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La Liberazione (non fu) opera della mafia
“Gli
americani, la mafia e lo sbarco in Sicilia del 1943” è il sottotitolo e il tema
del libro. Che è una ricerca storica. Al termine della quale si può dire con
certezza che nessun accordo c’è stato o è stato tentato, e nemmeno pensato, in
nessum momento. Gli “americani”, che in realtà sono gli anglo-americani, l’Amgot,
Allied Military Government of Occupied Territory, il governo militare dei
territori
occupati, altro che Sicilia, Italia, Europa o altre grandezzate, insediarono
dei
sindaci mafiosi. Vero, ma molti meno degli onesti - insediavano i maggiorenti
locali, il clima politico più “avanzato” era notabilare. E quando Carabinieri e
Polizia li dissero mafiosi li sostituirono.
Non
c’è ignominia che gli Stati Uniti non perpetuino nei documenti, ma l’accordo
con la mafia per lo sbarco in Sicilia nel 1943, l’Operazione Husk di
proporzioni impensabili, non c’è. Si sapeva – era logico, era ovvio. Altri
storici prima di Lupo lo hanno accertato - meglio, e sempre con documenti, Elena Aga Rossi. Anche storici siciliani, come Saro (Rosario)
Mangiameli. Solo menti malate, se uno ha una minima conoscenza o idea di uno
Stato Maggiore, o dell’impegno organizzativo senza precedenti dello sbarco,
possono pensare alla tenaglia contro il nazifascismo sul continente - dopo averlo
battuto in Nord Africa, provandoci con la Sicilia come un anno dopo in
Normandia, contro il Vallo Atlantico nientedimeno - come una cosa di mafia.
Lupo,
lo storico per antonomasia delle cose di mafia, sa, dopo ottant’anni, che
l’accordo non c’era. Gli Stati Uniti non ci hanno pensato sotto nessuna forma,
nemmeno come boutade, dopo il
successo. E Cosa Nostra nememno, che allora navigava sottotraccia. E semmai si
negava: la famosa liberazione di Lucky Luciano, con espulsione in Italia nel
1946, a guerra defintivamente chiusa, era l’effetto di un accordo, ma con il
sindacato corrotto dei marittimi di New York, per evitare scioperi e
boicottaggi in guerra – accordo mediato da Luciano in carcere.
La
cosa purtroppo è stata ed è creduta. Dai siciliani. Anche di gran nome – anche da
chi non fa molto conto della mafia, come Camilleri, e perfino Sciascia. Che è
grande pretesa, oltre che infondata: della Sicilia che modella il mondo – dopo aver
avvelenato l’Italia ovviamente (di cui è vittima, e non lo sa). Una curiosità: nella ampia bibliografia di Lupo si nota la mancanza proprio dello studio già definitivo di Aga Rossi.
Salvatore
Lupo, Il mito del grande complotto, Donzelli,
pp. 208 € 16
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