Libero il cuore nel mondo dell’apartheid
A Città del Capo, 1967, in pieno apartheid – “questo non è un mondo per donne
e gente di colore” – una donna bianca e un uomo di colore rendono possibile il primo
trapianto, di cuore, evento epocale. Il film mescola una storia vera col clima odierno,
in favore di una piena equiparazione, sessuale e razziale. Quindi po’ si
contraddice, volendo fare dell’odierno femminismo e antirazzismo in un anno e
un posto che invece coltivava il razzismo per legge, l’apartheid, e praticava, come ovunque altrove, la discriminazione
sessuale. Ma ne guadagna in vivacità, contraddicendo le attese del subcosncio,
del saputo, col miracolo finale: due personaggi giovani, dotati e coraggiosi,
contribuiranno alla prima pioneristica operazione al cuore.
Franziska Buch mescola una storia vera col clima odierno in favore della
piena equiparazione, di genere e razziale. La storia vera è di una collaboratrice
del dottor Barnard, il chirurgo che in Sudafrica, nel 1967, sperimentò e avviò
la tecnica dei trapianti di cuore. Una cardiochirurga tedesca, Lisa Scheel, qualificata
ma in subordine nella cerchia del cardiologo principe Theodor Kohlfeld, che all’ultimo
sgarbo reagisce emigrando in Sud Africa, per lavorare col rivale del tedesco Kohlfeld,
l’austriaco Barnard. Una storia d’amore con un giovane africano, e l’opposizione
ai divieti e le imposizioni dell’apartheid completano il racconto.
Franziska Buch, Miracolo a Città
del Capo, Canale 5, Mediaset Play
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