skip to main |
skip to sidebar
L’Africa degli africani – non più schiava e non ancora colonia
Una narrativa
lunga – dettagliata - di una vita breve, tra il 1745, forse, e il 31 marzo
1797. Senza eventi eccezionali. Se non per la personalità e il destino del
narratore: rapito nel nativo Benin, sul golfo di Guinea, da due uomini e una
donna, insieme con una sorellina, passa di mano in mano molte volte per sei o
sette mesi, finché non arriva al mare, dove viene venduto a una nave
schiavista, trasportato fino alle Barbados, e qui rivenduto a un Pascal,
capitano di un mercantile inglese. Che lo “battezza” Gustavus Vassa, anche se
il ragazzo avrebbe voluto chiamarsi Jacob (il battesimo vero e proprio avverrà alcuni anni dopo, a Londra). E se lo porterà dietro nelle sue
tante altre destinazioni, al comando di unità britanniche militari, nell’Atlantico,
anche in America, nel Mediterraneo, a Gibilterra e forse in Turchia, e al Polo Nord. In
compagnia di un ragazzo americano quindicenne, avventuroso, contrario alla
schiavitù, figlio di amici del capitano-padrone, che gli terrà compagnia, e ne
allontanerà le paure, per molti viaggi e imprese. Finché non lo rivendera bruscamente, a Montserrat, nelle West Indies, a un imprenditore locale - che lo venderà a sua volta in Virginia. Dopodiché si affrancherà, e si stabilirà in una Inghilterra che lo accetta
con animo buono.
La “Narrativa”
fu pubblicata prontamente a Londra, nel 1789, l’anno della rivoluzione
francese. Ebbe nove edizioni fino al 1797, quando Equiano morì, e avrà un ruolo
nella promozione dello Slave Trade Act del 1807, la legge che aboliva il
commercio degli schiavi. La dedica, al Parlamento della Gran Bretagna, è di una
persona del tutto integrata e senza complessi. Non c’è aspetto inglese che non
gli risulti piacevole. In navigazione la prima volta dalle Barbados a Falmouth,
in Inghilterra, è terrorizato dall’equipaggio che minaccia sempre di
“mangiarselo”, per scherzo. A Londra ha i geloni e i medici minacciano di amputarlo
di una gamba, o di tutt’e due. Poi ha il vaiolo, e lo guariscono, qui senza
scherzo.
Dell’Africa,
della cui geografia mostra una buona conoscenza, rivendica una sorta di parità
o uguaglianza, di condizioni di vita e assetti sociali. La vita in Africa è un
paradiso, molto igienico al confronto con Londra, in una natura che dà tutto.
Facciamo schiavi ma li trattiamo alla pari. Coltiviamo le terre in comune,
lontano dai villaggi – uno dei motivi per cui si fanno guerre. Abbiamo
sacerdoti e maghi, ma crediamo in un solo Dio creatore. Siamo circoncisi come
gli ebrei. Siamo anche noi della stirpe
di Abramo. Siamo di colore diverso dagli
ebrei per effetto della luce, l’aria, il deserto, l’umidità – condizioni
climatiche estreme. La storia “incredibile” non è di fatti eccezionali.
Incredibile è l’autorevolezza acquisita da Equiano-Vassa nella Londra di fine
Settecento, per nessun altro motivo che le sue doti di socievolezza, e di
autoapprezzamento, senza complessi.
Sia gli eventi,
minimi e grandi, che racconta, sia le stesse coordinate personali che dà, sono oggi
contestate dagli storici. In particolare l’origine. Si accetta che sia stato
venduto come schiavo nei Caraibi, a un inglese comandante di navi, commerciali
e poi militari. Ma più probabilmente da figlio di schiavi, nato nelle Indie
Occidentali danesi, l’attuale Carolina del Nord – il nome Gustavus Vassa risulta
in un certificate di battesimo, e in un registro navale. Si sa anche che si
sposò in Inghilterra, con una inglese, con la quale visse a Soham, vicino
Cambirdge, ed ebbe due figlie. Fu negli anni 1780 uno dei più rinomati
abolizionisti della schiavitù, chiamato a parlarne in numerose città britanniche.
A partire da fine 1781, quando denunciò quello che passerà agli annali come lo
“Zong Massacre”, il massacro di oltre 130 schiavi africani sulla nave schiavista
“Zong”, di armatori di Liverpool, da parte dell’equipaggio il 29 novembre 1781.
Equiano portò a conoscenza degli abolizionisti in Inghilterra l’esito del
processo intentato in Giamaica, dove la “Zon” era giunta, dagli armatori contro
gli assicuratori, che si rifiutavano di pagare per gli schaivi massacrati. La
giuria diede ragione agli armatori: l’assassinio di africani schiavi era legale
sotto certe circostanze, e le assicuarzioni dovevano pagare il carico perduto –
il verdetto fu rovesciato poi in appello, a Londra, da un giudice monocratico,
nel nome del re, dopo la campagna avviata da Equiaio.
Di più viaggiò dopo la
pubblicazione della “Narrativa”, per promuoverne la diffusione, anche in Scozia
e in Irlanda. Avviò un progetto di sviluppo in Sierra Leone, la colonia fondata
nel 1792 per accogliere gli schiavi affrancati dell’Africa Occidentale. Operò con
Granville Sharp, lo studioso filantropo che aveva avviato il movimento
abolizionista – e lo concluderà con lo Slave Trade Act.
La “Narrativa” resta notevole,
oltre che come opera storica, per le conoscenze geografiche e storiche
dell’Africa Occidentale – solo di recente riemerse dopo le cancellazioni del
colonialismo. E per la primissima caratterizzazione dell’essere africano, al suo
terzo capoverso: “Siamo soprattutto una nazione di danzatori, musicisti e
poeti”. Che sarà il leitmotiv un
secolo e mezzo dopo della négritude,
il movimento di rivalsa culturale (Aimé Césaire, Léopold Sédar Senghor, Alioune
Diop, Cheick Anta Diop) che avvierà negli anni 1940 la decolonizzazione. Riferimenti
che saranno il fodamento dell’articolato saggio epocale “Orfeo Nero” di Sartre,
posto nel 1948 a prefazione dell’ “Anthologie
de la nouvelle poésie nègre et malgache”, a cura di Senghor, per ilcentenario
dell’abolizione della schiavitù nelle colonie francesi.
A
cura di Giuliana Schiavi.
Olaudah Equiano,
Nessun commento:
Posta un commento