L’irreligione che viene dalla Bibbia
Mason
Tarwater, il prozio che si è impadronito con la forza del pronipote Francis
Marion Tarwater, sottraendolo al nipote Ryber quando il bambino aveva quattro
anni, orfano della madre, per crescerlo in una radura isolata dentro il bosco
nel culto del Signore, del Secondo Avvento, e gli ha insegnato a leggere,
scriver e fare di conto con la sapienza del profeta, muore. Il pronipote, ora
quattordicenne, si ubriaca, al punto di non riuscire a scavare la fossa per la
sepoltura: se la caverà dando fuoco alla baracca a due piani che era la loro
casa, tra sporcizia e disordine, con dentro il vecchio prozio. Quindi,
consigliato da un vicino di colore, saggio, e aiutato da un paterno commesso
viaggiatore cui chiede un pasaggio, si trasferisce dalla zio Ryber, fratello
della madre, che faceva la puttana. Anche su Ryber bambino il vecchio Mason
Tarvater ha tentato la salvazione, ma il ragazzo gli si è ribellato, e ora fa
il maestro, agnostico – tanto più perché ha avuto un bambino down, per quanto celestiale, di figura e
attitudini. Siamo a un terzo del romanzo, la convivenza non sarà facile; il
giovanissimo Frances Marion è altrettanto profetico (avventista) del prozio
morto, e lo zio Ryber non intende dargli ragione, anche se non lo considera
pazzo, come invece considerava - ed era, con quattro anni di manicomio – il
vecchio Mario, e anzi gli vuole bene, come fosse il suo vero figlio.
Tra
zii, prozii, pronipoti e nipoti, e tra prima e dopo, c’è un po’ di confusione.
E questo è il senso che aggredisce il lettore. Ma è l’esito di una scrittura
piuttosto semplice, e ripetitiva (la nuova traduzione di Gaja Cenciarelli la rende
anche più fluida, meno irsurta, dell’originale). Ma è un effetto voluto. Su un
mondo che si pretende di luce e invece è di tenebre. Quello del Sud-Sud-Est
degli Stati Uniti, di protestantesimo radicale, che si salva con personalissime
(salvifiche, profetiche) Bibbie – Bible Belt,
l’area della Bibbia. E si appella, come da titolo, al profetismo radicale del
Battista, Giovanni il Battista. “Violento”, come da titolo, sulla base del
versetto apocalittico del vangelo secondo Matteo,11,12: “Dai giorni di Giovanni
Battista il regno dei cieli si acquista con la forza, e i violenti se ne
impadroniscono” (oppure: “Dal tempo di Giovanni Battista, il cielo è preso
d’assalto e i violenti se ne impadroniscono”). Violento era lo “spirito “ del
Battista, e quindi del prozio, il profeta dalla cui morte il racconto comincia.
Uno
strano “romanzo del Sud”: niente realismo, solo visionarietà. O allora un
realismo senza misura, di pregiudizi, capricci, solitudini - “confondere una follia
con una visione”. E tanta superstizione, anche nelle persone ragionevoli – ce n’è:
il vicino “negro”, che intanto ha provveduto a dare sepoltura al vecchio, benché
carbonizzato, e i guidatori in genere, di macchine o camion, quelli che danno
un passaggio al nipote perennemente fuggiaco. In un quadro da romanzo di formazione
ma al rovescio. Non c’è saggezza che viene trasmessa ed appresa, ma violenza, dissoluzione.
Come impadronirsi dell’altro. Sotto forma di amministrare il battesimo. Oppure
all’opposto, d’impedire il battesimo, per “riportare alla ragione” il credente
bigotto. In un crescendo di insensatezze – zio e nitpote, maestro e profeta in petto, fanno a gara a uccidere il
bambino disabile, muto, albino, che altrove sarebbe un angelo.
“È
dalla Bibbia che nascono le eresie”, le follie: Frances O’Connor non arriva
all’estremo di Paolo V, il papa del giocoso Filippo Neri, immortalato da
Caravaggio. Ma è come se: il mondo della Bible
Belt, dell’evangelizzazione bizzarra,
profetica, maniacale, è folle. Il contrasto tra religione e ragione non
potrebbe essere più teso, per oltre duecento pagine, tra personaggi di poco o
nessuno spessore, a aprte in fanatismo. Tra l’“entusiasmo” che lasciava
perplessi i vecchi teologi, e il buonsenso, che lascia perplessa Flannery.
Qui
il conflitto è tra religione e ragione, niente di meno. Che non è scontato o
freddo, come apparirebbe. Perché Frances O’Connor è classificata, e lei stessa
si vuole, cattolica, “una fiera cattolica”. Tanto più in partibus infidelibus, nella Bible Belt, arcignamente
protestante, del Secondo Avvento. L’ottica è rovesciata, proprio da “fierce Catholic”: il buonsenso è qualità diabolica, gli eccessi e le
stranezze sono accettabili. In un lugubre, ma non disperato, umorismo. Che
infetta tutte le figure che via via
popolano la narrazione. Come di un mondo a parte, in cui il più pazzo, o il
meno pazzo, dice pazzo agli altri.
È
il secondo romanzo della scrittrice del Sud Usa, della Georgia. Che la
confermava atipica nella letteratura americana primi anni 1960. Per la
scrittura, all’apparenza weird, da “Franchi Narratori” dirà un decennio dopo
la collana Feltrinelli dedicata agli scrittori italiani atipici, ma nel suo
caso costruita, anche molto, da scuola di scrittura nell’Iowa e in varie colonie per scrittori, e con esercizio costante dall’adolescenza. La scrittura è piuttosto,
se se ne può fare una categoria, del tipo southern,
meridionale, come in Faulkner, o Carson McCullers – anche questa, peraltro,
come Frances O’Connor, passata per lunghi anni da Savannah (Georgia). Con una
vena satirica irresistibile, per quanto sotterranea. Per l’occhio, che è invece
metropolitano, newyorchese nel caso di Frances O’Connor, anche se visse
ritirata nella campagna della Georgia: la corrispondenza, quotidiana e
prolungata, la mostra attenta a ogni novità.
Una
irlandese, con tutte le stamina, nel deep
South. Tra i “negri” che la confondono – quasi come i biblisti. Un re-appraisal
dovrà tenerne conto. Aveva paura dei neri, che chiamava negri ma come tutti,
senza disprezzo. Ma non si tiene conto che è poco americana, soprattutto nella
scrittura. Inventiva, umorale, “senza peli sulla lingua”.
Una
sorta di classico, alla terza o quarta riproposta in pochi anni. Già tradotto
da minimum fax, che lo ripropone in una nuova traduzione, di Gaja Cenciarelli.
Con una breve presentazione di Marco Missiroli, e una diffusa cronologia. Dopo
essere passato per Einaudi, la severa collana iperletteraria Letture Einaudi.
Flannery
O’Connor, Il cielo è dei violenti,
minimum fax, pp. 240 € 15
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