Milano nera
Un
classico, che è anche una summa, di
tutto il male possibile, a Milano e altrove (non tutti i racconti sono milanesi).
Un gran numero di racconti, ventidue, fatti di ceronaca, ricostruzioni,
confessioni, sempre ben orchestrati, attorno a personaggi di spessore, rispetto
a quelli dei gialli precedenti dello stesso Scerbanenco. Forse perché slittano
dal giallo al noir – sono ritenuti i
primi esempi di noir in Italia, della
suspense condita di violenza.
Racconti
dei secondi anni 1960, raccolti in volume nel 1969. Contemporanei quindi di Duca
Lamberti, l’investigatore duro di Scerbanenco, un medico radiato che lascia il
carcere dopo una lunga condanna per aver praticato la buona morte a un’aziana
paziente affetta da tumore terminale – allora non c’era la terapia del dolore. Gialli
in chiave violenta, anche autofagica, alla Hammett.
Storie
singolari (attuali) anche per la sottotraccia, o retrogusto, che lasciano: del
male “giustificato”, opera talvolta degli innocenti, per quanto abbrutiti. Racconti
di mafie e di periferie, di killer professionali e di emarginati. Non giustificati
– non alla Pasolini dei romanzi romani di dieci anni prima. E tuttavia non dannati:
finiscono male, ma è possibile compassionarli, alcuni.
Alla
rilettura con un gusto anche storico: più che le letture, di Hammett o dei francesi,
Scerbanenco riflette gli anni del boom, i 1960, nella capitale del boom, e
dintorni, della recente improvvisa affluenza come uno sradicamento. Che trascina
anche gli ingenui e innocenti. Anche in questo pasoliniano e non: l’onda del
male invade tutti, e insieme arriva anche a salvare (giustificare), talvolta i
peggiori.
Giorgio
Scerbanenco, Milano calibro 9, La
Nave di Teseo, pp. 432 € 20
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