giovedì 1 giugno 2023

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (527)

Giuseppe Leuzzi


Al Festival dell’Economia del “Sole 24 Ore” a Trento si esuma uno studio del 1998 sulle imprese familiari. In particolare sul passaggio delle consegne tra fondatori e figli. Da cui risulta che il 65 per cento degli imprenditori del Nord, due su tre, non si fidava del figlio, “indipendentemente dal suo titolo di studio”. Contro il 65 per cento degli imprenditori del Sud che “mostravano un atteggiamento aperturista nei confronti dei figli, purché laureati”. La laurea non distingue – distingueva? – al Sud solo per il posto pubblico.
 
Insolita misura per l’annuncio dell’operazione anti-droga che ha visto alcune cosche calabresi utilizzare per il riciclo del denaro “spalloni” cinesi, intermediari nella trafila del riciclaggio. Una indagine fattuale, evidentemente, senza le solite chiacchiere di preannunci, annunci, retroscena, e arresti di chi capita a tiro. Fare è molto meglio che dire, soprattutto con i criminali, mentre la mafia da troppo tempo è solo fatica, con l’accento sulla prima a.
 
Sicilia redenta
Rivisto, il film “Sorelle per sempre” di Porporati colpisce, oltre che per l’intreccio, comunque derivato da un fatto di cronaca, per “il bene del vivere che caratterizza la Sicilia” – come pensava Alberto Sironi, il regista dei miracolosi “Montalbano” filmici.
Due madri scoprono che le loro figlie amatissime, sei anni prima, alla nascita la notte di Capodanno, sono state scambiate nella culla. Alla fantasia un po’ nevrotica di una delle due succede la conferma, delle compatibilità sanguigne e del dna, quando le bambine hanno sei anni, e quindi una vita di relazioni inalterabili con i genitori putativi.
Un’idea di film nata probabilmente nel quadro della delegittimazione della famiglia, nell’ideologia corrente di “diritti”: la procreazione non ha senso, il legame “naturale”, animale, madre-figli, il rapporto genitoriale è aperto, e così via. Invece è un film che si fa amare. Oltre che per la storia in sé, come Porporati poi la racconta, di due madri che vengono a sapere che le figlie adorate, allattate, accudite, vezzeggiate, non sono “le loro”, anzi di più, per una rappresentazione insolita della Sicilia, cioè non di mafia o turistica. Un contesto di urbanità. Di padri amorevoli e di aiuto in casa. Della famiglia unita malgrado tutto. Nonni compresi, non sentenziosi e non balordi.
È la chiave del successo duraturo del Montalbano di Camilleri, specie nell’adattamento di Sironi e Degli Esposti, il produttore. Che hanno dotato i racconti di interni ed esterni gentili e accattivanti, che nella scrittura non ci sono. E i personaggi (facce, abbigliamento, modi) hanno affidato alla recitazione molto teatrale di tanti siciliani teatranti – il siciliano è teatrante, era una maschera in antico, il Siciliano. Sul tema si può leggere su questo sito “Restituire Montalbano a Sironi e Degli Esposti”
http://www.antiit.com/2021/04/restituire-i-montalbano-sironi-e-degli.html
e “Sicilia magica”
http://www.antiit.com/2019/08/camilleri-entusiasta-e-triste.html
Il regista Sironi, dimenticato, in un rarissimo intervento, che “Micromega” gli ha infine chiesto, per lo speciale 2019 su Camilleri, spiegò solo che aveva voluto rappresentare “il bene del vivere che caratterizza la Sicilia”.    
 
Mediterranean Smyth
“Mediterranean Smyth” è il nomignolo dato in patria, al suo ritorno, al capitano di Marina, poi ammiraglio, William Henry Smith, che aveva operato in Sicilia a protezione del re delle Due Sicilie durante gli anni di Napoleone. A Messina, il 7 ottobre 1815, a 27 anni, si era sposato con Eliza Anne Warington, “Annarella”, anche lei ventisettenne, figlia del console inglese a Napoli. Con la quale fece undici figli, molti divenuti per qualche verso celebri – tra essi il secondogenito, Charles, astronomo, egittologo e esoterista, che prese il nome di Piazzi, Charles Piazzi, dall’astronomo valtellinese Giuseppe Piazzi, che aveva fondato a Palermo l’Osservatorio astronomico di Palermo, con cui il padre, che praticava anche l’astronomia, aveva stretto amicizia, facendone il
 padrino di battesimo del figlio.

