lunedì 1 maggio 2023

La prima monaca di Monza

“The History of tyhe Nun” è il titolo originale. Con un sottotitolo che dice tutto: “The Fair Vow-breaker”, la bella che ruppe i voti. La ribelle Aphra Benn, romanziera polemica, la primissima romanziera moderna, fa la moralista. L’edizione italiana presenta il racconto come denuncia della “repressione del desiderio femminile”.  Che sarebbe nelle corde della “scostumata” Benn. Ma qui il racconto costruisce in chiave moralista: il desiderio viene punito per sua colpa.
La prima pagina è di perorazione femminista, quale ci si attende dall’autrice: ”Senza dubbio, le donne sono per natura più costanti e giuste degli uomini, e se i loro primi amanti non insegnassero loro il trucco dello scambio sarebbero colombe, che non abbandonerebbero mai il loro compagno, e, come le mogli indiane, salterebbero vive nelle tombe dei loro amanti deceduti, per farsi seppellire presto con loro”.
La seconda è però una perorazione contro lo spergiuro, quale sarebbe infrangere i voti. Soprattutto quelli monacali, “sacri”: “Potrei da sola, a mia sola conoscenza, dare un centinaio di esempi delle conseguenze fatali  della violazione dei voti sacri”.  Sembra uno spoiler, un’anticipazione del plot, ma il racconto non per questo perde mordente, il ritmo e gli incastri tengono – è semplice, oltre che breve, poco accade, ma memorabile
L’intento è edificatorio. Essendo stata a sua volta “designata come umile novizia in una casa di devozione”, la narratrice si rende conto che la scelta dei voti dovrebbe essere fatta in età adulta. Con cognizione di causa. E non per un “disegno dei genitori”.  Non potendo “fare le leggi, né modificare gli usi”, conclude, si affida allora alla penna. Ma parliamo di monasteri ricchi per persone ricche e belle, con parlatorio privato, anche se dietro una grata.  
Un racconto gotico in chiave realistica, di vita ordinaria. Una giovane giglio di purezza e angelo di bellezza, crescita in convento, da un padre amorevolissimo e da una zia badessa ricchissima, ammiratissima da migliori giovani di Fiandra, finisce per avere, senza sua colpa, due mariti. Una storia lenta, ripetitiva,
 per tre quarti del racconto, che assume nelle ultime pagine ritmi velocissimi e drammaticissimi. Un po’ schematici – schematizzati, non raccontati, non sviluppati: lo stesso canovaccio è in Manzoni molto più drammatico (curioso che la somiglianza dei due racconti non sia stata rilevata). Ma di un noir prima del noir, ben prima.
Una autrice che si viene rivalutando. Come prima scrittrice professionale inglese (una delle prime, in realtà), nel secondo Seicento. E come donna di liberi costumi, con amanti di ambo i sessi – per questo celebrata da Vita Ssckville-West, con una biografia romanzata, “The Incomparable Astrea”, e da Virginia Woolf, che la ricorda brevemente in “Una stanza tutta per sé”:- il prototipo del genere queer in voga, o del no gender.  In realtà donna determinata, che altre ritualità semmai ha introdotto tra i letterati inglesi. Figlia di un barbiere e di una levatrice, finita non si sa come nel Suriname, allora inglese, contestato agli olandesi. Stuartiana convinta, nell’età della Restaurazione, di Carlo II (ora si incorona il terzo Carlo….). Nata Aphra Johnson, prese il nome da un marito Johan Benn di cui altro non si sa – forse mercante olandese incontrato nel Suriname.
Prima di diventare famosa come poetessa, romanziera e drammaturga ha una vita di sua invenzione, posteriore. Compreso probabilmente il passaggio come novizia in convento, spinta da genitori per definizione ricchi e potenti. Ma in Suriname c’è stata, ha scritto da lì molte lettere, conservate.  Carlo Il l’avrebbe mandata spia a Anversa, contro gli olandesi, nome d’arte Agente 160, oppure Astrea, durante la Seconda Guerra Anglo-Olandese – primo autore inglese a volersi spia, moda perpetuata fino agli anni 1970. Salvo tornare a Londra dopo pochi mesi, a sue spese. E finire in prigione per debiti, malgrado la protezione regale, asserita. Probabilmente cattolica per molti indizi, tra essi l’attaccamento agli Stuart. Fu attiva anche in politica, tra i Tories, a Westminster, oltre che fertile scrittrice. Tutto in 49 anni di vita.
Il suo nome è stato perpetuato a lungo solo per il romanzo “Oroonoko”, il primo romanzo europeo moderno, e il primo (e a lungo l’unico) storicamente fondato. Molto “contemporaneo” anche questo: il romanzo di un principe africano ridotto in schiavitù, nel Suriname.
Aphra Benn, La monaca, Lorenzo dei Medici Press, pp. 80 € 14
 

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