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Che lingua parla Meloni
È curioso che la presidente del
consiglio parli inglese e spagnolo senza accento, da anglo-americana e da
castigliana, e il francese con errori minimi ma sempre di buona pronuncia, il
che da solo le ha dato spessore in pochi mesi nella scena internazionale, e
quando parla agli italiani accentui le nasalità della Garbatella, che la
diminuiscono.
Sarà uan strategia comunicativa –
avrà anche Meloni una sua politica dell’immagine, come Elly Schlein con i
colori grigio topo? È possibile che non riesca
a parlare italiano senza le nasalità? Che suonano male anche a Roma.
Si dice romanesco, infatti, ma il
romanesco ha molte declinazioni. Caterina Guzzanti, che ora Pilar Fogliati riprende,
ne aveva rubricate una ventina, e a sentirle, alla radio, in effetti erano
diverse - da qui lo spasso.
A Roma ci sono almeno
quattro dialetti: a Trastevere e San Lorenzo, al Flaminio-Parioli, a San
Basilio-Tiburtino Terzo, e a Testaccio-Garbatella. Più uno bastardo nelle aree
a forte concentrazione d’immigrati abruzzesi o calabresi. Il romanesco è
diverso, è di un umorismo garbato. Un non romano può rendersene conto con gli
scrittori che hanno adoperato il romanesco, Gadda e Pasolini. Quello di borgata
di Pasolini, fricchettone, accentuato, bozzettistico, è già inespressivo, da
tempo. Regge il romanesco di Gadda, che è quello mediato dalla tv, del
Flaminio-Parioli adattato a San Giovanni (Merulana), tra professionisti,
compresi gli impiegati di concetto e le loro mogli.
Quello nasale di Testaccio-Garbatella
(era quello del Mattatoio, che però è da mo’ che non ci sta più) sarà pure
simpatico a qualcuno, ma è poco affidabile, quasi una mascherata. Volendo
“andare verso il popolo” (era un racconto di Moravia, finiva male) tanto meglio
il trasteverino, è anche quello dei poeti.
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