domenica 23 luglio 2023

Ombre - 677

C’è la calura, ci sono i tifoni, ci sono gli incendi, c’è la guerra naturalmente, e c’è il marito di Giorgia Meloni, Giambruno. In quinta pagina sul “Corriere della sera”. Che avrà fatto Giambruno, giornalista, conduttore di un programma tv: un adulterio, un tentato femminicidio? Niente, non sente molto caldo – negli studi tv hanno l’aria condizionata. Forse sarà un negazionista?
 
Si apre a Roma una Conferenza internazionale su sviluppo e immigrazione, che il governo è riuscito a lanciare in pochi mesi con numeroso concorso di Paesi europei, arabi e africani. Da doppiare a novembre  con una Conferenza Europa-Africa. Un’iniziativa diplomatica cui l’Italia non è più abituata da decenni. L’unica possibilità di risolvere il caos immigrazione. La ripresa, dopo quarant’anni, di quella politica mediterranea che la Germania e la Francia hanno a lungo boicottato.  E niente, non più di una notizia sui media. A che serve? Come ci si arriva? Dove può portare? Boh!
È solo uno schieramento anti-governativo, o non interessa? “Il Sole 24 Ore” ne ha capito l’importanza.   

Giunio Luzzatto rompe la catena dell’odio che infiamma i lettori di “la Repubblica”. Ci se ne accorge all’improvviso, di questa catena, leggendo la missiva dello studioso, per una volta non  forcaiola: il “Posta e risposta” di Francesco Merlo sul quotidiano è di odio. Non c’è interlocutore che dica o proponga qualcosa di non odioso – chi odia inevitabilmente finisce odioso.
Luzzatto non fa altro che “dare atto (al governo, n.d.r.) che ha compiuto, nei confronti dell’Egitto, una scelta giusta e non facile”, a proposto di Zaki. Una rivoluzione nel quotidiano ex di Scalfari?
 
“la Repubblica” passa alla cronaca – il caldo, gli scioperi, gli incendi, la polemica politica relegando alle pagine interne, in breve. Abbandona la prima pagina manifesto, di lotta ai governi normalmente – l’ultimo anno è stato duro, inventarsi una caduta del governo ogni giorno, e ancora quattro anni sono a venire. Un lavoro improbo. E i lettori, sempre meno, evidentemente si sono stancati. Ma, si vede, in rodaggio, con difficoltà.
 
Patrick Zaki, dall’alto della notorietà acquisita col non fare niente, rifiuta il volo di Stato. Si può pensare che, tra tanta inattività, coltivi un posto in Parlamento, tra i Pd o i 5 Stelle – Bologna, la vecchia “città-modello” del Pci, lo aspetta in festa, per immortalarlo in qualche cosa. Dell’Italia sa anche poco, benché addottorato da Bologna con la lode, nemmeno la lingua. Ma non è solo ultimamente a prendere le distanze dallo Stato, anche i familiari di Berlusconi: lo Stato italiano, cion tutte le celebrazioni che se ne fanno, della Costituzione eccetera, non è appetito.
 
Lezione di alta politica di Riccardo Illy, che non apprezza Elly Schlein (“trovo surreale che l’abbiano  eletta i passanti”), a Lorenzetto sul “Corriere della sera”: “Credo che (Schlein) sia una jattura per il Pd, per il centrosinistra e pure per Giorgia Meloni, che ancora non lo sa”. Per un motivo semplice: “Al leader della maggioranza serve un’opposizione forte, non debole e frammentata, altrimenti si rafforzano i rivali interni”.
 
 “Il Bengodi dei procuratori” di calcio: “Dai trasferimenti milionari a raffica fino all’arrivo dei club arabi”. Si scopre infine il.calcio quale è da vent’anni – almeno venti, dalla seconda presidenza Cragnotti alla Lazio: le formazioni le fanno i procuratori. Con i direttori sportivi.
 
“Nel 2022 le commissioni per le mediazioni sono schizzate a 79 milioni in Italia e a 181 milioni in Premier”. Senza le “creste” per i direttori sportivi? I procuratori sono tutti cittadini di paradisi fiscali.
 
Il calciomercato questa estate è dominato dall’Arabia Saudita e dalle squadre europee di proprietà araba, Psg, Ma ùnchester City, etc. Che non contano i milioni. Mentre l’Uefa continua la guerra contro il progetto di Superlega europea come troppo elitistico e danaroso – “il calcio è sport popolare”, e altri populismi d’accatto, comuni a Boris Johnson come a Ceferin, tutti gentiluomini. Difficile non pensare che tra l’Uefa (e anche la Fifa, con i suoi Mondiali farlocchi) e i potentati del Golfo non corrano soldi.
 
Il presidente tunisino Saied è alto1,93, Meloni 1,63, von der Leyen 1,61. Per questo non riuscivano a combinare? Quando Meloni e von der Leyen si sono portate dietro Mark Rutte, 1,93, l’accordo si è fatto. La diplomazia delle altezze.  

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