Ombre - 677
C’è
la calura, ci sono i tifoni, ci sono gli incendi, c’è la guerra naturalmente, e
c’è il marito di Giorgia Meloni, Giambruno. In quinta pagina sul “Corriere della
sera”. Che avrà fatto Giambruno, giornalista, conduttore di un programma tv: un
adulterio, un tentato femminicidio? Niente, non sente molto caldo – negli studi
tv hanno l’aria condizionata. Forse sarà un negazionista?
Si
apre a Roma una Conferenza internazionale su sviluppo e immigrazione, che il
governo è riuscito a lanciare in pochi mesi con numeroso concorso di Paesi
europei, arabi e africani. Da doppiare a novembre con una Conferenza Europa-Africa. Un’iniziativa
diplomatica cui l’Italia non è più abituata da decenni. L’unica possibilità di
risolvere il caos immigrazione. La ripresa, dopo quarant’anni, di quella
politica mediterranea che la Germania e la Francia hanno a lungo boicottato. E niente, non più di una notizia sui media. A
che serve? Come ci si arriva? Dove può portare? Boh!
È
solo uno schieramento anti-governativo, o non interessa? “Il Sole 24 Ore” ne ha capito l’importanza.
Giunio
Luzzatto rompe la catena dell’odio che infiamma i lettori di “la Repubblica”.
Ci se ne accorge all’improvviso, di questa catena, leggendo la missiva dello
studioso, per una volta non forcaiola:
il “Posta e risposta” di Francesco Merlo sul quotidiano è di odio. Non c’è interlocutore
che dica o proponga qualcosa di non odioso – chi odia inevitabilmente finisce
odioso.
Luzzatto
non fa altro che “dare atto (al governo, n.d.r.) che ha compiuto, nei confronti
dell’Egitto, una scelta giusta e non facile”, a proposto di Zaki. Una rivoluzione
nel quotidiano ex di Scalfari?
“la
Repubblica” passa alla cronaca – il caldo, gli scioperi, gli incendi, la
polemica politica relegando alle pagine interne, in breve. Abbandona la prima
pagina manifesto, di lotta ai governi normalmente – l’ultimo anno è stato duro,
inventarsi una caduta del governo ogni giorno, e ancora quattro anni sono a
venire. Un lavoro improbo. E i lettori, sempre meno, evidentemente si sono
stancati. Ma, si vede, in rodaggio, con difficoltà.
Patrick
Zaki, dall’alto della notorietà acquisita col non fare niente, rifiuta il volo
di Stato. Si può pensare che, tra tanta inattività, coltivi un posto in
Parlamento, tra i Pd o i 5 Stelle – Bologna, la vecchia “città-modello” del
Pci, lo aspetta in festa, per immortalarlo in qualche cosa. Dell’Italia sa
anche poco, benché addottorato da Bologna con la lode, nemmeno la lingua. Ma
non è solo ultimamente a prendere le distanze dallo Stato, anche i familiari di
Berlusconi: lo Stato italiano, cion tutte le celebrazioni che se ne fanno, della
Costituzione eccetera, non è appetito.
Lezione
di alta politica di Riccardo Illy, che
non apprezza Elly Schlein (“trovo surreale che l’abbiano eletta i passanti”), a Lorenzetto sul
“Corriere della sera”: “Credo che (Schlein) sia una jattura per il Pd, per il centrosinistra
e pure per Giorgia Meloni, che ancora non lo sa”. Per un motivo semplice: “Al
leader della maggioranza serve un’opposizione forte, non debole e frammentata,
altrimenti si rafforzano i rivali interni”.
“Il Bengodi dei procuratori” di calcio: “Dai
trasferimenti milionari a raffica fino all’arrivo dei club arabi”. Si scopre
infine il.calcio quale è da vent’anni – almeno venti, dalla seconda presidenza Cragnotti
alla Lazio: le formazioni le fanno i procuratori. Con i direttori sportivi.
“Nel
2022 le commissioni per le mediazioni sono schizzate a 79 milioni in Italia e a
181 milioni in Premier”. Senza le “creste” per i direttori sportivi? I procuratori
sono tutti cittadini di paradisi fiscali.
Il
calciomercato questa estate è dominato dall’Arabia Saudita e dalle squadre
europee di proprietà araba, Psg, Ma ùnchester City, etc. Che non contano i
milioni. Mentre l’Uefa continua la guerra contro il progetto di Superlega
europea come troppo elitistico e danaroso – “il calcio è sport popolare”, e
altri populismi d’accatto, comuni a Boris Johnson come a Ceferin, tutti
gentiluomini. Difficile non pensare che tra l’Uefa (e anche la Fifa, con i suoi
Mondiali farlocchi) e i potentati del Golfo non corrano soldi.
Il
presidente tunisino Saied è alto1,93, Meloni 1,63, von der Leyen 1,61. Per questo
non riuscivano a combinare? Quando Meloni e von der Leyen si sono portate
dietro Mark Rutte, 1,93, l’accordo si è fatto. La diplomazia delle altezze.
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