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Animalismo –Si concentrano
le ricerche scientifiche o parascientifiche sul lato animale dell’essere umano.
Non nell’indirizzo di ricerca ch ha portato a Darwin e all’evoluzione, ma al contrario,
per ridurre l’umanità il più possibile, se non soltanto, alla condizione
animale. Ci operano i neuroscienziati e i biologi. Sulla traccia degli
psicoanalisti, che vorrebbero liberar si della psicologia, ancorarsi a dati
certi. Impegnati a trovare i luoghi dell’intelligenza e delle emozioni il più possibile
condivisi dall’uomo con gli animali. Da ultimo Mark Solms, neuro psicoanalista,
trova la radice degli affetti – “ciò che ci rende profondamente umani” – nel
tronco encefalico, che l’essere umano condivide con rettili, uccelli, pesci.
È una ricerca, molto accreditata, che palesemente non può condurre
a nulla. Solo indica la voglia di disumanizzare il mondo, di ridurlo allo stato
animale, forse nemmeno, forse solo minerale – psicoanalizzare un animale, quando
se ne sarà appreso il linguaggio, a occhio non sarà agevole, l’animale è
naturalmente stubborn, poco
condiscendente. . E a lume di logica nemmeno: anche i minerali avranno un’anima-
sentiranno il tempo, non solo il suo trascorrere, anche il tempo atmosferico,
le stagioni, avranno attrazioni, repulsioni. Forse non in un disegno, che non
si vede, ma per épater le bourgeois,
fare la differenza, singolarizzarsi, affermarsi. In un tempo della credulità
totale. E a premio: credere “necesse est”
– naturalmente in un’epoca di miscredenza. È come un vagare nel vuoto,
riempiendolo di agudezas, trovatine. Anche
senza cattiveria, solo per occupare il tempo: è il momento ci cui l’umanità per
la prima volta più non muore di fame, e non è tarlata dal bisogno. Ma non sa
come passare il tempo – si autopromuove a scuola, e vaga “libera”, cioè a
piacimento, senza più esami, sono censura.
Perché il problema non è che gli esseri umani siano animali. Non
sarebbe una novità e non è questa la novità. Il problema è che si voglia
ridurli a animali. Con distinzioni minime, ininfluenti.
Femminicidio – Connesso
al maschilismo della storia occidentale, di 2.500-3 mila anni di storia, si può
legare al nomadismo che l’ha preceduta. Di quando, nella sintesi di Bachofen,
la femmina “serviva” solo per uso riproduttivo, del maschio naturalmente, e di
femmine quanto bastava per la riproduzione. È la connessione più ovvia. Ma non
in natura, dove invece si può ipotizzare come una rivalsa. Di un’inferiorità
biologica. E di una lunga storia, anche “naturale”, che invece è fatta di ominicidi,
di uccisione del maschio a opera della femmina, una volta assolta la funzione
riproduttiva. Da
Primo Levi, “Ranocchi, etc.”: Si può pensare al femminicidio indotto, dalla
protervia femminile? “È noto come molti ragni femmina divorino il maschio,
immediatamente dopo o addirittura durante l’atto sessuale; così del resto fanno
anche le mantidi, e le api massacrano con meticolosa ferocia tutti i fuchi
dell’alveare”, dopo che uno di loro ha impalmato la regina – “l’uxoricidio, tra
i ragni, è pressoché normale”, tutte le strategie del ragno maschio sono
indirizzate a salvarsene. Primo Levi non lo dice, all’epoca i sessi non erano
divisi, ma è come se il femminicidio cristallizzasse una frustrazione di lungo
periodo, da selezione naturale. Anche le “superlucciole”, aggiunge dopo un
ripensamento, hanno lo stesso vizio: imitano la luce delle femmine di lucciola
propriamente detta, per attirare i maschi e divorarli appena si posano vicino.
Prima
di quello giuridico, la cancellazione dell’uomo era dunque un fatto naturale.
Ora si dice che l’uomo è cattivo e uccide le donne. Come se cristallizzasse una
frustrazione lunga millenni, da selezione naturale.
