Il teatro taumaturgico
Antonio
Albanese, attore sessantenne, con una figlia trentenne esule volontaria in
Canada da quattro anni, un gabbiotto di casa a Ciampino, dove prova a dormire
tra un areo al decollo o all’atterraggio, e un treno che passa frastornante,
sopravvive col doppiaggio, mimando amplessi per film porno. Dimenticato il
debutto promettente, in un “Aspettando Godot”. Messo in scena col suo amico di
Accademia, ora Grande Teatrante, con “le mani in pasata” dappertutto.
I
giorni passano opachi, finché fra i progetti multiformi dell’amico Grande
Teatrante non fiorisce un corso per carcerati, alcune ore per tre mesi: pochi
soldi per lui, ma già un passo. Un’altra Cayenna. Che però prende la mano al
vecchio attore, risuscita antichi ardori, e proprio con Becket, col Godot,
mette su uno spettacolino che richiama mezza Italia. Per i carcerati è solo un
sotterfugio, anche se ne moltiplica per mille potenzialità e capacità. Per
Antonio una rinascita: la salvezza arriva attraverso il teatro, una
trasmutazione.
Il
film di Albanese e Milani è il rifacimento di un fim francese, “Un triomphe”, di
Emmanuel Courcol. Che a sua volta è la drammatizzazione di un documentario, “I
prigionieri di Beckett”, di Michka Saäl, sul lavoro svolto in carcere da un
attore svedese, Jan Jönson. Ma Albanese gli dà più intensità: non è un scherzo,
è il teatro taumaturgo.
Riccardo
Milani, Grazie, ragazzi, Sky Cinema
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