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Diavoli, o angeli
Il racconto di un sogno. Di una visita o smarrimento
nella cattedrale di Autun, “la nostra cattedrale”. O più facilmente la lettura
in sogno di un “testo-guida” alla cattedrale e al suo celeberrimo portate, “la
ricca opera dell’abate Denis Grivot, Maestro di Cappella della Cattedrale di Autun”
- da cui i riferimenti alla “nostra
cattedrale”. Di una poetessa, narratrice e critica letteraria italiana attiva
in Francia, collaboratrice di “Critique”, la rivista di Bataille poi diretta da
Jean Piel, dei “Temps Modernes” di Sartre e De Beauvoir, e infine di Deleuze e
Guattari, della loro rivista “Chimères” (“rivista delle schizoanalisi”). Un
racconto scrtto in italiano, unico libro mai pubblicato dalla scrittrice – a
opera di Jacqueline Risset, la poetessa traduttrice della “Divina Commedia” in francese, francesista allora,
vent’anni fa, influente alla Sapienza.
Una forma di scrittura in automatico, quale si è
tentata in Francia per mezzo secolo, dai surrealisti a Sollers e Guattari. Per associazioni
di immagini. Per immagini insorgenti, accostate anche se non correlate - non necessariamente in sogno: accostate anche a occhi aperti, in forma di sogno. Di cui
è paradigma, fra le tante immagini-storie insorgenti, la morte casuale di
Caino, personaggio pure tanto conseguente, dopo essere stato dimenticato dalla
Bibbia. Caino muore vecchissimo “di centinaia e centinaia di anni”, quando un
giovane Tubalcaino, figlio di “uno dei suoi innumerevoli discendenti di nome
Lameche”, che, “vecchio e cieco continuava ad andare a caccia”, indirizza
l’arco del padre verso qualcosa che si muove tra le foglie fitte, e la freccia
trapassa il collo di Caino.
La visione-racconto di un sacro molto profano. Nell’“opera-guida”
e nel portale di Gislebertus – 29
blocchi di pietra calcarea, scolpiti indipendentemente, prima di essere
giustapposti. Forse i diavoli sono il male, come vuole l’“opera-guida”. O forse
no, come dicono le fiabe, quelle di Esopo, tradotte da Fedro, “due schiavi”,
che Agostino vorrà materia cristiana. O forse è un “intatto, disperato,
fatale dismemorarsi davanti ai prati in fiore
e agli ori del Paradiso del Beato Angelico”,
nel pur “gelido convento di San Marco a Firenze”. Un altro mondo, anch’esso
cristiano.
Antonella Santacroce, Diavoli e dannati, Sellerio, pp.77 €
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