giovedì 15 giugno 2023

Le trame non tanto oscure di Mani Pulite

Paolo Mieli finalmente dopo trent’anni dice la verità sull’atto di accusa a Berlusconi a dicembre del 1994, poi rivelatosi insussistente, da lui anticipato a tutta pagina sul “Corriere della sera” per mettere Berlusconi in difficoltà all’assise internazionale Onu sulla giustizia che la mattina della pubblicazione doveva inaugurare a Napoli. Da Mentana nella maratona Berlusconi lunedì notte dice: “L’avviso mi fu recapitato alle 2 del pomeriggio e quindi non poteva venire che dalla Procura di Milano”. Non dice tutta la verità, come si vedrà. Però dice cioè che il suo giornale, il “Corriere della sera”, e la Procura di Borrelli e Di Pietro erano non solo in sintonia (“Anche io vivevo nella retorica di Mani Pulite” è l’esordio della testimonianza), ma collaboravano. Sembra assurdo, ma lo dice: il giornale dava una mano agli sbirri.
E lo conferma subito dopo. Dice infatti Mieli anche che nessuno dei giudici che, a Brescia e a Milano, indagarono sulla “fuga di notizie” lo contattò mai: “Non mi chiamarono i giudici di Brescia. E nessuno di quelli del pool Mani pulite, con cui avevamo rapporti, mi avvicinò per chiedermi di capire come era andata, per sapere se era stato un loro collega, visto che se veniva dal palazzo di Giustizia qualcuno doveva essere stato”.
“Con cui avevamo rapporti”, cioè, di confidenza. Altro che democrazia e informazione corretta.
Ma non è tutto: Mieli ancora non dice come l’“avviso di garanzia” a Berlusconi gli è stato mandato in copia. Fa un po’ d’ammuìna con la Procura: “Ci fu una cosa che mi diede molto fastidio. Misero in giro la voce che a darci la notizia fosse stato Berlusconi perché in quell’atto mancava una cosa... Questo mi fece andare su tutte le furie, perché io sapevo come era andata. Non lo dirò qui fino in fondo, ma solo che avevo saputo di quell’atto e conosciuto i suoi termini alle due di pomeriggio. Quindi l’unico posto da cui poteva essermi arrivato era il palazzo di Giustizia di Milano”.
“Non lo dirò qui fino in fondo”. E dove allora?
Mieli ha paura (che ricatti qualcuno è da escludere, almeno questo)? Ma Borrelli è morto, anonimo, solo. E Di Pietro si gode le provvisionali delle 250 cause che i suoi mille giudici gli hanno fatto vincere per diffamazione – se le gode anche lui isolato e anonimo, essendo uscito dalla politica per indegnità.  

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