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Bicenzone
–
Sono le cambiali in dialetto napoletano,
in alcuni testi lievi dell’abate Galiani, l’economista. Derivato, secondo Antonio Altamura,
specialista del dialetto napoletano (“una lingua”), dai “tempi in cui
giungevano (a Napoli) da Besançon i primi avvisi di tratte e cambiali per merci
acquistate in Francia”.
Colonie – Hanno generato
serie fantastiche di francobolli: grandi, colorati, esotici. Pondichéry e Chandernagor,
Zanzibar, con lo yacht Hohenzollern, come il kaiser, Trinidad&Tobago ancora con
la faccetta della regina Elisabetta.
Crasso – Viene da Crasso,
come non pensarci, Marco Licinio Crasso, l’uomo più ricco della Roma repubblicana,
e probabilmente della storia, se il suo patrimonio poteva essere valutato da Plinio
il Vecchio in 200 milioni di sesterzi, oggi qualche trilione di dollari. Il nome
prende il senso comune
dal desiderio dell’arcimilionario romano di ulteriormente arricchirsi con le
prede di guerra, nonché
di nobilitarsi militarmente, che lo portò nel 53 a.C., a sessant’anni, a proporsi
per la “pacificazione”
della Siria. Una vittoria militare gli avrebbe meritato il “trionfo”, il segno
di massima
distinzione aristocratica – suo padre, console, l’aveva ottenuto per meriti militari.
Dalla Siria,
dove si distinse per il primo saccheggio del tempio di Gerusalemme, pensò di conquistare
la Partia - più o meno l’attuale Persia. E gli finì male: il suo
interprete-guida tra i
Parti
lo fece perdere nel deserto, lui e le sue legioni, girando in tondo, finché, stremati, non divennero
preda facile. La sua testa fu mandata al locale signorotto, che gli versò oro
fuso in gola, pronunciando la solita frase famosa: “Saziati di ciò che bramavi in vita”.
Destra-sinistra
–
La sessuofobia le accomunava, accomunava le estreme, non molto tempo fa, ancora nell’ultimo
Novecento. Racconta Ruggeri, il cantante,
a Renato Franco sul “Corriere della sera”: “Ricordo una volta in tram, avevo un
album di David Bowie, venni fermato da alcuni «compagni» che mio chiesero:
«Perché ascolti quel frocio qualunquista?». In quegli anni la sinistra era
omofoba, oggi non lo ricorda più nessuno ma era così”.
Mamma
mia - “Grazie all’albumn e alla franchise
(licenza. N.d.r.) Mamma mia, gli Abba sono stati in grado di dominare l’industria
della musica”, è il blurb promozionale
del docufilm sul gruppo svedese.
Manomorta – Anche l’appropriazione
dei beni pubblici, questo esercizio fondamentale della cosiddetta borghesia, in
Italia viene da Crasso, il corrotto-corruttore per antonomasia, al punto che
nessuno vi faceva caso. Di famiglia illustre, ebbe padre e fratello maggiore trucidati
dai partigiani di Cinna nella guerra
civile dell’87 a.C.. Quando Cinna a sua volta fu trucidato e Silla vecchi tornò
in campo, Crasso dalla Spagna dov’era esiliato armò una legione per
ricongiungersi con lui a Roma. Nella lunga marcia si appropriò personalmente di
gran parte del bottino di guerra. Ottenne un successo militare nella battaglia
di Porta Colline, fuori Roma (contro truppe avversarie composte soprattutto da
Sanniti), quello che chiuse la guerra avviata da Silla, e nelle proscrizioni
susseguenti si attribuì la cura degli espropri. Che fece a vantaggio suo e dei
suoi amici.
La fortuna era già considerevole ma non
gli bastò. E a Roma inventò i “pompieri”: gli incendi nella città di legno
erano giornalieri, i suoi uomini intervenivano, e se il padrone dell’immobile
acconsentiva a cedergliene la proprietà, intervenivano, altrimenti se ne
stavano a guardare, applaudendo al fuoco
divoratore.
Fu console, più volte. Quando la sua
ricchezza fu minacciata dalla rivolta “di sinistra”, di Spartaco, organizzò una
repressione radicale. E nel 60 si prese il. potere politico, promuovendo il triumvirato
con Pompeo e Cesare. Si fece proconsole nella grassa Siria, dove saccheggiò il
tempio di Gerusalemme. E nel 53 puntò a estendere le depredazione nei confinanti
territori dei Parti, parte del moderno Iran, dove fus comfitto e ucciso.
(Curiosamente, anche il ricchissimo
Crasso ebbe il suo processo per una questione di donne, non una minorenne, nel
suo caso, né una sex worker, ma una
vestale, accusatrice ancora più insidiosa, che lo denunciò per molestie: Crasso
di difese asserendo che, per quanto lo riguardava, la vestale era sempre
vergine, e che lui solo un contatto aveva avuto, per comprarne i beni a buon
prezzo).