Infinito – È
un concetto e un fatto. È l’esplosione di una stella avvenuta
centosettantaquattro milioni di ani fa e visibile dalla Terra un giorni di
febbraio del 1987, a una certa ora della notte, nota e calcolata al minuto. La Supernova 1987, avvenuta nella Grande Nube di
Magellano a 160.000 anni luce di distanza da noi, è stata individuata per la
prima volta il 23 febbraio 1987, quando la sua luce è esplosa nel cielo
notturno con la potenza di un centinaio di milioni di soli, per poi continuare
a brillare per vari mesi. Non è l’unica, è stata l’esplosione stellare più vicina,
e visibile a occhio nudo, dopo la Supernova
osservata da Keplero nel 1604.
La morte, il suo opposto, è anch’essa una presenza di questo tipo,
l’idea che si sarebbe potuto non averne conoscenza.
Lusso –
Ritorna senza limiti, in forma detta selvaggia, dei “crazy rich”, nelle
capitali dell’esibizione del dispendio, Londra, New York, Parigi. La sociologa Caroline
Knowles ne redige un esteso campionario in “Serious Money”. “Londra ha generato un ecosistema unico per
generare e consumare ricchezza”, nota, con un elenco di precondizioni che di
farro si applicano, in forme forse solo meno vistose o numerose, ovunque, in Australia
come in India, a Mosca, e nella stessa Cina comunista: “strumenti finanziari sofisticati”,
con “tutti i servizi per eludere le tasse, delocalizzare e nascondere la ricchezza”,
bei quartieri, riservati, belle case, buone scuole esclusive”. E molti
maggiordomi, che sono una necessità (“secondo la Work Foundation in città ci
sono due milioni di persone impiegate nei servizi domestici”, in un città di
nove milioni di residenti). Il maggiordomo è necessario come le guardie del
corpo, non necessariamente per ragioni di sicurezza ma per proteggere la privacy, la solitudine. I segni
ostensivi in uso sono di tutto riguardo: “C’è chi compra casada 45 stanze per 200 milioni di sterline (è successo a
Knightsbridge), chi chiede che in hotel la moquette venga sostituita da un vero
prato per le esigenze del cane”, chi non beve il tè se no in porcellane di Meissen.
Tutti devono avere “un superyacht, uno status
symbol dove il lusso non è
negoziabile: scalinate di onice, bagni en
suite, spa”, con “uno staff di decine
di persone e continua manutenzione”.
I quarant’anni di
thatcherismo-reaganismo, dell’ideologia dell’individualismo e del libero
mercato quale maggiore veicolo di ricchezza per tutti, hanno riportato in auge
la teoria del lusso, o del consumo ostensivo, come origine o matrice del capitalismo.
L’origine del capitalismo nel lusso, nel dispendio, ha avuto molti e noti
sostenitori: Sombart, Fourier, Colbert, Mandeville, gli stessi moralisti
Rousseau, Montesquieu, Adam Smith, in parte anche Marx – fino a Rathenau, il
liberale imprenditore tedesco ministro degli Esteri che i terroristi di destra assassinarono
nel 1922, che in un paese nel quale non ci sono più ricchi ci
sarà solo gente povera, molto povera, diceva. Senza razionalità, e agli antipodi
di ogni pretesa virtuosa che il capitale si ricama addosso, d’industriosità,
applicazione, efficienza, eguaglianza, merito, uso ottimo delle risorse scarse.
Nel calendario di Kant l’età
del lusso precede la morale - la cultura del lusso, talenti, abilità, gusto, che
crea bisogni non tutti appagabili. Per l’antropologia
la nozione di dépense caratterizza la mentalità primitiva e non economica.
Per la funzione economica, accumulatrice e non
dispersiva, del lusso bisogna partire da Madame de Genlis, analista acuta: “Il
lusso era grande perché era frivolo quello che meno poteva esserlo, e, non avendo
nulla di falso, le fortune mediocri non potevano imitarlo”. Il lusso ha senso
economico per l’effetto ostensivo, cioè se i mediocri lo copiano. I ricchi a
Firenze nel Rinascimento portavano i cappelli che ora portano i pastori in Afghanistan.
Madame de Genlis se ne fece un mestiere: amante
del duca d’Orléans, fu della fazione rivoluzionaria a corte, contro l’imborghesimento
introdotto da Maria Antonietta, ma poi al duca tagliarono la testa, e lei si
riciclerà insegnando l’etichetta alle sorelle di Napoleone.
zeulig@antiit.eu
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