonari e
settenari rimati. Un tentativo di Ignazio Buttitta di uscire dal cliché del cantastorie vernacolare. Con una nota e un
poemetto dallo stesso titolo del libro, per dire il desiderio: “La mia vita
vorrei scriverla cantando”. Limitandosi poi a evocare la balia che lo inchiodò
alla preghiera notturna. Fino alla prima amante, “una vecchia bigotta,
visionaria”.
Racconti
fantasiosi, ma di aneddoti reali, singolari. Con la prefazione di Roberto Roversi,
che però conferma Buttitta e lo consacra
teatrante: il libro “è molto spettacolare,
l’attore è sempre in scena, adattando la voce, fingendosi diverso”, one man’s band, “ma è lui, lì, con la
sua (bella) faccia che ride, ruumoroso, sapiente”. E in conclusione l’elogio, in lingua, del
paese – “c’è un paese straordinario in Sicilia.\ è Bghneria, il paese di Renato
Guttuso.\ Eccelle in tutti i campi”.
La
ballata, in siculo e in lingua, “I fratelli Cervi” introduce una nota di
Zavattini, che racconta, nemmeno per scusarsene, come non sia mai andato a
trovare papà Cervi, siamo nel 1968, anche se “Campegine dista una ventina di
chilometri dal mio paese, basta salire in una delle tante auto” - o
dell’inutilità delle prefazioni (“le prefazioni sono un vizio”, lui stesso premette).
Ignazio
Buttitta, La paglia bruciata,
Universale Feltrinelli, p. 165b pp.vv.
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