Giuseppe Leuzzi
L’Umberto
Umberto di “Nonita”, la non eccelsa parodia
della “Lolita” di Nabokov che Umberto Eco scrisse per “Il Verri” e poi riprese
in “Diario minimo”, si fa forte dei “cromosomi meridionali di un ascendente
calabro”. Eco non lo sa, ma parodia il luogo comune tuttora corrente, malgrado
il politicamente corretto, nella pornografia come nei racconti di viaggio e
anche in letteratura, dei “negri”, degli africani.
Coraci,
il ragazzino del libro “Cuore” recentge “immigrato
da Reggio Calabria”, ricorre poco nella penna del diarista Enrico Bottini. Ma
sempre come “il Calabrese”. È l’unico denominato per l’origine o appartenenza.
Solo i maestri chiamano Coraci col cognome. Ma il maestro
che, in un diverbio tra Coraci e Nobis, dà ragione a Coraci, gli parla col tu, mentre
usa il voi con Nobis.
Se è del Sud va bene solo
santo
Rocco Commisso,
l’imprenditore calabro-americano che ha investito a Firenze per la squadra di calcio
tra una cosa e l’altra 6-700 milioni, è amareggiato. Ma non si fa illusioni.
All’Istituto Italiano di Culura a New York, che lo festeggiava per l’inclusione
nel “W all of Fame”, il muro degli immigrati illustri, ha ricordato: “È dal
tempo de Medici che non veniva qualcuno a investire a Firenze”. Per aggiungere
subito dopo: “L’America èd avvero la terra delle opportunità, e lo dico a nome
dei tanti meridionali che hanno dovuto lasciare l’Italia anche per i pregiudizi
che al Nord si nutrono nei loro confronti”..
Non ci può essere un profeta
del Sud a Firenze? Che pure ha avuto l’ultimo barbaglio della Gloria antica
grazie a un uomo del Sud. La Pira. Non se è un uomo del Sud capace (fortunato)
in affari – santi di chiesa ce ne possono essere, La Pira come Padre Pio.
L’amicizia è cieca e sorda
Muore suicida l’assassino,
uno degli assassini, di Lea Garofalo. Un amico di Lea. Uno che non aveva parte nella faida quarant’anni fa tra i
Comberiati-Garofalo e i Ceraudo-Cosco di Petilia Policastro in provincia di
Crotone, combattuta ultimamente a Milano, per piazzarvi le droghe. E nelle traversie
successive del “pentimento” di Lea, una
Garofalo avventata che aveva sposato un Cosco. Da cui aveva avuto una figlia.
Fino a quando non aveva scoperto la vera natura degli affari familiari, di
appartenenza e acquisiti. E all’assassinio, a Milano, di un fratello da parte di un cognato Cosco aveva
deciso di raccontare tutto alla giustizia, degli affari delle sue due faniglie,
di origine e acquisita.
Tutto bene fin qui, normale,
comprensibile. Poi Lea decise di uscire dal programma di protezione dei
testimoni, volendo eredere alle promesse di ravvedimento dell’ex marito – che
intanto l’aveva rintracciata, benché “protetta”. .Ma l’ex marito aveva solo un
piano di vendetta contro Lea, e tra vendetta e amicizia riuscì a coinvolgere
nei suoi piani il suicida di oggi. Nella parte peggiore dell’assassinio di Lea,
l’occultamento del cadavere. Operazione che i gialli e le cronache giudiziarie
tendono a liiquidare come succedanea, roba da poco, e invece è la più crudele:
lenta, lunga, richiede occhi e naso
tappati, determinazione costante, e un cuore di pietra – si può uccidere
d’impulso, l’occultamento è pratica sadica. Perché il suicida, che non era uno
spacciatore né un assassino, si è fatto coinvolgere? Per amicizia, con l’ex marito
di Lea. Fra coetanei, in paese.
La prima volta, al primo
progetto dell’ex marito Cosco di uccidere Lea, il suicida aveva provato a
dissuaderlo, e c’era riuscito. Poi, a cose fatte, aveva “aiutato l’amico”.
