Chiara bella e oscura
Il
racconto dei sedici anni, dal 1211, in cui la futura santa Chiara diciottenne scappa
di casa, si fa novizia (serva) in un convento di suore, naturalmente di clausura,
sente dire di Francesco d’Assisi, organizza un movimento di coetanee e altre avventurose
analogo a quello dei francescani, fino a quando non riesce a farsi approvare
una regola dal papa, rivoluzionaria, di monache nel mondo e non in clausura. Un
ritratto mediato dalla biografia di Chiara Frugoni, di cui la regista è stata allieva
alla Normale di Pisa, e quindi su temi femministi: la violenza maschile, di
padri, fratelli, papi, vescovi, qualche incomprensione c’è pure con Francesco.
Ma addolcito da Margherita Mazzucco nel ruolo della protagonista, che così è la
santa Chiara di tutti.
Pecato
per l’uso dell’italiano burino, alla Jacopone, che fa perdere una buona metà
del dialogo. Contribuisce alla realtà del tempo, così come i colori e le
scenografie brunite invece che solari, di povertà, anche cupa, e di isolamento.
Ma non è udibile. Questo “italiano
centro-meridionale” del Duecento non suona falso, ma è inaudibile – come anche nel
“Dante” di Pupi Avati. L’uso dei dialetti s’è diffuso nei sonori, dopo l’impiego
magistrale che ne ha fatto Copola nella serie del “Padrino” (nella serie
originale, non doppiata), ma è manierato - le cadenze romanesche, napoletane, siciliane,
o toscane, o baresi o lucana delle ultime serie Rai lo sono. Se si vuole
filologico, come le declinazioni campane di “Gomorra”, necessita dei sottotitoli.
Susanna
Nicchiarelli, Chiara, Sky
Cinema
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