La salute mentale si (ri)acquista con la libertà
Un
grande edificio carcerario alle porte di Romna. Dove la quindicenne rifiuta
ogni contatto e anche ogni pasticcca. Sarà per questo legata, isolata, controllata,
picchiata, in questa e in altre cliniche per la salute mentale dove la
sollecitudine familiare la rinchiudeva, “costruzioni eleganti, chiamate «ville»,
cliniche rivate intese a «curare» il pazzo”. Ma non ci sarà niente da fare, lei
non si farà togliere la sua ragione, o meglio le sue ragioni.
Questo
succedeva in Italia prima della rivoluzione psichiatrica di Basaglia. Ma inanto
c’era stata la scoperta di un asilo diverso, in Francia, dove la ragazza
arivava da sola, e non c’era un apparato di accoglienza carceraria ad
aspettarla. Tutto aperto, tutto semplice, tutto compagnoneria e ascolto. Dove
si entrava solo col consenso del “pazzo”. La clinca de La Borde, in Sologne, un
castello, in “un luogo pieno di alberi”, e di “porte aperte”. Dove “la nonna
(di madre francese)” le aveva raccontato
di “cliniche per le bambole rotte dalle bambine”. E dove fu accolta in una stanza
tutta per sé. Bastò per risolvere i suoi
problemi. E fu la pace.
Un
r acconto senza illusioni. “Conobbi altre ospedalizzazioni, nel corso della mia
vita, in altri luoghi, di nuovo a La Borde. Più crudeli, queste ospedalizzazioni.
Proprio come più crudeli furono i deliri che li accompagnarono, passando il
tempo, avanazndo l’età. Perché quando si è scoperta la porticina che conduce
dall’altro lato dello specchio, la si usa (si impara a usarla?) quando una difficoltà
troppo dolorosa, troppo feroce da sopportare si profila all’orizzonte”.
Antonella
Santacroce, L’amour (ardente) de la
liberté, “Chimères” 2009\2, n. 720, pp. 209-218, free online
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