Erdogan portato da operai e donne
Erdogan aveva vinto già al
primo turno. Aveva avuto 27,1 milioni di voti, 700 mila più che al primo turno
delle presidenziali 2018. Meno bene aveva fatto, nel parallelo voto
parlamentare, il suo partito, Akp, perdendo due milioni di voti sul 2018. Ma
aveva conservato la maggioranza relativa al Parlamento, col 35 per cento. E in
alleanza con due formazioni islamiste anche quella politica, 323 seggi su 600.
Erdogan ha vinto col voto operaio e femminile. Hanno votato per
lui due elettori su tre del milione e mezzo di votanti in Germania – con punte
più alte nella Ruhr, regione di fabbriche. E il distretto di Bursa, la quarta
città più grande della Turchia, al centro dell’industria automobilistica –
prima di Erdogan era “Bursa la rossa”. Ha votato per lui naturalmente in
Turchia l’elettorato islamico, confessionale. Ma, in questo caso, soprattutto
quello femminile.
La Turchia confessionale si tende a escludere, nelle analisi, dal
paese “moderno”, proiettato sul futuro. Cui invece naturalmente ambisce: benché
confessionale, è una borghesia, piccola e media, urbana e integrata nel tessuto
sociale. Che era a disagio nella di Ataturk, di cui l’esercito è stato
variamente il custode a lungo, del laicismo obbligato. Mentre con Erdogan ha
trovato riconoscimento sociale. Al voto
precedente, nel 2018, il voto femminile per Erdogan e l’Akp ha sfiorato il 60
per cento, tre donne su cinque.
Si tende ad avere della Terchia l’immagine di un paese rurale, mentre
è fortemente urbanizzato – le sole quattro città più grandi, Istanbul, Ankara,
Smirne e Bursa, assommano a 33 milioni di residenti, sugli 85 milioni del
totale. E comunque proiettato nella modernità. L’abolizione introdotta da
Erdogan del divieto di portare il velo nella funzione pubblica, dalle scuole
agli uffici, ha aperto liceri, università e occupazioni alla stragrande
maggioranza dell’elettorato femminile.
Una delle prime iniziative di Erdogan primo ministro nel 2003, prima
ancora di eliminare il divieto di velo, fu di aprire il suo partito, l’Akp, al
“femminismo velato”: misure di sostegno alle donne immigrate nelle grandi
città, e reti solidaristiche sussidiarie al welfare.
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