Wiliam Henry Smith era arrivato in Sicilia nel 1813, a 25 anni, col grado di tenente, nella “Sicilian flotilla” a difesa del Regno delle due Sicilie. Per questo servizio riceverà dal re di Napoli Ferdinando I l’ordine di San Ferdinando e del Merito. Ma la sua attività era soprattutto di rilevazioni idrografiche.
Di famiglia povera si era imbarcato come mozzo a 124 anni su un mercantile. Quando il mercantile fu requisito dalla Marina, entrò in Marina come marinaio. E in Marina era stato poi praticamente su tutti i fronti in cui si dava battaglia col naviglio napoleonico: in Asia, sella Schelda, a Cadice, a Tolone.
Promosso comandante nel 1815, al comando del brigantino Scylla, rimase nel Mediteraneo, continuando le rilevazioni della costa della Sicilia, della costa tirrenica calabrese, e delle costa  libico-tunisina del canale di Sicilia. Due anni più tardi le rilevazioni divennero il suo incarico ufficiale, al comando della nave da trasporto “Aid” – poi ribattezzata “Adventure” e addetta alle rilevazioni in Patagonia, accompagnata dal “Beagle” al suo primo viaggio, il brigantino che alla seconda missione porterà per il mondo il neo laureato naturalista Drwin, per una serie di osservazioni (“Il viaggio del Beagle”) che apriranno la strada all’evoluzione e alla selezione naturale. Con l’“Aid” Smith completò la ricerca idrografica del basso Tirreno, della Sicilla, di parte della Grecia, e della Sirte (a Leptis Magna fece incetta di colonne, statue, busti, marmi di ogni genere, sull’esempio di lord Elgin vent’anni prima ad Atene - ma non per la sua sua villa in Scozia, che non aveva: per i musei inglesi). Realizzò una serie di carte che saranno in uso alla Marina britannica ancora dopo la seconda guerra mondiale. Da qui il soprannome. Lavorò anche nell’Adriatico, d’intesa col Regno di Napoli e con le autorità austriache, realizzando nel 1822-24 una “Carta di Cabottaggio (sic!) del Mare Adriatico”.  
Questa sua attività descrisse in un “Memoir description of the Resources, Inhabitants, and Hydrography of Sicily and its Islands” , 1824. Cui fece seguire nel 1828 uno “Sketch of Sardinia”. Per le ricerche nel Mediterraneo fu insignito tardi, nel 1854, della Founder’s Meal della Royal Geographical Society. Una delle sue figlie, Henrietta, sarà la madre di Robert Baden-Powell, il fondatore dello scoutismo.


Sudismi\sadismi - L’evasione del Sud
Sintetico e apodittico Cazzullo sul “Corriere della sera” rimprovra un lettore a cui non piace il ponte sullo Stretto: la Sicilia, spiega, “nella classifica dell’evasione fiscale – per importo evaso ogni 100 euro di gettito, dati del ministero dell’Economia – è quarta, dopo Calabria, Campania, Puglia, e davanti a Sardegna, Molise, Basilicata”. Il ponte faciliterà il pagamento delle tasse?
In realtà la classifica non è dell’Economia ma della Cgia di Mestre. Ed è statistica, numerica: tot reddito, tot tasse pagate. Non sa – non calcola - che al Sud il lavoro, autonomo e dipendente, è meno strutturato. Tolti gli impieghi pubblici, quelli regolari sono pochi – nel commercio prevale l’impegno familiare, per i servizi il rapporto personale. Per non dire i volumi, che sono incomparabili. La Calabria, record di evasione, 2 milioni di abitanti, fa mancare al fisco 3,3 miliardi. La Lombardia, record di virtù, 10 milioni di abitanti, ne fa mancare 14,6. Ogni lombardo quasi quanto il calabrese. L’evasione per abitante, invece che in rapporto al reddito è più significativa. Specie tenendo conto che in Lombardia, dove i rapporti di lavoro e affari sono più strutturati, è più difficile – meno “spontanea”, “naturale”.
 
