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Calvino è il suo proprio personaggio
“La
trilogia era a miei occhi il quadro perfetto di una certa borghesia
intellettuale italiana in via di sparizione, riflessa da un immaginario libero
e versatile, benché perfettamente padroneggiato”. Era il 1962 o 1963, Antonella
Santacroce aveva mandato un suo saggio, “una ventina di pagine”, sulla “trilogia”
di Calvino e sulla sua raccolta di fiabe allo stesso scrittore come curiosità. Un testo, ricorda trent’anni dopo, che “si voleva uno «specchio» rigoroso
(anche nel suo stile) dell’universo fantastico calviniano di cui mi sforzavo di
non tradire il «mondo poetico»”. Calvino non lo lesse, non subito, oberato dalla
corrispondenza, era ancora dirigente Einaudi, ma a un certo punto lo lesse e ne
ebbe graditissima sorpresa. Poi si perse il saggio, di cui Santacroce non aveva
fatto copia.
Calvino
l’aveva mandato, d’accordo con Santacroce, a “Il Caffè”, la rivista di G.B.Vicari,
che preparava un numero monografico sullo scrittore. Il saggio era andato in tipografia
ma non in stampa, e lì si è perduto. Tutto
quello che ne sappiamo è quanto Santacroce rielabora successivamente, e soprattutto
la lettera con Calvino il 7 ottobre 1963 rispondeva al suo invio.. Molto articolata, che merita
rileggere per intero.
Calvino
apprezza: “Dite cose che i critici in generale non comprendono o non dicono…. Per esempio, che
il solo eroe per me è l’uomo che si costruisce”. Poi, “il fatto che io non mi permetto certe familiarità con
i miei personaggi: giustissimo e questa osservazione è anch’essa inedita”. Più
di tutto Calvino apprezza “l’osservazione che la pagina scritta è sempre una pagina scritta e l’attenzione che
lei porta nel «Cavaliere» alla problematica sulla scrittura, sul rapporto della
pagina alla materia narrata (nessun critico si è mai soffermato su questo, che
era l’aspetto più moderno, contemporaneo della problematica del nouveau roman, e devo dire che ne sono rimasto un po’ deluso)”. Apprezza
anche che Santacroce abbia capito la trasformazione finale di Bradamante in
Suor Teodora.
Santacroce
si diceva delusa dai suoi ultimi racconti, “contemporanei e autobiografici”, e
a Calvino piace anche questo: “Dico simpatico (il rifiuto) forse perché in questo
momento provo il desiderio e la nostalgia del «fantastico» e ricomincio a
staccarmi dall’altra strada” – “ma sono oscillazioni quasi periodiche”,
concludeva.
Antonella
Santacroce, Le premier Calvino et son infaticable
poursuite de l’existence, “Chimères”, 1994\2 (n. 21), pp. 135-138, free
online
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