Manzoni
–
Si dà il romanzo storico come diffuso e dominante nei suoi anni formativi,
sull’onda del successo di Walter Scott a partire da “Waverley”, 1814. E molti
si lanciarono nel genere. Puškin per esempio ci provò in tutti modi, anche se spesso non portò a termine le
ricerche - e i racconti a esse legati. Ma è anche vero che la storiografia, il modo
di fare storia, era nel primo Ottocento
molto discusso. Anche per effetto delle sue trasposizioni romanzate.
Si vuole che “la sventurata rispose”, la
storia della ”Monaca di Monza”, l’abbia tratta da un fatto di cronaca – un’importante
mostra è stata allestita su questo alla Villa reale di Monza. Alla Stendhal - da
cui però Manzoni era alieno. Un precedente analogo, anche se i particolari sono
diversi, è invece il romanzo dell’inglese Aphra Benn, “Storia di una monaca” – un
romanzo del secondo Seicento, ancora noto a fine Settecento-primo Ottocento.
Otto
cilindri –
Si volevano a otto cilindri le macchine americane gran turismo ancora negli
anni 1970, dopo la crisi del petrolio. Mentre le grandi macchine europee, Rolls
Royce, Mercedes, spiega Jack, uno dei personaggi del romanzo “suburbano” di
Philp K. Dick, “Confessioni di un artista di merda”, andavano a sei cilindri.
Proust
– Si
potrebbe dire un benpensante. L’omosessualità che praticava nei bordelli (arrivando
a fornire, a uno di questi da lui particolarmente apprezzato, il mobilio di maman, l’odiosamata), e anche nella “Ricerca” nel personaggio
femminilizzato di Albertine, ridicolizza nel barone Charlus.
E si profonde, e la testimonia nella
“Ricerca” e in altri scritti, nella pietà religiosa, cristiana, cattolica.
Sull’omosessualità, maschile e femminile,
punterà la pubblicità, come novità della sua narrazione, prude, scandalosa, per promuovere le vendite. Ma sarà nel 1926, quando lui era morto da un pezzo.
Russia
–
Si è voluta anche scandinava, invece che slava - vuole essere tutto ma non sa che? Nel primo Ottocento, digerita la
modernizzazione, o “germanizzazione”, del paese a opera di Pietro il Grande a
fine Seicento (Pietro era anche quello che aveva sconfitto infine gli Svedesi),
discusse se le origini della cultura russa andavano ricercate nel mondo slavo o
in quello scandinavo. L’argomento è ancora trattato da Puškin nel tìracconto “La
storia del villaggio di Goriukhno”.
Russia-Germania - I bojari
(boiardi) che Pietro il Grande obbligò all’europeizzazione, ne parlavano come di
una “germanizzazione”. Nel grande pranzo della famiglia di bojari al cap. 4 del
romanzo incompiuto di Puškin, “Il negro di Pietro il Grande” – la famiglia dove
il bisavolo africano dello scrittore verrà accasato dallo zar – si critica la
modernizzazione forzata di un personaggio, reduce peraltro dalla Francia, con i
“meeesyou, le mamzel e i pardò”, e come “non il primo e non l’ultimo a tornare
alla santa Russia dal quelle terre tedesche senzadio come un completo buffone”.
La modernizzazione di Pietro il Grande guardava a Parigi quanto ai modi in
società e al linguaggio (all’Italia per l’architettura e le arti figurative), e
alla Germania (con Olanda) per le tecniche industriali e di costruzione.
Due generazioni più tardi, quando in effetti
molti tedeschi, fino a un paio di milioni, si stabilirono in Russia, aderendo ai piani di ripopolazione di
Caterina II, si trattava per lo più di contadini, emigranti per bisogno (gli
emigranti “economici” di oggi) – sceglievano la Russia invece delle Americhe, o
delle colonie: i tedeschi del Volga, i tedeschi del mar Nero o di Crimea, i
tedeschi di Bessarabia (poi Romania, poi Ucraina e Moldavia). Grandi masse che
nel secondo Ottocento-primo Novecento riemigrarono verso il Nord America, e
verso il Paraguay. Ma una robusta minoranza è rimasta in Russia: circa 600 mila
russi si definivano di etnia tedesca all’ultimo censimento, e quasi tre milioni
tedescofoni.
Selfie
–
Fanno parte dello storytelling personale,
inteso come auto-narrazione, auto-rappresentazione. È l’esito di uno studio
dell’università di Tubinga, di un gruppo di lavoro guidato da Zachary Niese.
Pubblicato sulla rivista “Social Psychologic and Personality Science”: le foto scattate
da altri ci ricordano un momento della nostra vita, le foto fatte dalla nostra
prospettiva personale aiutano invece a ricostruire le sensazioni provate
durante un evento.
Un’estensione dell’autobiografia, intesa
come autocelebrazione. La diaristica minore che prolifera come gramigna - e
sembra esaurire tutta la letteratura: non c’è altra editoria, evidentemente non
ci sono altri lettori, solo gente che si specchia negli eventi minimi, comuni. E
che è all’origine della decadenza della letteratura – non ci sono più linguaggi
ma rappresentazioni (autorappresentazioni di preferenza). Sul principio dell’onanismo.
letterautore@antiit.eu
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