Un suicidio, seppure a distanza
di anni, mostra una certa sensibiltià:un suicida è uno che prova de sentimenti,
non un tronco carbonizzato come sono i killer di mafia, gli Spatuzza, i
Contorno, i Brusca, per quanto “pentiti”. E dunque? C’è una maniera ingovernabile,
cieca, di sentire l’amicizia.
Il patriarcato del Sud è materno
Melissa Errico, attrice,
cantante, regina del ,musical a Broadway, cognata di McEnroe (ne ha sposato il
fratello minore), bellissima, una che sa, come Joyce, che “il music-hall, non
la poesia, è la critica della vita”, non rcorda nulla delle origini italiane -
Errico è tuttora censito nome del salernitano. Non del padre Michael, benché
distin to ortopedico, nonché pianista – col quale Melissa spesso si accompagna
(il fratello, Mike Errico, è pianista jazz di professione). Benché studiosa
all’università, al corso di Belle Arti, di Artemisia Gentileschi. Di cui pure
tradusse una parte del processo per stupro, come prova di ammissione allaYale
Drama School. Tradusse dall’italiano all’inglese, quindi con una conoscenza
dell’italiano abbastanza buona, per saper leggere un testo del Cinquecento.
Melissa non ricorda nulla
eccetto che per un particolare. “Io vengo da una famiglia di immigrati italiani”,
ricorda parlando con “Forbes”: “La madre di mia madre, Carmela, arrivò
dall’Italia, insieme con la sotrella Rosa. Lavoravano come sarte”. Rosa
arrotondava la sera come guardarobiera in un ristorante, addetta ai cappelli. Qui la
notò Ziegfield, e Rosa divenne una Ziegfield Girl, in giro epr gli Stati Uniti,
tutta piume, lustrini e canzone: “Io sono spiccicata zia Rosa (Rose)”. Due foto apppaiate lo confermano.
Il patriarcato del Sud è materno.
Lo notava già Corrado Alvaro nel 1952, teorizzando “Il mammismo”, nel (breve)
saggio omonimo. Che fu letto come una bizza, una agudeza, contrastando il.terreno ritenuto inscalfibile del patriarcato – c’era o non
c’era il delitto d’onore (senza andare a vedere il ruolo in esso delle madri,
come tuttora avviene in Italia nel caso delle ragazze di famigla islamica che
vogliono affrancarsi)? Si vede che la “donna del Sud” è ancora terra incognita.
Onora
la mafia
Capita di
leggere la ricerca documentaria di Salvatore Lupo sullo sbarco alleato in
Sicilia nel1943, che non fu ovviamente opera della mafia, e insieme di vedere
per caso il vecchio film diPif, “In guerra per amore”, il primo di Pif, sul
tema contrario, di un giovane siciliano emigrato a New York che nel 1943 puo’
tornare in Sicilia, per chiedere la mano della fidanzata senza spese grazie
alla mafia, che organizza l’Operazione Husky, il grande sbarco. Senza ironia:
il Pif ironista qui si vuole (quasi) serio (paragona la mafia ai partiginai,
nella predentazione del film….), benché sappia che la spara grossa.
C’è
compiacimento in Sicilia per questa balorda “visione della storia”, tutta
mafia. Camilleri ne era convinto. Sciascia no, ma si capisce che gli avrebbe
fatto piacere – era pur sempre covinto che la “linea della palma” avesse invaso
l’Italia. Lupo il suo libro, sul tema “gli americani, la mafia e lo sbarco in
Sicilia del 1943”, deve intitolare “Il mito del grande complotto”. E non ha
convinto i credenti: la sua ricerca è stata più criticata, nell’isola, che
lodata.
È un’idea
persistente, questa della Sicilia che domina ilmondo, sia pure con la mafia. Sarà
per questo
che la Sicilia non diventa la California dell’Italia, come da mezzo secolo, se
non di più, si candida a essere – avendone tutti i titoli, compresa Hollwood, i traggediaturi, giudici,
pentiti, killer a gogò- Difetta di dark ladies,
questo è vero – pur avendo molte bionde (ma anche le more andrebbero bene).
leuzzi@antiit.eu
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