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Se gli Stati Uniti fossero stati un Canada
“E
se è stato un errore fin dall’inizio? La Dichiarazione d’Indipendenza, la
Rivoluzione Americana, la creazione degli Stati Uniti d’America – se tutto
questo fosse stato un’idea terribile, se le ingiustizie e la follia della vita
americana dopo d’allora non sono malgrado le virtù dei Padri Fondatori ma a
causa loro? La Rivoluzione, si potrebbe continuare, fu un innecessario e
brutale attacco di panico degli schiavisti contro il chiacchiericcio
dell’Illuminismo, creando un paese che è sempre stato segnato da violenza e
scontri e demagogia. Si guardi a nord al Canada, oppure al Sud all’Australia e
si vedranno differenti possibilità di evoluzione pacifica lontani
dall’Inghilterra, da paesi normali e uniti, più giusti e meno sanguinari”.
Gopnik
sa che “la Rivoluzione è il nostro ultimo baluardo”. Ma sa che la storia
successiva non è
stata
esemplare. Un’ipotesi non provocatoria, questa che la rivista ripropone per la
festa
dell’Indipendenza.
Ipotizzata da un vecchio saggio,del 2017, del suo scrittore di punta. Che è di
famiglia
ebraica, americano di origine e poi di attività, ma cresciuto in Canada negli
anni degli studi
superiori
e dell’università. La sua non è però una provocazione, ma la lettura-recensione
di tre libri
di
storia, loro sì rivoluzionari, sulla “rivoluzione” americana, sulla guerra d’Indipendenza.
I tre libri,
non
tradotti in italiano, sono: Justin du Rivage, “Revolution against Empire”
(Yale), Holger Hoock,
“Scars of Independence” (Crown), e Jonathan Israel, “The
Expanding Blaze”. Le prime due ricerche
Eversive. La terza invece in linea, patriottica, ma lungo
la linea tracciata quarant’anni fa dal decano
degli storici americani,GordonWood, “The Radicalism of the
American Revolution”: malgrado
brutalità e ipocrisie, quella americana fu una rivoluzione
nel senso che sradicò millenni di teorie e
pratiche di poteri ereditari, divini, più o meno assoluti.
Gli studi di Du Rivage (ricercatore a Yale) e di Hoock,
professore a Pittsburgh, specialisti di storia inglese, sono piuttosto sul lato
britannico della questione indipendenza, fra Whigs Radicali e Riformatori
Autoritari, del No Taxation without
Representation radicale contro il Taxation
NoTiranny - titolo del libello
commissionato a Samuel Johnson, in qualità di saggio, nel 1775 per
controbattere le richesite americane.
Tutt’e tre le pubblicazioni concordano che la Rivoluzione
fu brutale, molto più di quanto il mito della stessa riconosca. “Pagina dopo
pagina,”, spiega Gopnik, “il lettore sbianca alla lettura di massacri e
contro-massacri, di frustate e stupri, di baionette inastate conficcate nei
corpi a più riprese, di gare a impiccagioni e assassini. L’effetto è più allucinante
per l’ambientazione: questi orrori si producono non in Polonia o in Algeria ma
in quelle che ora sono le aree di sosta lungo l’autostrada I-9, in Connecticut
e New Jersey, in un tempo che ancora immaginiamo di cappelli a tre corni e del
clip-clop di carrozze hollywoodyane su strade acciottolate”. E convergono nella
conclusione che un allentamento, invece che un distacco radicale, del legame
con la Gran Bretagna avrebbe accelerato l’abolizione della schiavitù, evitando
la guerra civile, e avrebbe ridotto, se non impedito,la caccia ai nativi
americani, sotto le varie insegne via via adottate.
Hoock richiama “The Patriot”, il film sulla Rivoluzione di
Mel Gibson, pur non apprezzando il senso politico dell’attore-regista, come il
quadro più veritiero della Guerra d’Indipendenza – analogo al film “La Passione
di Cristo” dello steso Gibson: i nostri miti favoriti sono imbevuti di
violenza, di sangue.
Adam
Gopnik, We could have been Canada,
“The New Yorker”, 15 maggio 2017, free online
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