Calabria
Ha rivoluzionato la filosofia nel Cinque-Seicento: le ha ridato aria a fronte della teologia, ha spostato l’ottica da Dio alla natura, “a rischio del carcere e del rogo” – “come è riconosciuto dallo stesso D’Alembert nella prefazione all’Enciclopedia” (Sossio Giametta, “Arthur Schopenhauer. Controstoria della filosofia”). Con Campanella e Telesio e Campanella – e con Bruno, Pomponazzi, Cardano. È dopo che si è persa?
 
Ignazio Buttitta, “La paglia bruciata”,  ha “un donna minuta minuta\ una tarantola intirizzita,\ l’amica, la moglie, l’amante?” di un pittore conosciuto occasionalmente, che gli fa: “Buttitta? Conosco le tue poesie.\ Calabrese sono”. E gli racconta di un viaggio Roma-Parigi, Parigi-Roma, “un discorso lungo”, della pittura del marito (“lo chiamava marito)” e della “Calabria selvaggia,\ l’infanzia,\ i morti,\ la madre pazza…\ Il padre vecchio,\ sclerotico,\ già presidente di Corte d’Assise.\ Un discorso sulla lingua,\ a palate”. Un ritratto dal vero, verosimile – la “donna del Sud” è piena di sorprese.
 
Stanley Tucci, l’attore americano, si vuole calabrese, benché da genitori già americani, figli di immigrati. Per gli “usi calabresi” con cui è cresciuto e a cui è legato, soprattutto il senso della famiglia: pasti in commune, con genitori e sorelle, cucinati, cinema e gite insieme, vacanze fino ai quindici anni insieme. Il padre legando al paesino di Marzi, tra i casali di Cosenza, a metà arberëshe per parte di madre. Della madre, segretaria di professione e scrittrice di gastronomia, riconoscendo e frequentando la parentela a Cittanova. L’uso familiare, materno, ha ricomposto nelle sue due famiglie, con la prima moglie, morta di tumore, e con la seconda, pure inglesissima. E ha ritessuto girando due anni fa una serie da lui ideata sulla gastronomia italiana, “Searching for Italy”, in sette puntate. In questo è sicuramente calabrese (come Gay Talese) – per alcuni le radici sono necessarie.
 
“A  true Calabrese parenting behaviour” ha Tucci nel suo libro best-seller di avventure familiari e culinarie, “Ci vuole gusto”, di un suo grande amico, il nobile calabrese Pino Posteraro, che, dopo aver provato a studiare  Medicina per tre anni, col fratello  Celestino gestisce un grande e rinomato ristorante a Vancouver, in Canada, “Cioppino’s”: “un comportamento da vero padre calabrese”. Pino si è sostituito d’imperio a servire il suo amico, rimproverando il camerierino che gli stava illustrando il menu: “Ma che fai, non ne ha bisogno, gli faccio io quello che vuole”. Sorridendo poi al rimprovero muto dell'amico: “È un bravo ragazzo”. Tutto molto calabrese, la Medicina, l’amicizia, la ruvidezza sopra i sentimenti.
 
Un altro cuoco calabrese di cui Tucci e moglie sono innamorati è Francesco Mazzei. Conosciuto sette anni fa, nel 2016, a capo del ristorante Michelin di Londra “L’Anima”, che ora è chiuso, lamenta. E invece Mazzei ora è al centro della scena londinese, a capo di tre ristoranti, spiega a un intervistatore: “Sartoria”, nelle strada dei grandi sarti maschili, Savile Road, per una cucina “con molti tocchi nordici”, milanese, tartufo; “Fiume”, “per la fascia media, con cucina del Centro-Sud, specie Campania”; e “Radici”, “una trattoria, del Sud Italia”. Mazzei, di Cerchiara, ordine al Merito della Repubblica, non ancora cinquantenne, è arrivato a Londra passando per Roma, il Grand Hotel, dopo la gelateria dello zio e la scuola alberghiera al paese. Ha conquistato Londra in dieci anni o poco più.

leuzzi@antiit.eu

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