martedì 20 giugno 2023

L’irreligione che viene dalla Bibbia

Mason Tarwater, il prozio che si è impadronito con la forza del pronipote Francis Marion Tarwater, sottraendolo al nipote Ryber quando il bambino aveva quattro anni, orfano della madre, per crescerlo in una radura isolata dentro il bosco nel culto del Signore, del Secondo Avvento, e gli ha insegnato a leggere, scriver e fare di conto con la sapienza del profeta, muore. Il pronipote, ora quattordicenne, si ubriaca, al punto di non riuscire a scavare la fossa per la sepoltura: se la caverà dando fuoco alla baracca a due piani che era la loro casa, tra sporcizia e disordine, con dentro il vecchio prozio. Quindi, consigliato da un vicino di colore, saggio, e aiutato da un paterno commesso viaggiatore cui chiede un pasaggio, si trasferisce dalla zio Ryber, fratello della madre, che faceva la puttana. Anche su Ryber bambino il vecchio Mason Tarvater ha tentato la salvazione, ma il ragazzo gli si è ribellato, e ora fa il maestro, agnostico – tanto più perché ha avuto un bambino down, per quanto celestiale, di figura e attitudini. Siamo a un terzo del romanzo, la convivenza non sarà facile; il giovanissimo Frances Marion è altrettanto profetico (avventista) del prozio morto, e lo zio Ryber non intende dargli ragione, anche se non lo considera pazzo, come invece considerava - ed era, con quattro anni di manicomio – il vecchio Mario, e anzi gli vuole bene, come fosse il suo vero figlio.
Tra zii, prozii, pronipoti e nipoti, e tra prima e dopo, c’è un po’ di confusione. E questo è il senso che aggredisce il lettore. Ma è l’esito di una scrittura piuttosto semplice, e ripetitiva (la nuova traduzione di Gaja Cenciarelli la rende anche più fluida, meno irsurta, dell’originale). Ma è un effetto voluto. Su un mondo che si pretende di luce e invece è di tenebre. Quello del Sud-Sud-Est degli Stati Uniti, di protestantesimo radicale, che si salva con personalissime (salvifiche, profetiche) Bibbie – Bible Belt, l’area della Bibbia. E si appella, come da titolo, al profetismo radicale del Battista, Giovanni il Battista. “Violento”, come da titolo, sulla base del versetto apocalittico del vangelo secondo Matteo,11,12: “Dai giorni di Giovanni Battista il regno dei cieli si acquista con la forza, e i violenti se ne impadroniscono” (oppure: “Dal tempo di Giovanni Battista, il cielo è preso d’assalto e i violenti se ne impadroniscono”). Violento era lo “spirito “ del Battista, e quindi del prozio, il profeta dalla cui morte il racconto comincia.
Uno strano “romanzo del Sud”: niente realismo, solo visionarietà. O allora un realismo senza misura, di pregiudizi, capricci, solitudini - “confondere una follia con una visione”. E tanta superstizione, anche nelle persone ragionevoli – ce n’è: il vicino “negro”, che intanto ha provveduto a dare sepoltura al vecchio, benché carbonizzato, e i guidatori in genere, di macchine o camion, quelli che danno un passaggio al nipote perennemente fuggiaco. In un quadro da romanzo di formazione ma al rovescio. Non c’è saggezza che viene trasmessa ed appresa, ma violenza, dissoluzione. Come impadronirsi dell’altro. Sotto forma di amministrare il battesimo. Oppure all’opposto, d’impedire il battesimo, per “riportare alla ragione” il credente bigotto. In un crescendo di insensatezze – zio e nitpote, maestro e profeta in petto, fanno a gara a uccidere il bambino disabile, muto, albino, che altrove sarebbe un  angelo.  
“È dalla Bibbia che nascono le eresie”, le follie: Frances O’Connor non arriva all’estremo di Paolo V, il papa del giocoso Filippo Neri, immortalato da Caravaggio. Ma è come se: il mondo della Bible Belt, dell’evangelizzazione bizzarra, profetica, maniacale, è folle. Il contrasto tra religione e ragione non potrebbe essere più teso, per oltre duecento pagine, tra personaggi di poco o nessuno spessore, a aprte in fanatismo. Tra l’“entusiasmo” che lasciava perplessi i vecchi teologi, e il buonsenso, che lascia perplessa Flannery.
Qui il conflitto è tra religione e ragione, niente di meno. Che non è scontato o freddo, come apparirebbe. Perché Frances O’Connor è classificata, e lei stessa si vuole, cattolica, “una fiera cattolica”. Tanto più in partibus infidelibus, nella Bible Belt, arcignamente protestante, del Secondo Avvento. L’ottica è rovesciata, proprio da “fierce Catholic”: il buonsenso è qualità diabolica, gli eccessi e le stranezze sono accettabili. In un lugubre, ma non disperato, umorismo. Che infetta tutte le  figure che via via popolano la narrazione. Come di un mondo a parte, in cui il più pazzo, o il meno pazzo, dice pazzo agli altri.
È il secondo romanzo della scrittrice del Sud Usa, della Georgia. Che la confermava atipica nella letteratura americana primi anni 1960. Per la scrittura, all’apparenza weird,  da “Franchi Narratori” dirà un decennio dopo la collana Feltrinelli dedicata agli scrittori italiani atipici, ma nel suo caso costruita, anche molto, da scuola di scrittura nell’Iowa e in varie colonie per scrittori, e con esercizio costante dall’adolescenza. La scrittura è piuttosto, se se ne può fare una categoria, del tipo southern, meridionale, come in Faulkner, o Carson McCullers – anche questa, peraltro, come Frances O’Connor, passata per lunghi anni da Savannah (Georgia). Con una vena satirica irresistibile, per quanto sotterranea. Per l’occhio, che è invece metropolitano, newyorchese nel caso di Frances O’Connor, anche se visse ritirata nella campagna della Georgia: la corrispondenza, quotidiana e prolungata, la mostra attenta a ogni novità.  
Una irlandese, con tutte le stamina, nel deep South. Tra i “negri” che la confondono – quasi come i biblisti. Un re-appraisal dovrà tenerne conto. Aveva paura dei neri, che chiamava negri ma come tutti, senza disprezzo. Ma non si tiene conto che è poco americana, soprattutto nella scrittura. Inventiva, umorale, “senza peli sulla lingua”.
Una sorta di classico, alla terza o quarta riproposta in pochi anni. Già tradotto da minimum fax, che lo ripropone in una nuova traduzione, di Gaja Cenciarelli. Con una breve presentazione di Marco Missiroli, e una diffusa cronologia. Dopo essere passato per Einaudi, la severa collana iperletteraria Letture Einaudi.
Flannery O’Connor, Il cielo è dei violenti, minimum fax, pp. 240 € 15

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